Tra sogno e disincanto, Tenneriello firma una ballata per chi si sente fuori tempo. Il brano racconta un cavaliere moderno in cerca di bellezza e senso, tra crateri interiori e ironia gentile. L’intervista esplora la genesi del pezzo e il legame profondo con la poesia e la vita.

Ciao, Leo. Da dove nasce l’ispirazione per il nuovo singolo “Don Chisciotte Sulla Luna”?

Dal tentativo goffo e poetico di scappare. Che poi non scappi mai davvero: ti porti sempre dietro le tue zavorre, i tuoi fantasmi, i sogni lasciati a metà. “Don Chisciotte Sulla Luna” nasce una sera in cui avevo voglia di fuggire in un posto dove suonare in sinfonia e in sintonia con gli artisti che ammiro.
E allora ho preso carta, penna e la chitarra. Mi sono detto: “Voglio raccontare di uno che parte per fondare una repubblica dell’anima, ma senza confini né bandiere, che con la chitarra a tracolla canta come un vinile graffiato”.

Ho scelto la Luna perché è il posto perfetto per chi è troppo terrestre per vivere tra tutti questi numeri uno da tastiera, ma troppo pazzo per restare tra gli algoritmi.

Quali emozioni prevalgono all’interno del brano?

Una malinconia allegra. Un disincanto affettuoso. Il tipo di emozione che ti fa sorridere anche se hai appena perso qualcosa di importante. Come se il cuore ti cadesse in tasca, ma le tasche fossero bucate.
Eppure continui a camminare. Perché la leggerezza non è superficialità: è uno zaino vuoto con dentro tutto quello che conta.

Come mai hai scelto di giocare sull’immagine di Don Chisciotte e su quella della Luna? Quali suggestioni evocano in te?

Don Chisciotte è uno che perde da manuale, ma con una grazia che farebbe arrossire i vincitori. E la Luna… la Luna è femmina, è assenza, è madre e amante. È una sedia vuota nella stanza giusta.
Sono due fantasmi che mi accompagnano da sempre. Uno mi ricorda che si può lottare senza vincere. L’altra che si può amare anche a distanza anni luce. E insieme mi dicono che vale la pena raccontare storie, anche se non finiscono bene.

Anzi: soprattutto se non finiscono bene.

Hai in mente qualche progetto per il futuro?

Continuare a parlare con le ombre, cantare alle sedie vuote, scrivere per chi non mi aspetta. Sto portando in giro il mio spettacolo di canzoni, monologhi e letture, Si Nasce Poeti, che è un modo per dichiarare guerra al cinismo usando un fiore come arma.

Sto anche promuovendo il mio ultimo libro, La Piana dei Semplici, che è un ritorno alle radici, ma con gli occhi di chi le ha viste fiorire e bruciare insieme. È pieno di crepe, come i muri delle case vere.
Poi verranno altre canzoni, altri racconti, altre pagine sgualcite o rimaste in sospeso, a seconda dei giorni.
Io non progetto, piuttosto resisto. Con eleganza stropicciata e voce bassa.

Se poi qualcosa accade, che accada. Ma che almeno sappia di me.


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