Dora e la città perduta: dal cartoon alla giungla live action

Dora e la città perduta di James Bobin è l’ennesimo live action derivato da una serie animata per bambini di grande successo.

In questo caso si tratta di Dora l’esploratrice e, per comprendere il senso del film, discreto sebbene caratterizzato da alti e bassi dovuti principalmente a problemi produttivi, dobbiamo partire dalla premessa che parliamo di una serie veramente rivolta al pubblico dei bambini, non come i maturi anime giapponesi.

La bravissima e bellissima Isabela Moner veste i panni della protagonista affiancato da un cast di tutto di rispetto, ma, forse, viene messa troppa carne al fuoco nel tentativo di rendere in qualche modo il lungometraggio adatto anche agli spettatori più grandi, senza centrare molto nell’obiettivo.

Il risultato finale è un ibrido che funziona fino ad un certo punto per i bambini, poco o nulla per adulti che li accompagnano e a metà per il pubblico teen cresciuto con Dora e, magari, alla ricerca dell’infanzia che stanno perdendo mentre incombe la pubertà. Prova ne sia che il noto critico americano Todd McCarthy, di Hollywood Reporter, ha attaccato inspiegabilmente Dora e la città perduta con accenni alla sessualità, non avendo in realtà mai visto la serie a cartoni animati destinata ad una platea decisamente infantile. Ma, per chi si è documentato sulla gradevole serie, è facile invece affermare che il film soddisfa solo in parte le aspettative, anche per i più piccoli.

La storia ci presenta una matura Dora pronta al liceo cittadino e allontanarsi dalla sua amata giungla mentre i genitori andranno alla ricerca di Parpata, perduta città degli Inca. Sarà la scomparsa di questi a a farla tornare sui suoi passi per ritrovare l’amata famiglia. E non mancano momenti da cinepanettone nostrano con riferimenti alla canzone della pupù o tanti altri piccoli ammiccamenti per far divertire i più piccini, ma, forse, l’errore del regista Bobin è stato quello di non cercare un qualche ammiccamento rivolto ai grandi, come spesso capita nei recenti prodotti d’animazione,

Con buona pace della Moner, un risultato che raggiunge appena la sufficienza, probabile occasione sprecata per Dora, che rende sicuramente meglio in animazione, con buona pace della brava Moner. Prova ne sia l’ironica incursione in cui, a metà film, i personaggi prendono la loro vera forma animata, lasciando pensare al non più giovane critico che, forse, una bella pellicola d’animazione sul grande schermo avrebbe funzionato meglio.

 

 

Roberto Leofrigio