Dove non ho mai abitato: in home video storie di vite che non ci appartengono

Accadeva nel (non troppo) lontano 2012 che, in occasione della settima edizione del Festival Internazionale del Film di Roma, veniva presentato al pubblico il discusso E la chiamano Estate, diretto da Paolo Franchi e che ha visto la premiazione di un’intensa Isabella Ferrari come miglior interprete femminile.

Lungometraggio assolutamente non facile e, forse, un tantino azzardato per quanto riguarda la difficoltà di messa in scena dei temi trattati, l’opera ha suscitato le reazioni più disparate da parte di pubblico e critica. Al punto, addirittura, da far sì che lo stesso Franchi venisse additato come uno degli autori “da evitare”. Ma, di fatto, è stata davvero così deprecabile l’opera in questione? Il problema principale è, probabilmente, proprio la difficoltà a narrare per immagini i temi trattati, dove una profonda introspezione dei due protagonisti ha fatto da protagonista per l’intera durata del lungometraggio. Capita, però, di incappare in situazioni simili. Soprattutto quando si è soltanto al terzo lungometraggio e, soprattutto, quando un’importante carriera da videoartista ha lasciato prepotentemente il proprio “marchio di fabbrica”. Eppure, di fatto, il nostro Paolo Franchi sembra sapere davvero il fatto suo. E lo ha dimostrato ancora una volta con la sua ultima fatica, passata in sala quasi in sordina, ma classificatasi di diritto come una piccola chicca da recuperare: Dove non ho mai abitato.

La storia qui raccontata è quella di Francesca (impersonata da Emmanuelle Devos), figlia di Manfredi (Giulio Brogi), noto architetto torinese, la quale, tuttavia, anziché proseguire i suoi studi seguendo le orme del padre, ha preferito, a suo tempo, sposarsi e andare con suo marito a Parigi. In occasione di un infortunio proprio di suo padre, la donna è costretta a trascorrere un lungo periodo a Torino, dove, su incarico del genitore, deve portare a termine un importante progetto insieme a Massimo (Fabrizio Gifuni), considerato da Manfredi il suo erede professionale. Tra i due nasce una profonda stima che si tramuta presto in un sentimento più profondo, permettendo a entrambi di capire quali siano i veri valori nella vita.

Script semplice e lineare, questo di Dove non ho mai abitato. Solo apparentemente, però. Infatti, proprio per l’imponente interiorità dei protagonisti (come sappiamo, particolarmente prediletta da Franchi), la cosa avrebbe potuto essere, anche in questo caso, pericolosamente problematica da mettere in scena.

Eppure, nonostante tutto, il regista ha saputo sapientemente gestire ogni singolo personaggio, con tanto di relativi mondi interiori, dando vita a qualcosa di vero, di doloroso, di sincero. Talmente sincero da fare addirittura male. Così come può far male, appunto, la consapevolezza di non aver fatto delle giuste scelte nel corso della propria vita e di non essere più in tempo per porvi rimedio.  Esattamente come accade, qui, alla stessa Francesca, divisa tra due mondi che, in un modo o nell’altro, sembrano appartenerle entrambi, ma che non possono assolutamente coesistere, purtroppo. Stesso discorso vale per il personaggio di Massimo: una vita intera dedicata alla carriera e una compagna della quale non è più innamorato (ma che sta a rappresentare una sorta di sicurezza emotiva) sono solo elementi che contribuiscono a rinchiuderlo in gabbia. Ma quanto è comoda, in realtà, questa gabbia? Cosa comporterebbe fuggire da una prigione costruita nel corso degli anni? Le scelte e, soprattutto, i dilemmi interiori qui messi in scena non sono affatto facili da raccontare per immagini. Grazie, tuttavia, a un’ottima caratterizzazione dei protagonisti e, soprattutto, a una buona padronanza del mezzo cinematografico, il risultato finale è un prodotto contemplativo e introspettivo, con una gestione dei ritmi narrativi appropriata, dove non si teme il dilungarsi dei tempi e in cui la macchina da presa è al costante servizio dei punti di vista di Massimo e Francesca, con tanto di fugaci soggettive e di momenti che vedono i due protagonisti osservarsi furtivamente attraverso i vetri o, addirittura, da dietro qualche angolo.

Un prodotto non facile da gestire, dunque, ma anche sapientemente realizzato, ulteriore conferma del (non sempre riconosciuto) talento di Franchi, il quale, a sua volta, si classifica di diritto come uno degli autori italiani da tenere d’occhio.

Chi non ha avuto modo di vedere in sala il lungometraggio ai tempi della sua uscita, nell’Ottobre 2017, può ora comodamente recuperarlo nell’edizione home video in blu-ray edita da 01 Distribution, con tanto di contenuti extra rappresentati da trailer cinematografico, una galleria fotografica e la sezione A proposito di Dove non ho mai abitato, con dieci minuti di interviste al regista e al cast.

 

 

Marina Pavido