Dumbo: il nuovo live action di casa Disney firmato da Tim Burton

Alzi la mano chi non ha riso (e pianto) guardando il Dumbo realizzato nel 1941 dallo staff del buon vecchio Walt Disney. Intere generazioni sono cresciute con la visione di questo film, con la tristissima sequenza della mamma elefantessa che non può abbracciare il suo piccino e che riesce a toccarlo solo grazie alla proboscide. Ma anche con canzoncine come I rosa elefanti o Ne ho viste tante da raccontar, allegre e orecchiabili filastrocche accompagnate da immagini visivamente innovative per l’epoca.

Per festeggiare il settantottesimo anniversario del Dumbo originale, la Disney propone l’adattamento live action, che sembra far parte di un filone ormai ben avviato, alla luce dei successi ottenuti da Maleficent, La bella e La bestia e Cenerentola.

Questa volta, però, affida il progetto ad un maestro sui generis: Tim Burton, che si era già cimentato nel remake “dal vivo” di Alice nel paese delle meraviglie.

La storia si ispira sempre vagamente al racconto per bambini di Helen Aberson con disegni di Harold Pearl, ma la sceneggiatura è affidata completamente a Ehren Kruger ( Ghost in the shell, Transformers 3, The ring, Scream 3), mentre Burton si limita alla regia.

Ed è probabilmente questo il tallone d’Achille dell’intera operazione Dumbo.

Affidare il film nelle sole mani di uno sceneggiatore di per sé poco valido come Kruger non ha permesso a Burton di esprimere veramente il proprio sé, quello stile tanto caratteristico che abbiamo imparato ad amare.

Tenendosi sul basso profilo, il regista di Edward mani di forbice si limita ad inserire alcune chicche sparse qua e là lungo un lungometraggio dalla durata interminabile. Il film sceglie volontariamente (e qui sbaglia) di affiancare agli animali gli attori in carne e ossa che ci propongono a forza la solita storiella moralizzante con la commistione di tutti i cliché del genere: due orfani di madre, un padre vedovo e sconsolato, una giovane donna in cerca di fama e un cattivo ricco e senza scrupoli.

Dumbo di Tim Burton parte con ampie citazioni del cartone animato, dalla riproduzione fedele del circo in cui si trovano gli elefanti alle cicogne che annunciano la nascita del frugoletto. Ma quello che era il binario originale – ovvero un percorso di crescita del piccolo pachiderma che imparava a gestire la sua diversità e ad affrontare i bulli con scherzo e ironia – qui viene virato al tragico.

Non c’è allegria nel Dumbo di Burton, perché il messaggio di cui si fa portatore è, essenzialmente, quello di mostrare senza scrupoli la cattiveria umana. Le capacità dell’uomo avido di sfruttare e sottomettere chi egli ritiene inferiore a sè sono mostrate in tutta la loro crudezza.

E in questo senso è molto evocativo lo sguardo dell’elefantino, sul quale – come ha affermato Burton stesso – hanno lavorato minuziosamente in fase di post-produzione. Seppure in CGI, l’espressività degli occhioni azzurri di Dumbo fa stringere il cuore e il regista ci consente anche la totale immersione nel suo campo visivo grazie alla tecnica del “fish-eye”, che permette un ripresa grandangolare. Il senso di straniamento del povero animale è senz’altro la cosa che arriva maggiormente guardando il film di Tim Burton. Quei barriti sofferti che il piccolo e la mamma si scambiano sono una freccia diretta al cuore dello spettatore.

L’intenzione burtoniana è principalmente quella di puntare il dito contro lo sfruttamento degli animali da parte dell’uomo e l’eradicazione delle povere bestie dalle loro terre d’origine.

Ma stilisticamente siamo lontanissimi dal Burton di capolavori come Big fish – Le storie di una vita incredibile o Beetlejuice – Spiritello porcello.

Al di là della ormai onnipresente Eva Green, dai suoi lavori precedenti il regista americano si porta un Danny DeVito sempre in parte (e qui alla sua terza interpretazione di un circense, sempre per Burton) e Michael Keaton, che invece incarna un cattivo dallo scarso mordente.

La Disney non ci prova nemmeno più a fingere di non essere la sovrana incontrastata tra le case di produzioni e butta in bella mostra non un product placement, bensì direttamente il proprio merchandising proveniente dal Disney Store.

Nota conclusiva: la canzone Bimbo mio è interpretata in Italia dalla cantante Elisa, che presta anche la voce alla sirena obesa Miss Atlantis.

 

 

Giulia Anastasi