El Topo e La montagna sacra di Alejandro Jodorowsky insieme, in alta definizione, in un boxset Raro Video

Film di culto, adorato da John Lennon e assai apprezzato da David Lynch, Peter Gabriel, nonché dal nostro Franco Battiato, El Topo è il secondo lungometraggio dello scrittore, fumettista, saggista, drammaturgo, regista teatrale, cineasta, studioso dei tarocchi, compositore e poeta cileno naturalizzato francese Alejandro Jodorowsky.

Jodorowsky è sempre stato fedele a se stesso, non scendendo a compromessi, rivendicando un’indipendenza artistica che, se da un lato gli ha nociuto (soprattutto in ambito produttivo), dall’altro gli ha permesso di realizzare opere sempre significative, le quali, per la forza visiva che le caratterizza, hanno riformato indelebilmente l’immaginario cinematografico e non.

Il simbolismo (apparentemente) eccessivo dei suoi film ha la funzione di produrre una saturazione che innesca un’esplosione della rappresentazione, proprio come viene segnalato nel bellissimo finale meta cinematografico de La montagna sacra. Il regista cileno non cessa di mettere in scena un ridondante percorso interiore che fa compiere ai suoi personaggi, in vista di una liberazione, di una de-soggettivazione, attraverso cui far collassare le ‘decorative’ immaginette sub specie spaectaculi, che vorticosamente ci danzano intorno, e guadagnare Il Grande Io, un’intersoggettività in cui svanire gioiosamente, facendo decadere la dialettica, con tutti i rapporti di forza che essa inevitabilmente comporta.

Il movimento delineato da Jodorowsky è quello di un costante allontanamento dal Potere per far sgorgare tutta la Potenza che, a partire da uno sfondo comunitario costituente, è contenuta in ciascuno di noi. In tal senso, El Topo e La montagna sacra tracciano itinerari contigui, che, sebbene caratterizzati da direzioni ed esiti diversi, risuonano notevolmente, laddove nell’uno e nell’altro caso il tentativo è quello di superare se stessi e giungere alle frontiere dell’Io, per varcarle definitivamente.

Il problema, se così può essere definito, è che il cinema, come dispositivo tecnico specifico, è gravato da un limite insuperabile, quello, cioè, di essere una macchina che produce immagini sempre legate al vincolo della rappresentazione: allora al regista non resta che invitare lo spettatore a compiere la necessaria torsione dello sguardo per completare il movimento del gesto di trasfigurazione della realtà (innescato, chiaramente, dall’autore).

La montagna sacra porta a termine quanto annunciato in El Topo, in cui un finale amarissimo (con un atto che riflette l’auto-immolazione dei monaci buddisti che protestavano contro la guerra del Vietnam, in corso mentre il film veniva girato) proclamava una disfatta totale, o, per lo meno, il collasso dell’individuo-singolo-non allineato.

Nel film successivo del 1973, un vero e proprio kolossal, magnificamente fotografato da Rafael Corkidi, viene compiuto un decisivo passo in avanti, anche se emerge chiaramente la consapevolezza del bisogno di emanciparsi in maniera definitiva dalla iattura del visibile. Solo facendo sprofondare il visibile nell’invisibile, solo, cioè, andando oltre l’apparenza del mondo, è possibile azzardare quel salto che conduce in uno spazio inedito, dove posare lo sguardo su nuovi orizzonti e, soprattutto, su una nuova umanità.

Questa critica non vuole incensare indiscriminatamente l’opera di Jodorowsky, la quale, si badi bene, non è esente da difetti, piuttosto mettere a fuoco lo spirito che l’ha animata, quell’intenzionalità tesa, in modo paradossale, contro se stessa.

In El Topo e La montagna sacra l’iconografia eccessiva, barocca e, diciamolo pure, spesso incline al kitsch, in prima battuta potrebbe sembrare una criticabile ridondanza; ma il proliferare delle forme e dei colori è, nel cinema di Jodorowsky, come si notava all’inizio, la premessa necessaria a produrre un’esplosione che realizza il superamento della rappresentazione.

Ben vengano, allora, i Cristi, i nani, i deformi, i pistoleri, le pantomime, le accentuazioni, le frasi a effetto e il tono spesso pedante (gli insegnamenti sciorinati senza sosta da sciamani e illuminati vari).

Tutto questo armamentario teatrale, grottesco e sovente fuori misura, è l’anima della commovente parata del regista cileno, che, poi, ne costituisce l’inimitabile cifra stilistica: una sarabanda di colori sfavillanti, forme perturbanti, corpi scomposti e oltraggiati, scorre fulminea sullo schermo, incenerendo lo sguardo dello spettatore.

Jodorowsky si consuma nel dare un corpo all’immagine, sfinendola (e sfinendosi) fino a trascendere in un’indagine fisiologica da obitorio. È un corpo donato, oltraggiato, rinnegato e, infine, riacquisito.

Passione, Morte, Resurrezione: la scansione ontologica cristiana per eccellenza è amabilmente amalgamata con la filosofia orientale, a dimostrazione di quanto sia presente nell’essere umano uno spirito universale che, al netto delle distinzioni culturali, è inequivocabilmente diretto verso un’unica meta.

Pubblicato da Raro Video e distribuito da CG Entertainment (www.cgentertainment.it), il Box Alejandro Jodorowsky è disponibile in un’edizione con due blu-ray (El Topo e La montagna sacra), fornendo per la prima volta la possibilità di godere appieno della ricchezza visiva dell’opera.

Nei contenuti extra: Commento audio del regista; Intervista al giornalista e critico cinematografico Mario Sesti; Documentario The Tarot; Documentario sul restauro (The Holy Mountain); Scene tagliate (The Holy Mountain); Photo Gallery; Trailer.