Escape room: parola d’ordine “sopravvivere”

Il titolo parla chiaro. La storia di Escape room è quella di un gioco mortale in cui le pedine sono sei personaggi dalle vite diversissime, eppure accomunati da un filo conduttore.

Stereotipati fin da subito, la schiva e geniale Zoey (Taylor Russell), il solitario Ben (Logan Miller), il brillante ed egocentrico broker Jason (Jay Ellis), l’ermetica Amanda (Deborah Ann Woll), il nerd Danny (Nik Dodani) e il minatore buono Mike (Tyler Labine) ricevono ciascuno un’enigmatica scatola a forma di cubo che contiene l’invito a partecipare a una misteriosa Escape room. Il vincitore, dice l’invito, guadagnerà un premio di diecimila dollari.

I sei sconosciuti si incontrano così, per la prima volta, in una sala dell’altissimo palazzo sede del gioco. Ma quella che sembra una semplice sala di attesa si rivela presto la prima stanza di una partita al massacro. Basta poco ai giocatori per capire che i pericoli e le prove da superare non sono poi così innocue e che lo scopo della partita non è una corsa al denaro, bensì una lotta per la sopravvivenza.

Stanza dopo stanza, il regista Adam Robitel costruisce un film che oscilla tra il thriller psicologico e l’horror e dà forma a storia ed enigmi ispirandosi copiosamente a titoli noti dei generi, dalla notissima saga Saw al Cube – Il Cubo di Vincenzo Natali, passando per Final destination e Hostel. Tutto ripulito da scene di violenza eccessiva e da immagini di morti splatter.

Il risultato è un plot che, privo di una struttura complessa, non brilla per originalità e non riserva troppi colpi di scena. Complice anche la scelta di rivelare certi particolari troppo presto, fin dalle prime sequenze.

Allora il punto di forza di Escape room – che, nonostante queste pecche e l’assenza di una vera tensione, offre una visione piacevole – lo si individua in un’ambientazione curata fin nei minimi dettagli. Che le stanze si trasformino in un forno, diventino un angolo di gelido Polo Nord, riproducano un bar a testa in giù o spazi psichedelici, l’effetto visivo è, a tratti, sorprendente.

Certo, i continui rimandi a qualcosa di già visto per un pubblico esperto e la semplicità dell’intreccio troppo poco innovativo fanno di Escape room un prodotto pensato per un pubblico di ragazzi, a cui Robitel promette che il gioco non finisce con i titoli di coda.

 

 

Valeria Gaetano