Il 27 marzo 1975, nelle sale cinematografiche italiane, faceva il suo debutto un personaggio destinato a diventare un’icona: il ragionier Ugo Fantozzi. Ideato e interpretato da Paolo Villaggio, sotto la regia di Luciano Salce, Fantozzi non è stato solo un film, ma l’inizio di una saga che ha segnato la cultura popolare italiana. Oggi, a 50 anni esatti da quella première, il film torna nei cinema in una versione restaurata, grazie alla Cineteca di Bologna, RTI e Mediaset Infinity, per celebrare un anniversario che non è solo cinematografico, ma anche sociale.

La nascita di un mito

Fantozzi non è arrivato dal nulla. Prima di approdare sul grande schermo, il ragioniere più sfortunato d’Italia aveva già preso vita nei racconti di Villaggio pubblicati su L’Europeo e poi raccolti nei bestseller Fantozzi (1971) e Il secondo tragico libro di Fantozzi (1974). La sua genesi, però, affonda le radici nell’esperienza personale dell’autore: gli anni da impiegato alla Italimpianti di Genova, tra colleghi servili e capi dispotici, hanno fornito il materiale grezzo per creare un antieroe universale. Con il film del ’75, diretto da Salce, quel personaggio di carta si è trasformato in una maschera comica che ha conquistato il pubblico, grazie anche a un cast memorabile: da Liù Bosisio (Pina) ad Anna Mazzamauro (la signorina Silvani), fino a Gigi Reder (il mitico Filini).

Un ritratto grottesco dell’Italia

Fantozzi non è solo una commedia: è una satira feroce e geniale dell’Italia degli anni ’70, un Paese alle prese con gli strascichi del boom economico, la burocrazia soffocante e una classe media intrappolata tra sogni di riscatto e umiliazioni quotidiane. Il ragioniere, con la sua Bianchina, la “nuvoletta da impiegato” e il servilismo verso il Megadirettore Galattico, incarna l’uomo qualunque schiacciato da un sistema grottesco. Le scene cult – dall’autobus preso al volo alla partita scapoli contro ammogliati, fino al veglione di Capodanno truccato – sono entrate nel lessico collettivo, trasformando “fantozziano” in un aggettivo riconosciuto persino dalla Treccani.

Ma il genio di Villaggio sta nell’aver reso Fantozzi timeless. Le sue disavventure parlano ancora oggi: cambiano i contesti, ma la sensazione di essere intrappolati in una routine assurda, tra capi arroganti e colleghi meschini, resta universale. Come disse lo stesso Villaggio: “Fantozzi è il più grande perditore di tutti i tempi, ma non è mai sconfitto. Galleggia e sorride”. Una resilienza tragicomica che lo rende un eroe moderno.

Il restauro e l’eredità

Per il 50° anniversario, il film è stato restaurato dal laboratorio L’Immagine Ritrovata, con la supervisione di Daniele Ciprì per la color correction. Il 27 marzo 2025, i cinema italiani hanno accolto di nuovo quel mondo in technicolor fatto di congiuntivi sbagliati, iperboli esilaranti e situazioni al limite del surreale. La serata speciale al Cinema Barberini di Roma, con ospiti come Elisabetta Villaggio e Plinio Fernando (l’indimenticabile Mariangela), ha sottolineato quanto Fantozzi sia ancora vivo nell’immaginario collettivo.

La saga, che conta dieci film fino a Fantozzi 2000 – La clonazione (1999), ha influenzato non solo il cinema, ma anche il linguaggio e la televisione. Frasi come “Com’è umano lei!” o “Batti lei?” sono diventate parte del nostro DNA culturale, mentre la critica sociale di Villaggio – feroce ma mai moralista – continua a far riflettere.

Un anniversario da celebrare

A 50 anni dal suo esordio, Fantozzi non è invecchiato: è un specchio che ci restituisce le nostre debolezze con un sorriso amaro. Questo anniversario non è solo un omaggio a Paolo Villaggio, scomparso nel 2017, ma un’occasione per riscoprire un’opera che, tra risate e malinconia, ci ricorda chi siamo stati e, forse, chi siamo ancora. Se passate da un cinema oggi, 28 marzo 2025, date un’occhiata: il ragioniere vi aspetta, con il suo spagnolin e la sua sfortuna leggendaria, pronto a strapparvi una risata e un pensiero.

Fantozzi contro il woke: un film che oggi farebbe tremare i benpensanti

E oggi? Provate a immaginare Fantozzi nell’era woke: un disastro annunciato. Villaggio sarebbe stato crocifisso dai paladini del politicamente corretto, accusato di misoginia per Pina, di body shaming per Mariangela, di classismo per il Megadirettore. La “megaditta” diventerebbe un’utopia inclusiva, la Silvani una femminista da manuale, e il “Com’è umano lei!” un’onta da cancellare. Il woke ha trasformato il cinema in un campo minato di ipocrisia, dove l’umorismo vero – quello che punge e non si scusa – è un reato. Fantozzi oggi non si farebbe: troppo scomodo, troppo libero, troppo vivo. Rivederlo è una middle finger a chi vuole imbavagliare la risata. Provateci, se avete il coraggio.


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Plugin WordPress Cookie di Real Cookie Banner
Verificato da MonsterInsights