Con David Costa Wallace, Fidelio firma un brano che si muove tra l’indie-pop e la riflessione socioculturale, trasformando in musica una delle dinamiche più affascinanti dell’era digitale: l’influenza del giornalismo narrativo sui suoi ascoltatori. Il riferimento a Francesco Costa e al suo podcast Morning non è solo un omaggio, ma un’indagine ironica e disincantata su come un prodotto informativo possa plasmare le idee di un pubblico sempre più fidelizzato.
La melodia, dolcemente avvolgente, crea un contrasto interessante con il testo, che oscilla tra ammirazione e sottile inquietudine. La canzone, infatti, non si limita a elogiare l’impatto di Morning, ma ne evidenzia anche i rischi: quanto è facile abbracciare le opinioni di una voce autorevole senza metterle in discussione? E come cambia il nostro modo di pensare quando un singolo punto di vista diventa la chiave di lettura dominante della realtà?
Il titolo, che fonde ironicamente il nome di Costa con quello di David Foster Wallace, aggiunge un ulteriore livello di lettura: se il giornalismo narrativo è la nuova letteratura, e i suoi autori diventano icone, chi stabilisce il confine tra informazione e fascinazione quasi religiosa? David Costa Wallace non fornisce risposte, ma pone domande fondamentali, e lo fa con un linguaggio musicale accessibile e coinvolgente, trasformando una riflessione profonda in una traccia perfetta per il loop quotidiano.
Fidelio è un progetto musicale che unisce due percorsi diversi. Come è nato questo duo?
Fidelio nasce da un incontro casuale, ma al contempo inevitabile, di due mondi che sembrano distanti ma che, quando si incontrano, trovano una sintonia perfetta. Da un lato c’è l’esperienza di Andrea, data scientist che lavora negli Stati Uniti da due anni e che ha una passione sfrenata per la letteratura e il cinema; dall’altro c’è Valerio, membro storico degli Street Clerks e musicista di grande talento.
Il progetto Fidelio è nato in questo contesto. Ispirato dalle esperienze e dal contatto col mondo americano, in particolare con il vivace universo culturale del Midwest, a partire da luglio 2024 Andrea ha cominciato a scrivere testi e ad abbozzare melodie. Valerio, amico di lunga data, ha visto il potenziale del progetto e ha deciso di contribuire come produttore. Da lì, abbiamo iniziato a lavorare insieme, creando qualcosa che non fosse solo un mix di due idee, ma una vera e propria sintesi creativa.
Fidelio, quindi, non è un duo nato da un lungo piano strategico, ma da una naturale alchimia che ha unito due percorsi che si completano a vicenda. La visione testuale di Andrea e l’expertise musicale di Valerio si fondono in un progetto che è, in fondo, una scoperta continua, sia a livello creativo che umano.
Il vostro sound mescola indie-pop, synth-pop e post-punk. Quali sono le vostre influenze musicali?
Le nostre influenze musicali sono certamente varie e spaziano tra generi diversi, ma se dovessimo citarne alcune, non possiamo non menzionare gruppi indie/rock come Strokes, Fontaines Dc, Wilco, Zen Circus, nonchè modelli più sperimentali quali il primo Battiato, Cosmo, LCD Soundsystem, Kraftwerk. Anche I Cani rappresentano sicuramente un punto di riferimento, con la loro capacità di mescolare suoni indie-pop e synth-pop con testi ironici e socialmente consapevoli. Ci piace giocare con le atmosfere e le sonorità per creare un mix che rispecchi la nostra visione del mondo: a tratti ironica, a tratti più introspettiva, ma sempre con un occhio critico rivolto alla società che ci circonda.
Nei vostri testi affrontate temi legati alla società borghese. Perché questa scelta?
Abbiamo scelto di affrontare temi legati alla società borghese perché è il contesto in cui molti di noi si trovano immersi, spesso senza nemmeno rendersene conto. La borghesia, oggi, non è solo una classe economica, ma anche un modo di pensare, di consumare, di relazionarsi alla cultura e all’informazione. È una dimensione che permea le nostre vite, anche quando cerchiamo di sfuggirle.
Ci interessa raccontare il conflitto tra il desiderio di distinguersi, di essere “altro”, e la forza centripeta della borghesia, che finisce per riassorbire anche le sue stesse critiche. Spesso chi rifiuta certi schemi -culturalmente, esteticamente, ideologicamente- lo fa aderendo a nuove forme di conformismo, magari più sofisticate, ma non per questo meno rigide.
Nei nostri testi non c’è un giudizio netto, né la pretesa di una verità assoluta. C’è piuttosto la volontà di interrogarsi su questi meccanismi, di mettere in discussione le certezze, di riflettere su quanto sia difficile, se non impossibile, essere davvero fuori dal sistema. È una tematica che ci riguarda da vicino e che, con le nostre canzoni, vogliamo esplorare senza moralismi, ma con lucidità e anche con un po’ di ironia.
“David Costa Wallace” è solo il primo tassello del vostro progetto?
Sì, David Costa Wallace è solo il primo tassello di un progetto più ampio, un concept che esplora il rapporto complesso e spesso contraddittorio con la società borghese. Questo brano segna l’inizio di un percorso che attraversa le diverse fasi di questo rapporto: dal rifiuto iniziale, spesso snobistico e ideologico, alla lenta ma inesorabile accettazione, non per resa, ma perché certi compromessi diventano inevitabili.
L’album (Solo i borghesi sopravvivono) seguirà questo arco narrativo, raccontando non solo la tensione tra anticonformismo e omologazione, ma anche le forze che ci portano a cambiare prospettiva: la necessità, il tempo, l’amore, il desiderio di stabilità. Proprio come nel romanzo Fiorirà l’aspidistra di Orwell, richiamato esplicitamente nel titolo dell’ultimo pezzo, il protagonista del nostro racconto parte da una critica feroce della borghesia, ma col tempo ne riconosce le contraddizioni, le trappole e, infine, anche il fascino e la sicurezza che può offrire.
Quindi sì, David Costa Wallace è solo l’inizio. Da qui in poi, il viaggio si farà ancora più interessante.
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