Disponibile su Prime Video a partire dal 10 Aprile 2025, G20 si basa su un’idea molto semplice: il vertice suggerito dal titolo che viene messo sotto assedio.
Ma, come ci ha insegnato la cinematografia a stelle e strisce negli anni, per terroristi e poco di buono assortiti interessati ad infastidire potenti e politici del paese degli yankee la vita non è affatto facile come pensano.

Nessuno ricorda l’Air Force One che, diretto nel 1997 da Wolfgang Petersen, vide Harrison Ford nei panni di un presidente degli Stati Uniti, veterano della guerra del Vietnam e decorato con la medaglia d’onore, che si ritrovava ad affrontare di persona i cattivoni kazaki responsabili del dirottamento del suo aereo di ritorno da Mosca?
Bene, eliminiamo l’apparecchio e spostiamo l’azione sulla terra, calando la vincitrice del premio Oscar Viola Davis nel ruolo, appunto, della donna leader americana, Danielle Sutton, destinata a diventare ovviamente il bersaglio numero uno della combriccola armata guidata da Rutledge alias Anthony Starr a Città del Capo, in Sudafrica.

Da qui, con i leader degli altri diciannove paesi presi in ostaggio, sfuggita alla cattura da parte degli aggressori non la vediamo altro che impegnata a cercare di salvarsi e a proteggere i propri familiari: il marito Derek e i figli Serena e Demetrius, ovvero Anthony Anderson, Marsai Martin e Christopher Farrar.
Mentre al suo fianco troviamo, tra gli altri, il Primo Ministro Inglese Oliver Everett, dal volto di Douglas Hodge, la Han Min-Seo di MeeWha Alana Lee, moglie del Presidente della Corea del Sud, ed Elena Romano, Capo del Fondo monetario nazionale incarnata dalla nostra Sabrina Impacciatore.
Una macchietta, il personaggio di quest’ultima, come avviene nella maggior parte dei casi in cui un film d’oltreoceano descrive noi italiani; man mano che, tanto per accattivarsi il pubblico odierno (soprattutto quello dei giovani), G20 provvede anche a snocciolare citazioni verbali riguardanti il regno africano immaginario Marvel di Wakanda e la serie televisiva Mr. Robot.

Però, mentre il ritmo generale e la tensione risultano discretamente gestiti e la Davis, con al seguito il capo della sicurezza Manny Ramirez dai connotati di Ramón Rodríguez, ha modo di cimentarsi in un ruolo fisico proto-Die hard lontano da quelli intimisti a cui ci ha abituati, la quasi ora e cinquanta di visione non sembra riuscire a regalare assolutamente nulla di nuovo, priva come è di sequenze capaci di risultare particolarmente memorabili.
Senza alcun dubbio il momento migliore di G20 (volendo proprio fare uno sforzo) è individuabile nello scontro finale con elicottero, ma la provenienza prevalentemente televisiva della regista Patricia Riggen si fa sentire non poco e l’impressione è quella che il suo principale obiettivo fosse quello di cavalcare l’era del politically correct giusto per proporre provocatoriamente una sostituta femminile e di colore a Donald Trump e predecessori.
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