Dopo il debutto 4 anni fa al Campania Teatro Festival 2021, un passaggio al Teatro Bellini nel 2022 e nel 2023, lo spettacolo Gemito l’arte do pazzo è tornato a farsi ammirare in tutta la sua complessità di scrittura e recitazione lo scorso 24 gennaio al Teatro Eduardo De Filippo di Arzano (NA) e il 1 e 2 febbraio scorsi all’Henna di Santa Maria di Capua Vetere (CE).
Una prova d’attori importante per questo allestimento della Compagnia Teatro Insania: per il protagonista Antimo Casertano, che cura anche regia e drammaturgia; per Daniela Ioia, protagonista anche di UPAS Un posto al sole su RAI 3 insieme al compagno Casertano, qui nei panni di Annina, moglie di Gemito sul palco; nonché per i coprotagomisti Luigi Credendino e Ciro Kurush Giordano, quest’ultimo nei panni di un oscuro e minaccioso spettro, ovvero il fantasma che perseguita Gemito, la statua marmorea incompiuta dell’imperatore del Sacro Romano Impero Germanico Carlo V d’Asburgo, re di Spagna e di Napoli.
Casertano, il suo Vincenzo Gemito sul palco è una sorta di pazzo buono…
“Assolutamente sì, nel suo periodo in manicomio e di reclusione domestica ha sempre avuto chiaro l’obiettivo di non svilire la sua arte, di non vendersi e svendere il proprio talento – a torto o ragione, ma poco importa. Questo però ha causato la sua deriva e il tormento interiore. Per alcuni versi il seme di Gemito si è quasi trasferito in me e ha spinto a parlare della mia stessa esigenza artistica di espressione e creazione attraverso le sue parole“.
Come si è avvicinato al personaggio?
“Lo feci 5 anni fa, nel periodo di marzo – aprile 2020, condividendo con lo scultore lo stesso sentimento di chiusura nei confronti del mondo, dettato allora dalle restrizioni per il confinamento e i lockdown a causa della pandemia da covid-19; e risalendo ai diari del suo periodo trascorso in manicomio e della clausura ventennale cui si era condannato di fatto. È stata soprattutto la mia compagna Daniela Ioia a convincermi nella stesura della prima bozza“.
Il teatro oggi a che punto sta?
“Auspico uno sguardo nuovo verso le compagnie giovani come la nostra: maggiore attenzione alle minoranze, ai piccoli, a chi ha meno possibilità economiche e a chi parte svantaggiato, ma che ha lo stesso diritto di affermarsi e di crescere dei grandi, come insegnava Pier Paolo Pasolini. Dalle minoranze partono i messaggi e le riforme migliori”.
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