“L’empatia è a rischio. Bisogna preservarla”. Secondo Riccardo Scamarcio, reclutato da Ginevra Elkann per il suo debutto dietro la macchina da presa nel lungometraggio con Magari, apologo sugli alti e i bassi della vita familiare vista attraverso lo sguardo d’una bambina d’appena nove anni, il cinema non è solo ed esclusivamente un veicolo di dubbi, come dà ad intendere Ivano De Matteo in Villetta con ospiti, ma è anche un mezzo creativo per preservare valori importanti. Tipo, appunto, l’empatia.
La videoconferenza stampa di presentazione del film – disponibile dal 21 Maggio 2020 sulla piattaforma RaiPlay – ha fornito l’occasione per approfondire il bisogno di contemperare stimoli compositi ed echi autobiografici. Era importante capire se per Scamarcio, che, oltre a confermarsi un attore in grado di lavorare sul personaggio in maniera piuttosto energica, è solito svolgere in altri contesti il ruolo di produttore cinematografico (con Per amor vostro di Giuseppe Mario Gaudino sugli scudi), l’alchimia stabilita con Ginevra Elkann, produttrice anch’ella oltre che regista, abbia rappresentato un’affinità degna di nota. La risposta in merito offre alcuni spunti di riflessione: “Certamente la mia esperienza di produttore mi aiuta nel mio lavoro di attore. E viceversa. Essere un attore facendo pure il produttore è un vantaggio. Fare il produttore ha aggiunto al compito della recitazione una serie d’incombenze che normalmente non riguardano l’attore. Ciò ha generato in me una sorta di pragmatismo e quindi di distacco che a volte, non sempre, può divenire molto utile”.
La neutralità tecnica, rinvenibile nella giusta distanza, insieme alla virtù di mettersi nei panni altrui, alla base di qualunque trasporto empatico ed ergo poetico, risulta ad appannaggio pure di Ginevra Elkann la quale – in merito alla scena forse più emozionante del suo film, quando la celebre canzone Se mi lasci non vale cementa i vincoli di sangue sulla falsariga indicata da Nanni Moretti con Insieme a te non ci sto più nel mélo sull’elaborazione dell’atroce lutto La stanza del figlio – esprime così il proprio pensiero al riguardo: “In quel momento, quando la famiglia di Magari canta all’unisono sulle note di quel celebre brano, lo scopo era imprimere un senso d’intimità. Se mi lasci non vale funge da collante. È indicativo: costituisce la loro intesa. Il nucleo domestico è consolidato in egual misura dai loro film preferiti”.
L’impressione, come già dimostrava il bel documentario Bianconeri. Juventus Story di Marco e Mauro La Villa, è che le persone stabili e pacate, aliene allo sbandieramento delle emozioni, per poi lasciarsi andare allo stadio tifando per la squadra del cuore (basti pensare al celebre nonno materno Gianni Agnelli) siano state motivi d’ispirazione. Al fine di mostrare la bellezza dell’ordine naturale delle cose. Che non è tutto rose e fiore benché riesca, fortunatamente, a trarre partito dalla coriacea voglia di colĕre, ovvero “coltivare”, sete di sapere ed emozioni primarie. Riposte nel sangue. Che certo non è acqua. Conta tantissimo. Al pari della voglia d’individuare, attraverso il piacere del racconto, impreziosito dalla Settima arte, target diversi, talora inconsueti, storie curiose, forse rappresentative, linguaggi disparati, ritratti compositi ed ergo forme alternative di spettacolo dell’Italia. Conosciuta con l’appellativo di Bel Paese. La pensa così l’alacre Elena Capparelli, direttore di RaiPlay, che, dopo quella di Magari, ha in animo, e soprattutto in programma, la proiezione sull’apposito canale di diverse pellicole. Alcune molte attese. Da Bar Giuseppe di Giulio Base, con il bravissimo Ivano Marescotti, ad Abbi fede, remake de Le mele di Adamo che vedrà Claudio Amendola e Giorgio Pasotti rispettivamente nei ruoli che furono di Ulrich Thomsen e Mads Mikkelsen.
Tornando a Magari, che all’appeal del rifacimento capace di destare curiosità replica da par proprio palesando situazioni simili ad Amici miei di Mario Monicelli, con vestiti invernali ed estivi frutto delle colpe dei padri e delle madri, la sceneggiatrice Chiara Barzini si dichiara soddisfatta: la visione del film arriva al momento giusto. Il tema della voluttà di riuscire ad appaiare l’inevitabile distanziamento e l’ambìto riavvicinamento non è una contraddizione in termini. Anzi. L’attitudine a far ridere amaramente e far riflettere ironicamente si andrà, invece, ad amalgamare con l’analisi degli stati d’animo, sviliti dalla separazione dei genitori, impreziositi tuttavia dalla casualità propizia?
L’appassionata ed esperta Alba Rohrwacher, parlando dell’aderenza al personaggio muliebre in Magari, sembra decisa ad anteporre al brivido, o thriller, un’ampia gamma di stimoli. La spinta gliela forniscono la grazia femminile, le componenti realistiche, estranee ai vani sogni d’evasione, e l’aura contemplativa. Per il resto, ad avere l’ultima parola sarà l’attenzione dedicata al “sentire dentro” un testo redatto sulla base della fragranza di vita e delle ingiustizie riparate lontano dalle regole eccessivamente severe. Chiudendo il cerchio. O, almeno, provandoci.
Massimiliano Serriello
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