Giovanni Lavia ci parla del film: “ ERA GIOVANE E AVEVA GLI OCCHI CHIARI”

In occasione della presentazione del film “ ERA GIOVANE E AVEVA GLI OCCHI CHIARI” di Giovanni Mazzitelli , in programma al Cinema Teatro Gobetti in San Mauro Torinese il 18 aprile prossimo, proiezione in esclusiva e unica serata in cartellone, sarà preceduta da un breve dibattito, con ospiti autorevoli del mondo del cinema e del teatro, oltre alla presenza del regista Mazzitelli. Abbiamo voluto intervistare  Giovanni Lavia, autore , scrittore e ospite del dibattito, insieme alla regista  Anna Cuculo, gli attori Stefano Bianco e Letizia Iannelli, il critico cinematografico  Fabio Zanello e il conduttore radiofonico Ferdinando Boccazzi Varotto. Lavia ha già visto il film e cosi ne approfittiamo per farci raccontare in anteprima le sue impressioni sul lavoro di Mazzitelli.

Allora Giovanni  la prima domanda, in apparenza banale, tanto per rompere il ghiaccio, ti è piaciuto il film di Mazzitelli?

Certo che sì!.. e non solo come intrattenimento. Trovo che sia un film che fa pensare. Per questo l’ho visto due volte per impadronirmene.

In genere, quando si parla  di cinematografia come semplici utenti – e non come pratica dell’arte – l’elemento che prima di ogni altro viene considerato è LA TRAMA, poi magari l’interpretazione.

E’ cosa evidente che dietro la trama ci sia un PENSIERO ma ci si passa sopra. In questo film non è la trama a prevalere anche se presenta un’ originale ed interessantissima tecnica narrativa, che va capita. Quindi, se lo spettatore non di pone davanti al film con l’animo disponibile ad accogliere il substrato di pensiero che c’è sotto la trama, corre il rischio di non capire neppure la strategia della narrazione e tutto rischia di apparire animato da mero desiderio di originalità, mentre invece c’è un pensiero forte nel quale Mazzitelli  intende coinvolgerci appassionatamente.

Certo è un modo impegnativo di guardare un film e capisco bene che certi film debbano essere visti, rivisti e meditati.

E’ proprio così. In particolare per film di questa portata dove viene considerato uno dei momenti più delicati dell’uomo: quello del passaggio alla consapevolezza. E’ un momento in cui un giovane sensibile può avvertire di trovarsi di fronte ad un bivio. Cioè:

Seguo passivamente il corso degli eventi comuni e tradisco me stesso? Oppure ascolto la voce del mio spirito e cerco di avventurarmi dove mi porta la mia natura, nelle regioni estreme dove io possa trovare un appagamento profondo, totale che mi dia il senso cosmico che la vita contiene?

Devo dire che il tuo è un approccio un po’ diverso da quelli che ho potuto leggere finora.

Anch’io ho dato un’occhiata a quel che è stato scritto e devo dire che mi trovo d’accordo con una definizione, certamente data a caldo ma che nella sua sintesi dice il vero, anche se penso sia sfuggita senza intenzioni granché  profonde.

In più di un caso il film di Mazzitelli è stato definito “una storia romantica”.

E’ una definizione data a caldo che però ha una sua peculiare precisione perché il film ci parla di un valore eterno come la libertà individuale che è venuto prepotentemente affermandosi proprio durante il  ROMANTICISMO.

Si sa che  il ROMANTICISMO sorge in un momento di grande fermento scientifico . L’uomo va incontro a ciò che è ineluttabile ma è smarrito. Ed allora recupera le forze dell’io più profondo ed oppone le proprie risorse intellettuali e spirituali alle risorse razionali e materialistiche che appaiono imperanti. Il ROMANTICISMO nasce come reazione e come reazione oggi può accadere quello che Mazzitelli ci racconta nel film.

E’ fuor di dubbio, un parallelismo interessante sul quale riflettere, anche perché recupererebbe in chiave attuale certi valori.

Proviamo a banalizzare per essere più chiari:

Un bravo giovane che ha studiato diligentemente a scuola, che è stato un buon figlio, che mantiene  buoni rapporti con tutti, ad un certo momento si sente smarrito davanti al mondo. Istintivamente si raccoglie in sé stesso, guarda in faccia il mondo cosi vario, strano, assurdo, crudele, contradditorio, allegro, tragico, insondabile, catastrofico e si chiede:

  • Cos’è giusto? Che faccia il concorso per diventare maestro?… che cerchi di entrare i banca?….alla Fiat?…. alle Poste?…. in una piatta via di mezzo o tenti di GUARDARE OLTRE??…. Magari apro una partita IVA… forfettaria… che mi fa sentire meno numero e più me stesso?

Oppure vado dove sento di dover andare? Anche se tutto e tutti mi scoraggiano?

La domanda è bellissima, terribile, carica dei significati che fanno la storia dell’uomo perché dobbiamo riconoscere che  quando vediamo, ascoltiamo, consideriamo qualcosa di bellissimo  NON ci viene dalla normale routine (peraltro nobilissima) che ci viene dall’uomo comune MA viene invece da chi ha avuto il coraggio di rischiare per andare incontro ad una pulsione elementare che urgeva in lui.

Se non teniamo conto di questa base speculativa,  vedremo solo immagini che ci parlano di amorosi e sensuali smarrimenti giovanili. Un po’ poco rispetto allo spessore del pensiero che è presente nel film di Mazzitelli.

Mi trovo d’accordo, anche perché mi pare che il film dia una risposta a questa… come l’hai definita…. “bellissima e terribile domanda”…

Sì! Effettivamente la risposta alla domanda terribile, c’è ! E’ alla fine e da sola fa il film. La risposta è:” Non smettere mai di credere nell’universo”. E’ leggermente ermetica ma risponde ad un credo profondo: In ogni essere c’è l’universo nella sua interezza. E’ un importante concetto che ritroviamo in più filosofi. Leibnitz, ad esempio.

Se volessimo sintetizzare , cosa vuole dirci il film, visto che hai parlato di pensiero?

Direi che Mazzitelli dice ad ogni giovane: “NON SMETTERE MAI DI CREDERE IN TE STESSO PERCHE’ DENTRO DI TE C’E’ LA STESSA FORZA CHE MUOVE LE STELLE”.

Il film ci parla del senso cosmico che la vita contiene. Per questo considero questo film un capolavoro di penetrazione psichica all’interno dell’io profondo dove il tempo e lo spazio si dilatano all’infinito. Sottolineo anche il coraggio di esprimere questa sensibilità anche attraverso l’amicizia con un alieno, con la sovrapposizione dell’abbraccio di questo alieno con quello di una donna amata, in cui il protagonista riflette l’universo. E poi anche l’accostamento dell’amata ad un cane. Inoltre bisogna attentamente seguire il testo perché è una miniera di verità.

Enrico Cocciulillo e Giovanni Lavia

Giovanni, un’ultima cosa. Si è parlato anche di un modo particolare di porgere questa storia “romantica “ sullo schermo. Cosa potresti dirmi al riguardo?

Immagino che portare questi concetti sullo schermo abbia richiesto molto laboratorio. Penso che Mazzitelli abbia considerato diverse strategie narrative e che abbia scelto quella che a me personalmente ricorda quella del flusso di coscienza alla Joyce, per niente comoda e rilassante.

Se andassimo a rileggere, nell’ULISSE di Joyce, quel mirabile esempio della passeggiata sulla spiaggia  di Stephen Dedalus, ci renderemmo conto di quanto i ragionamenti siano scollegati solo in apparenza, perché  alla fine la figura di Stephen è perfettamente costruita.

Analogamente Mazzitelli non si preoccupa di apparire razionale ma tutto avviene secondo un consequenzialità alterata proprio come tanti giovani che, smarriti davanti all’indecifrabilità del mondo, fanno fatica a trovare chiarezza in se stessi. Accade quindi che il giovane non sappia dove andare, che si ponga domande contradditorie e spezzate che solo una decisione affilata, tagliente, può risolvere facendo giustizia dei concetti che per lui contano di meno.

Grazie Giovanni, rivedrò volentieri il film, anche alla luce di questi tuoi stimoli, nel frattempo invito tutti i nostri lettori a guardare il trailer del film.

Enrico Cocciulillo