Gothic di Ken Russell

Nel lontano 1816, in Svizzera, e più precisamente a Cologny, sul lago di Ginevra, il celebre poeta inglese Lord Byron prese in affitto una bellissima abitazione nota come Villa Diodati. Durante l’estate furono suoi ospiti Percy Shelley con la compagna Mary, la di lei sorellastra Claire Clairmont e il medico scrittore John Polidori. Bloccati nella villa a causa di una tremenda tempesta che funestò la zona per ben tre giorni, i cinque, tra un bicchiere di laudano ed una fumatina d’oppio, trascorsero il tempo leggendo i racconti tedeschi dell’orrore Fantasmagoriana ed inventando proprie storie di paura, e da questa singolar tenzone nacquero due delle opere fondanti del genere gotico, Il Vampiro di Polidori, primo racconto moderno basato sui vampiri, e Frankenstein o Il Moderno Prometeo della Shelley, romanzo immortale che fonde insieme le tematiche gotiche, l’horror e la fantascienza, che vide la luce solo due anni dopo la sua permanenza a Villa Diodati. Ipotizzando ciò che può essere successo all’interno della villa in quel fantomatico giugno del 1816, nel 1986 il regista e sceneggiatore inglese Ken Russell dirige il film Gothic, che insieme a I Diavoli del 1971 e Stati di Allucinazione del 1980 fa parte della sua trilogia horror, anche se in Gothic l’elemento horror non è certo quello preponderante, ma anzi, passa in secondo piano davanti all’analisi delle menti deviate dei protagonisti ed alle loro costanti allucinazioni che, si suppone, potrebbero aver innescato in essi il processo creativo verso i capolavori suddetti.

Percy e Mary Shelley, accompagnati da Claire Clairmont, giungono in barca a Villa Diodati, dove ad aspettarli trovano Lord Byron, amante della Clairmont, ed il suo medico personale, John Polidori. Tra sesso libero e consumo eccessivo di laudano, i cinque vengono sorpresi da una tempesta che non permette agli ospiti di lasciare la casa, e così decideranno di compiere una seduta spiritica che avrà conseguenze deleterie su tutti, soprattutto sulle due donne. Tuttavia il quintetto si riprenderà dopo la lettura di alcuni racconti del terrore, decidendo di provare loro stessi a scrivere storie. Ma il Male si aggira nei dintorni della villa….sarà solo un’altra allucinazione, o sarà invece realtà? Che sia proprio Dio che ha mandato un demone a punirli per la loro vita dissoluta e miscredente? O durante la seduta hanno evocato qualcosa di più grosso di loro, che personifica le loro più recondite paure?

Interessante notare come Russell infarcisca la sua storia di richiami a elementi che qualche anno dopo i fatti narrati nel film andranno a formare quella mirabile opera che è il Frankenstein di Mary Shelley. Ad esempio quando Percy, nudo, sale sul tetto e si erge come parafulmine umano, riprendendo l’idea di fondo che usa lo scienziato Viktor Frankenstein per riportare in vita la sua creatura, e lo stesso Lord Byron, riportato l’amico in casa, lo chiamerà con l’appellativo di Moderno Prometeo. Il sottolineare più volte come la Shelley avesse perso un figlio avuto da Percy, ed il suo enorme desiderio di riportarlo in vita sembra che possa stare, per Russell, alla base dell’idea fondante del suo romanzo. Tuttavia, sebbene qua e là si occhieggi alla genesi letteraria di queste due opere, per Il Vampiro ad esempio con la fissazione di Polidori col sangue e con le sanguisughe, nonostante ciò lo scopo di Russell non sembra essere esclusivamente quello di raccontare da dove nascono questi romanzi gotici, ma mostrarci la follia degenerante di quei tre giorni a Villa Diodati, forse accompagnati dalla stessa presenza luciferina.

Surreale, onirico, visionario, eccessivo, estremamente romantico, depravato, pittorico, questo è il Gothic di Ken Russell. Non ci sono pretese realistiche, né si calca troppo la mano sull’aspetto poetico dei protagonisti invischiati nella vicenda, si tende solo ad affascinare, a lasciare di stucco, ad avvincere lo spettatore mai sazio delle belle immagini che gli scorrono davanti agli occhi. A rendere sicuramente accattivante il lavoro di Russell ci pensa anche, in buona parte, l’ottimo cast. Nel ruolo di Lord Byron un affascinate ed ambiguo quanto mai Gabriel Byrne, ancora agli inizi della sua carriera ma che già poteva vantare partecipazioni a film del calibro di Excalibur di John Boorman (1981), in cui interpretava il padre di Re Artù, Uther Pendragon, o La Fortezza di Michael Mann (1983). Qui Byrne dipinge un Byron lascivo ed egoista, dedito solo al suo piacere personale, interessato fino ad un certo punto a chi gli sta intorno, spietato nei confronti della sua amante e del povero Polidori che sembra invece adorarlo a tal punto da risultarne persino innamorato. Ma Lord Byron prende e non dà, e nonostante ciò il suo fascino magnetico è tale che tutti gli rimangono appiccicati come cozze. L’unico per il quale forse dimostra un minimo d’interesse è l’amico Percy Shelley, interpretato con bizzarri eccessi dall’attore inglese, da poco tragicamente scoparso, Julian Sands, che si era fatto notare solo l’anno precedente in Camera con Vista di James Ivory, di cui era protagonista insieme ad Helena Bonham Carter, film che si aggiudicò la bellezza di tre Oscar. Sands, biondo e diafano, dà anima e corpo a quello che è forse il più noto ed affascinante tra i poeti del romanticismo inglese, famoso sia per l’amore contrastato ed all’epoca  peccaminoso con Mary Godwin, sia per il viaggio in Italia, dove trovò la morte in mare pare nel golfo di  Lerici. Il terzo uomo di questo singolare terzetto, John Polidori, medico personale di Byron, scrittore e redattore delle sue memorie, che proprio al famigerato Lord si ispira per la creazione della sua figura letteraria più nota, Il Vampiro, è interpretato dal britannico Timothy Spall, divenuto noto universalmente per essere stato Peter Minus nella saga di Harry Potter. Il Polidori che ci consegna Spall è molto diverso dai ritratti che ci sono giunti di lui, è viscido, sgradevole, bigotto ma attratto dal peccato e dalla lussuria, e per tanti versi non dissimile dagli atteggiamenti del succitato Codaliscia, così come da quelli del Messo Bamford di Sweeney Todd di Tim Burton (2007). Quindi, sebbene qui Spall fosse ancora agli inizi della sua fruttuosa carriera, tuttavia la sua impostazione recitativa risulta già bella che formata. Il suo Polidori è senz’altro il personaggio più disgustoso dell’intera pellicola. Per quel che riguarda le due signore, invece, molto interessante la rappresentazione che di Claire Clairmont fa l’attrice canadese Myriam Cyr, folle d’amore per Byron e disposta a tutto pur di stare con lui. Con i suoi occhi perennemente sgranati ricorda diverse protagoniste di film horror d’eccezione quali Linda Blair ne L’Esorcista di William Friedkin (1973) o Betsy Baker ne La Casa di Sam Raimi (1981). Meno convincente risulta invece Natasha Richardson nei panni di Mary Godwin poi Shelley, e non perché non sia brava, nient’affatto, ma semplicemente perché ci lascia il ritratto di una donna quasi pudica e vergognosa quando sappiamo che l’autrice di Frankenstein fu invece di tutt’altra tempra e temperamento. Nota per essere stata la moglie di Liam Neeson, la Richardson era la figlia dell’attrice Vanessa Redgrave, ed è stata diretta anche dal nostro Enzo G. Castellari in La Polizia Incrimina, la Legge Assolve (1973), dove recitava a fianco del patrigno Franco Nero. La sua Mary Shelley purtroppo non affascina, non appassiona, come ci si dovrebbe aspettare da una sorta di eroina antesignana dei diritti delle donne e della libertà di scegliere autonomamente chi amare come fu in effetti la scrittrice inglese.

Ruolo di primo piano hanno anche, in Gothic, gli animali, tutti poco gradevoli o associati alla figura del demonio, come caproni, sanguisughe, topi e serpenti, che, insieme ai fantasmi, veri o provocati dalle allucinazioni che siano, funestano la vita dei cinque abitanti di Villa Diodati. Altro punto di forza del film è senza dubbio la suggestiva fotografia, che sembra farci entrare all’interno di un quadro dell’epoca, soprattutto il celebre Incubo del pittore svizzero Johann Heinrich Füssli, omaggiato sia nella figura del demonietto beffardo sia nella posa che Claire assume sul letto, che riproduce fedelmente quello della donna ritratta nel dipinto. E’ evidente l’intento di Russell di portare nel suo cinema arti quali la pittura ed il teatro e direi che se si bypassa la confusione, volutamente generata, vi è riuscito appieno. Notevole anche la suggestiva location, che non è in realtà la svizzera Villa Diodati, ma l’inglese Wrotham Park, casa di campagna neo-palladiana collocata nell’Hertfordshire ed usata in oltre sessanta film. Sia gli esterni che gli interni di Gothic sono stati girati qui.

Insomma, sarà caotica e confusionaria, non spaventosa, anche perché non nasce con l’intento di spaventare, ma senz’altro quest’opera di Russell  riesce a rendere appieno quelle atmosfere gotiche ottocentesche dalle quali nascono i romanzi ed i racconti a noi tanto cari. Consiglio di guardarlo senza pregiudizio alcuno, lasciandosi trasportare nel mondo lontano ed irreale che Russell evoca attraverso i suoi celebri protagonisti, perdendosi nelle note della non invasiva colonna sonora di Thomas Dolby e nel talento figurativo del regista, nel suo stile psichedelico, che ci portano direttamente nel decadentismo più occulto ed arcano. Sullo stesso argomento ricordiamo anche il più realistico e drammatico L’Estate Stregata (1988) del regista ceco Ivan Passer.

 

https://www.imdb.com/title/tt0091142/

 

 

Ilaria Monfardini