Dopo il film di fantascienza 65 – Fuga dalla terra e l’horror La casa del terrore, Scott Beck e Bryan Woods riprendono la macchina da presa per dirigere Heretic. Sorella Barnes e sorella Paxton, due giovani missionarie mormoni portate in scena da Sophie Thatcher e Chloe East, hanno una lista di incontri con persone che sono interessate ad approfondire il proprio percorso spirituale in merito alla Chiesa di Gesù Cristo. Tra queste vi è il signor Reed, interpretato da Hugh Grant. Le due raggiungono in bicicletta la dimora dell’appuntamento in una giornata in cui imperversa un temporale da tregenda.
Suonano il campanello. Passano alcuni interminabili istanti prima che il padrone di casa apra la porta. Dopodiché restano per alcuni minuti ferme sulla soglia a parlare con il diretto interessato, che le invita ad entrare viste le condizioni del meteo. Le ragazze sono fradice per la pioggia, ma restie a valicare l’uscio, non prima di essersi sincerate che in casa ci sia anche una presenza femminile. Il signor Reed le rassicura che all’interno c’è sua moglie, che per l’occasione aveva già preparato una torta. Convinte di ciò, accettano l’invito, ignare di cosa le aspetterà dentro quella casa.

Heretic è un film basato sui dialoghi, in una sorta di confronto dapprima teologico tra chi ha fede e chi sembra voler approfondire il proprio percorso spirituale. Interessanti le metafore prodotte dal signor Reed utilizzando i giochi da tavolo come il Monopoli e le sue differenti versioni per spiegare in maniera allegorica i punti in comune tra i diversi credo religiosi. Egli vuole mettere in difficoltà le due missionarie e le loro convinzioni, dichiarando di essere a conoscenza in realtà della vera e unica religione. L’uomo si dimostra cortese, affabile e ironico, come il quadro alla parete di una casa in verità asettica e ordinata, che reca la scritta “Dio benedici questo casino”. Una sciarada quella messa in atto da un personaggio che si fa sempre più oscuro e che porrà le ragazze di fronte a delle scelte che presto tracimeranno nell’orrore.

Dissacrante il signor Reed e dissacratori i registi Scott Beck e Bryan Woods, che a loro volta si divertono a prendere in giro per mezzo di Barnes e Paxton il bigottismo. Un esempio l’aver posto le due missionarie sedute su una panchina ove sul retro vi è affissa una pubblicità di profilattici. La prima parte è di sicuro il punto forte di Heretic, che sul finale probabilmente si perde leggermente, complice anche qualche lungaggine di troppo. Nel complesso, però, si può parlare di esperimento riuscito, soprattutto per come gioca in modo efficace e raffinato con la psiche dei personaggi in un’unica location. Scelta, quest’ultima, che si rivela vincente, poiché il senso d’oppressione amplifica l’angoscia patita dalle ragazze. Inoltre il duo registico dimostra dimestichezza con la macchina da presa in spazi angusti e tenebrosi, creando un’atmosfera cupa e straniante di notevole impatto.

Sophie Thatcher dietro ai suoi occhi verdi cela un passato tormentato, e sulla sua pelle vi sono cicatrici. Queste, da sole, riescono a raccontare una storia in cui la fede sembra sia stata salvifica. La prova attoriale è di livello e per lei è un’altra conferma dopo Companion di Drew Hancock. Notevole anche la sua voce dal punto di vista musicale, in una personale versione del classico di Bob Dylan Knocking on heaven’s door presente nei titoli di coda. Sorprendente Hugh Grant, che incarna un personaggio in apparenza goffo e dotato di proverbiale ironia. Questa caratteristica è innata nell’attore, e abbiamo imparato a conoscerla in tante commedie. Qui la stessa gioca un ruolo fondamentale, tanto da renderlo ammaliante e misterioso quanto inquietante. Le sue espressioni a tratti sono mefistofeliche e, pian piano, mettono in luce una mente malata che vuole portare a termine un diabolico disegno.
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