Donald Trump, il tycoon che non smette mai di stupire, potrebbe avere in mano la chiave per spegnere uno dei conflitti più incandescenti degli ultimi anni: la guerra tra Russia e Ucraina. E no, non stiamo parlando di un improbabile ruolo da paciere con tanto di mantello e colomba della pace. La sua arma? I dazi. Quei balzelli economici che sembrano usciti da un manuale di protezionismo ottocentesco, ma che oggi potrebbero riscrivere il destino dell’Europa orientale. Alla luce delle ultime mosse della Casa Bianca, c’è chi scommette che il conflitto potrebbe esaurirsi entro l’estate 2025. Provocazione? Forse. Ma i numeri e le dinamiche geopolitiche parlano chiaro.

Immaginate la scena: l’Europa, già alle prese con un’economia che arranca sotto il peso delle sanzioni alla Russia e dei costi energetici alle stelle, si ritrova a fare i conti con i dazi trumpiani. Tariffe al 20% sui prodotti europei, un 25% sulle auto straniere e, ciliegina sulla torta, minacce di ritorsioni economiche a chiunque osi fare affari con Mosca. L’UE, che dal 2022 ha pompato miliardi in aiuti militari ed economici all’Ucraina, potrebbe ritrovarsi con le casse vuote e una crisi interna da gestire. E se i soldi finiscono, addio carri armati e missili Patriot per Kyiv. L’Ucraina, senza il sostegno massiccio dell’Occidente, potrebbe essere costretta a sedersi al tavolo dei negoziati con Putin, volente o nolente.

Ma c’è di più. Trump, con il suo fiuto per gli affari e la sua ossessione per l’“America First”, sembra voler colpire due piccioni con una fava. Da un lato, i dazi strangolano l’export europeo, indebolendo la capacità dei 27 di finanziare la guerra e il tanto decantato “Rearm Europe”. Dall’altro, mettono pressione sulla Russia, che senza mercati per il suo petrolio e gas (già sotto sanzioni) potrebbe vedere il suo bilancio implodere. E qui entra in gioco un dettaglio curioso: secondo alcune indiscrezioni – ancora da confermare – nel suo ultimo discorso sui dazi, Trump non avrebbe nemmeno menzionato la Russia tra i paesi colpiti. Un’omissione voluta? Un segnale di distensione verso Mosca per spingerla a un accordo? O semplicemente un modo per tenere Putin sulle spine? Qualunque sia la verità, l’effetto domino è innescato.

Proviamo a fare una previsione ardita. Se l’Europa, strangolata economicamente, riduce il supporto a Kyiv, e se la Russia, fiaccata da un’ulteriore stretta commerciale, capisce che continuare la guerra è un lusso che non può più permettersi, l’estate 2025 potrebbe essere il momento della svolta. Magari non una pace idilliaca, ma un cessate il fuoco pragmatico, magari mediato da un Trump che si autocelebra come il “deal maker” definitivo. Certo, ci sono incognite: l’UE potrebbe reagire con una coesione inaspettata, o Putin potrebbe decidere di giocarsi il tutto per tutto. Ma il vento sta cambiando, e i dazi di Trump potrebbero essere il soffio decisivo.

E allora, prepariamoci allo spettacolo: tra qualche mese potremmo assistere alla fine di un conflitto che ha tenuto il mondo con il fiato sospeso. Non grazie a diplomazie raffinate o appelli umanitari, ma a colpi di tariffe e bilanci in rosso. Perché, come direbbe lo stesso Trump, “it’s all about the art of the deal”. E se l’estate ci porterà la pace, ricordatevi dove l’avete letto per primo: su Mondospettacolo.


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