la genialità dell’ironia che diviene semplice forma pop rock in un disco d’esordio che dal titolo mette in chiaro tutte le carte: “Burro – I grandi successi de I Vendrame”. Formazione abruzzese, I Vendrame, che ripesca la bellezza dentro l’umorismo e quella canzone a due passi dal farsi teatro che però non cede il passo alle dinamiche plastificate… piuttosto riesce ad essere naturale, dentro i finimenti di una canzone pop, romantica, a volte anche sociale… e apprezziamo come si siano ben sforzati di non cadere in banali cliché di sesso sfacciato per far ridere, soluzione questa ampiamente usata nel cabaret che spesso si attesta di basso profilo. Un disco senza presunzioni di sorta… un primo lavoro di bellezza liquida.
Noi cominciamo sempre parlando di bellezza e non solo di quella sfacciata che ci piace mostrare. Andiamo oltre la superficie: per i Vendrame, cos’è la bellezza?
Che domande! Naturalmente il Dottor Palmito: mentore spirituale, arrangiatore e sassofonista di noi Vendrame. Lui incarna tutte le espressioni percepibili della “Bellezza”, dal punto di vista estetico e spirituale.
Estetica e contenuti. L’annoso problema tra l’essere e l’apparire. Poi una canzone in genere cerca sempre di rispettare un equilibrio che è propria della forma canonica… come e dove trovare un equilibrio tra queste cose?
In Postalmarket naturalmente.
Le canzoni dei Vendrame sembrano provenire da un pop-rock non italiano e soprattutto per niente moderno. Ispirazioni? Da quale parte del tempo venite?
Diciamo che siamo un avvincente viaggio temporale (plutoniano), che attraversa gli anni 60/70/80/90, con influenze musicali che che vanno dal metal progressive a Raul Casadei. Per comodità, chiameremo l’insieme dei nostri tanti generi “Supercazzola progressive”
E in un magazine come il nostro dove celebriamo anche la bellezza, non possiamo chiedervi: che rapporto avevate con “Postalmarket”? Ovviamente dietro l’ironia della domanda c’è un invito a parlare del primo singolo che avete lanciato per anticipare questo disco…
“Postalmarket” è prima di tutto un invito ad amare se stessi, non dedicate mai questo brano alla vostra donna! È un brano che tenta di raccontare in chiave ironica e nostalgica il passaggio dal mondo analogico a quello digitale, attraverso la celebrazione della famosa rivista per “mamme”, che arrivava ogni mese a casa e che permetteva a noi adolescenti di valorizzare la nostra parte “creativa”. Inoltre ci sono molte citazioni a libri come ” Il medium è il messaggio ” di Marshall McLuhan, “L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica” di Walter Benjamin e “Colore, Sintesi di Arte” di Philip Ball ecc… opere che, ovviamente, non abbiamo mai letto.
Che poi in verità l’ho trovato un disco molto sociale… un disco che benissimo può appartenere ad ognuno di noi… cosa cercavate di raggiungere con queste canzoni?
Una vita agiata…ma forse abbiamo esagerato!
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