Il regista francese Alexandre Mourot affronta tramite il documentario Il bambino è il maestro la propria paternità attraverso l’alacre riverbero della macchina da presa, sulla chiara falsariga di Nanni Moretti in Aprile, anteponendo nondimeno al vezzo del minimalismo astratto la dolcezza di quello concretamente umanistico.
L’idea di girare, perciò, nella “Casa del bambino”, dove il metodo Montessori mette in relazione i “pupi” con la scoperta dell’alterità destinata a divenire qualcosa di domestico ed ergo prezioso insieme alla sana crescita dell’autostima, passa dalla teoria alla prassi grazie ad allegre trovate e ad elementi espressivi decisamente degni di nota.
A dispetto del timbro programmatico dovuto alla voice-over dello stesso Alexandre, desideroso di capire come svolgere nel migliore dei modi il ruolo di educatore del sangue del suo sangue, l’immediato prosieguo riesce a tener desta l’attenzione dello spettatore.
La capacità di cogliere la bellezza del silenzio negli sguardi innocenti immersi nella solitudine della concentrazione, mentre sviluppano nel gioco l’opportuno desiderio di conoscenza, rimedia ad altri limiti schematici. Riscontrabili, dapprincipio, dai toni chiarificatori che accompagnano le immagini relative all’ordine naturale delle cose alla maniera dei documentari della National Geographic.
Il segno di ammicco connesso pure alla voce femminile fuori campo che è ovviamente intenta a rievocare le sempiterne perle di saggezza sulla prima infanzia della compianta educatrice, pedagogista, filosofa e neuropsichiatra infantile Maria Montessori, cede spazio alla profondità degli sguardi, alle tenere ed emblematiche reazioni mimiche e al linguaggio dei gesti colti nelle più singolari sfumature.
Il vacuo frastuono degli accenti, infatti, ne Il bambino è il professore conta poco o niente dinanzi agli slanci dell’insolita proprietà stilistica capace di convertire persino la monotonia delle pause contemplative in godibili momenti di confronto tra adulti e piccini: il miglior antidoto contro la slavata alterigia del cinismo da strapazzo, ignaro dell’incomparabile virtù della verità interiore.
Massimiliano Serriello
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