Il Buio del Giorno: lo Psyco italiano di Fabrizio La Monica

Nel 2022 esce Il Buio del Giorno, terzo lungometraggio del regista siciliano Fabrizio La Monica, già conosciuto ed apprezzato nel 2019 col suo Dio non ti odia, folk – horror girato in un elegante b/n nei boschi della sua bella terra, ancora un po’ embrionale ed immaturo ma che ben faceva sperare per il futuro. Fabrizio torna a girare un film sulla gente e con la gente, e questa volta l’elemento perturbante non è dato da una qualche strana creatura deforme bensì dalla mente stessa del protagonista, che ci porta in labirinti tortuosi dove ciò che appare non necessariamente è ciò che è, ma il regista lascia a noi il compito di trovare una quadra tra realtà ed immaginazione, nel percorso di un uomo prostrato dal dolore per la perdita di un figlio della quale ancora non sa darsi una spiegazione, alla ricerca del cadavere del piccolo a cui poter dare una degna sepoltura ed avere una tomba sulla quale pregarlo, non un vuoto cenotafio. Riutilizzando parte del cast della precedente pellicola, La Monica ci consegna un prodotto nettamente migliore dal punto di vista tecnico, che non ha più bisogno dell’escamotage del b/n, dimostrando una crescita sia nella regia che nella direzione degli attori tale da meritargli il premio come Miglior Film al prestigioso Apulia Web Fest di Lecce e quello al Best Villain (Miglior Cattivo) al Days of the Dead di Indianapolis (Indiana), oltre alla selezione in oltre 20 altri festival di settore quali ad esempio il FiPiLi Horror Festival, l’Abruzzo Horror Festival o il rumeno Dracula Film Festival.

Giorgio, un brillante avvocato di mezza età, è travolto dalla devastante tragedia della morte del figlio Luciano, che un pazzo senza volto e senza nome ha rapito, violentato ed ucciso qualche anno prima. Lasciato anche dalla moglie, per combattere il dolore generato dalla distruzione della sua famiglia, Giorgio trova conforto nell’alcol. Un giorno, inaspettatamente, riceve la telefonata di un uomo che si presenta come il killer del bambino. L’uomo si è introdotto in casa di Giorgio mentre lui era ubriaco e gli ha lasciato una pistola ed un auricolare: il killer lo invita a seguire le indicazioni che lui gli invierà attraverso l’auricolare e se non sgarrerà potrà sia trovare il cadavere del figlio che conoscere una volta per tutte il volto dell’uomo che gli ha rovinato la vita senza un apparente motivo. Per l’avvocato inizierà così un percorso nella follia più estrema, in boschi selvaggi in cui si troverà a tu per tu con le sue paure ed i suoi dolori più profondi, e proverà a dipanare la matassa che avvolge la sparizione di Luciano, trovandosi spesso davanti a sorprese ben poco piacevoli.

Anche stavolta La Monica gira principalmente in un bosco, anche stavolta il protagonista assoluto è un uomo, ed anche stavolta il tutto si impernia sul rapporto padre-figlio. L’eleganza formale ed il ritmo lento sono componenti essenziali del cinema del regista bagherese, che ci trasporta e ci immerge in un magma vischioso dal quale sembra difficile districarsi, se non impossibile, venendo risucchiati sempre più giù nell’abisso oscuro e senza via di fuga. Non c’è mai la luce della speranza nei film di La Monica, anche quando sembra che faccia capolino qua e là, il suo è il cinema della disillusione, del dolore che porta alla pazzia dalla quale non c’è alcuna possibilità di guarire, e dove i fantasmi vendicativi del passato ti si attaccano addosso come scimmie seguendoti ovunque e non lasciandoti più. Presentato nientemeno che da Sergio Stivaletti, Il Buio del Giorno, la cui tagline recita “Quando la Luce muore nascono i Mostri”, può avvalersi anche degli effetti speciali del grande Maestro romano, che certamente non possono che attribuire un ulteriore valore ad un’opera già di per sé estremamente interessante e di qualità.  Il comparto effettistica è proprio uno di quelli dove la crescita è nettamente evidente rispetto al precedente lavoro, dove gli effetti ed il trucco prostetico erano forse tra i difetti più evidenti del film. Sergio Stivaletti risulta anche nella produzione, appoggiando la Kàlama Film di Fabrizio La Monica e Ferdinando Gattuccio con la sua Apocalypsis. L’angosciante sceneggiatura, tortuosa e spigolosa, ricca di sorprese e colpi di scena, è stata scritta a 4 mani dal regista stesso e da Alessandro Bruno, e nasce dalla lettura di alcuni romanzi di Stephen King quali Shining e Mr. Mercedes. Altro grande nome che senz’altro ha contribuito alla riuscita dell’opera è quello del doppiatore milanese Marco Balzarotti, che presta la sua profonda voce al killer “telefonico”, voce conosciuta, tra le tante cose, per essere stata quella ufficiale di Batman fin dagli inizi degli Anni Novanta in tutte le serie, i videogame ed i film animati dedicati al fascinoso Uomo Pipistrello. La Monica lo ha fortemente voluto, in quanto doveva differenziarsi dagli altri personaggi, tutti dalla spiccata cadenza sicula, mentre la sua voce, in perfetta dizione, che rappresenta la spina dorsale del film, emerge tagliente come una lama affilata facendo letteralmente accapponare la pelle, portandoci ad immaginare un killer dalle fattezze imponenti, soverchiante, oscuro, al cospetto del quale non può esserci via di scampo.

Il cast è ripescato a piene mani da Dio non ti odia: ritroviamo infatti Roberto Romano, che nel precedente lavoro era l’assoluto protagonista, interpretando il padre della giovane vittima sacrificale, qui nel ruolo del fratello di Giorgio, che è interpretato da Ferdinando Gattuccio, il mostro assetato di sangue della precedente pellicola. La scelta di rivolgersi alla medesima squadra è spesso seguita da molti dei registi low budget e rappresenta quasi sempre una vera e propria scelta vincente, creando una sintonia ed una sinergia che permettono di andare avanti spediti risparmiando tempo e fatica. Anche per la colonna sonora La Monica si rivolge al medesimo compositore catanese utilizzato in Dio non ti odia, Vincenzo Di Silvestro, così come vengono usate in entrambi i film alcune parti dello stesso bosco. Insomma, anche qui, come nel 2019, Fabrizio La Monica ci consegna un prodotto squisitamente siciliano, ma condendolo di maestranze provenienti un po’ da tutta Italia, da nord a sud, creando così un qualcosa dal sapore più eclettico rispetto al precedente lavoro.

Il Buio del Giorno rappresenta una vera e propria Catabasi, una discesa agli inferi che il nostro protagonista, Giorgio, compie essendo ancora in vita, o meglio in quella che ha ancora la lontana parvenza di ciò che era stata un tempo la sua vita felice di avvocato di successo, con una moglie che amava ed un bambino che rappresentava per lui la gioia più grande. E, ad un certo punto, più nulla. Solo grigio, disperazione, dolore, solitudine, e due interrogativi che lo assillano giorno e notte, e che cerca di occultare con l’abuso smodato di alcol: dov’è finito il corpo di suo figlio, e perché lo spietato assassino ha scelto, tra tutte, proprio la sua famiglia? Sembrerebbe quasi tormentarlo più questa seconda domanda di tutto il resto: perché una famiglia normale e felice ad un certo punto, senza un’apparente ragione (come succedeva invece in Dio non ti odia), viene improvvisamente devastata, deflagrata, ridotta in miserabili brandelli da qualcuno solo per il sadico gusto di torturare ed uccidere? Come sceglie, il killer, le sue vittime? Pare che per Giorgio avere questa rivelazione possa essere una sorta di catarsi, un qualcosa che lo aiuti in parte a risollevarsi ed anche, se mai sia possibile, a rassegnarsi. Ed il killer questo lo sa, e non risponde, e tira per le lunghe la cosa, addirittura facendo ascoltare a Giorgio le registrazioni strazianti della voce del piccolo Luciano che lo chiama, nei suoi ultimi istanti di vita. È un sadico gioco del gatto col topo, questo Il Buio del Giorno, e La Monica lo conduce con perizia ed abilità, senza mai indurci alla noia o allo sbadiglio, nonostante i ritmi dilatati e la presenza di un cast ristretto. Il talento del giovane regista siciliano, ancora un po’ acerbo in Dio non ti odia, qui esplode con una furia quasi incontrollata, ben stigmatizzata dallo sguardo finale di Gattuccio che ricorda seriamente quello di Norman Bates chiuso nella cella d’isolamento nella scena finale di Psyco.

Non propriamente horror, il film è definito dallo stesso regista “un thriller psicologico dalle forti sfumature a tinte drammatiche ed orrorifiche”. Va da sé, tuttavia, che sebbene i protagonisti sembrino essere stavolta tutti e solo esseri umani, i fantasmi della mente, del rimorso, della vendetta e dell’odio sono sempre presenti, ed ogni gesto è dettato da mille sfaccettature diverse che sicuramente conducono questo prodotto Made in Italy sul sentiero della confusione di generi molto battuto dall’indipendente italiano contemporaneo. Ogni volta che ci sembra di aver capito, di essere arrivati a un punto fermo della storia, La Monica ci strattona bruscamente, facendoci sussultare, portandoci a destrutturare ogni nostra impalcatura come fosse un castello di carta, tenendoci così attenti, in un religioso silenzio carico di tensione e pathos, che ci porta ad accompagnare Giorgio sul percorso disseminato di prove ed insidie alla ricerca non solo di Luciano ma del suo vero se stesso.

Insomma, senza paura di essere smentita posso affermare che Il Buio del Giorno rappresenta davvero il salto di qualità nella carriera di Fabrizio La Monica, e ce lo dimostrano anche le continue nomination che il film colleziona settimana dopo settimana, promettendo un buon andamento del suo percorso in Italia e, ci auguriamo, anche nel resto del mondo. Queste sono le perle del cinema indipendente italiano che mi rendono orgogliosa di tutto il lavoro che da anni svolgo per dimostrare come il cinema di genere in Italia non sia affatto morto, ma anzi, covi sotto la cenere facendo nascere ogni tanto qualche piccola fenice dalle piume luccicanti che illumina il cammino di tutti coloro che le vanno dietro. Avanti così, Il Buio del Giorno non può che essere un giorno scintillante che rischiara il buio delle coscienze di coloro che non sanno o hanno semplicemente paura di sapere.

 

 

Ilaria Monfardini