Il cast e il regista parlano de L’amica geniale – Storia di chi fugge e di chi resta

Storia di chi fugge e di chi resta è un libro applaudito dalla critica. Ma soprattutto un best seller. Ovvero un libro di successo. La trasposizione cinematografica dei best seller rientra nelle strategie di riduzione del rischio d’insuccesso contemplate dal marketing nella Settima arte. Il mercato della Settima arte guarda al sodo: sa bene che l’adagio latino “Carmina non dant panem” non è campato in aria; le poesie non danno pane; ad appaiare mire artistiche ed esigenze rimunerative sono le storie che piacciono alla maggior parte degli spettatori.  Lo stesso vale per il mercato del piccolo schermo. La terza stagione de L’amica geniale, tratta appunto dal best seller Storia di chi fugge e di chi resta scritto dall’abile romanziera napoletana Elena Ferranti, gioca sul sicuro: l’autrice letteraria conta più di una semplice influencer e degli opinion leader che affollano i social.

D’altronde la rivista Times l’ha inserita nella lista delle cento persone più influenti al mondo insieme ad altri connazionali come il presidente del consiglio Mario Draghi, il calciatore Mario Balotelli, lo stilista Riccardo Tisci, l’astrofisica Marica Branchesi e il politico Matteo Salvini. Ovviamente non entriamo in merito. È più pertinente capire, a beneficio dei lettori, ancor prima degli spettatori televisivi, cosa il regista capitolino Daniele Luchetti ci ha messo di suo raccogliendo il testimone da Saverio Costanzo. Al timone di regia della prima e della seconda stagione de L‘amica geniale. Al cinema con Mio fratello è figlio unico, tratto dal libro Il fasciocomunista di Antonio Pennacchi, Luchetti ha saputo cogliere il carattere d’autenticità dell’ambiente popolare. Un carattere d’autenticità che riguarda le sezioni missine, i nostalgici che seppur proletari traggono partito dagli aristocratici. Intesi come aristoi. I migliori. Anche se arrivano ultimi. Durante la videoconferenza di presentazione, chiediamo a Luchetti se nel libro scritto da una donna così influente lui da maschietto ha trovato dei punti in comune col proprio background per evitare il rischio del ricalco fine a se stesso e descrivere l’ambiente di sinistra del sessantotto con le due figure femminili sugli scudi.

La risposta di Daniele Luchetti è stata ampia, schietta ed esaustiva: “Ho vissuto in una famiglia dove le donne non hanno potuto studiare: la classica famiglia patriarcale. Il loro talento è stato schiacciato dal fatto che per andare a scuole le donne avrebbero dovuto prendere l’autobus. Sull’autobus ci stavano gli uomini. E alcuni di quegli uomini, i malintenzionati, avrebbero potuto molestarle. Quindi la frustrazione di chi non ha studiato perché c’era una feroce competizione e una feroce caccia alla donna, data per scontata e ritenuta persino legittima, la conosco bene. Io personalmente non l’ho mai data per scontata. L’ho sempre considerata ingiusta. La rabbia di Raffaella Cirullo detta ‘Lila’ è simile alla rabbia che sentiva mia madre quando facevo l’università e le presentavo le mie amiche. Provava rancore per le donne che avevano beneficiato delle opportunità che a lei erano state negate. Era rancorosa anche solo con chi magari aveva trent’anni meno di lei e semplicemente aveva potuto frequentare un liceo. E poi l’università. Poi conosco il rovescio della medaglia di chi viveva nelle famiglie di sinistra. Ho raccontato questa storia pure in Anni felici. Il rovescio della medaglia riguarda la famiglia di mio padre. Una famiglia di sinistra. Una famiglia impegnata. Mia nonna è una delle fondatrici dell’Unione Donne Italiane (UDI). Mio nonno era un socialista molto attivo. Eppure mia nonna faceva i tortellini per tutta la famiglia. Gli uomini aspettavano che mio nonna preparasse le fettuccine e le tagliatelle. Che poi lavasse i piatti. Poi, quand’era il momento di fare la discussione di tipo politico e sociale, lei era davanti alla porta della cucina. E partecipava alla discussione una volta finito di fare i piatti. Quest’eterna lotta della donna per avere realmente la parità in un mondo maschilista l’ho vissuta sulle mie spalle. In particolare l’ho vissuta con il senso di colpa di essere maschio. Noi maschietti aspettavamo da anni di essere smascherati. Questa differenza imperante nello status di uomo e donna l’ho sempre sentita e sofferta molto. Credo che la Ferrante, pur senza conoscermi, ha potuto raccontare una storia molto vicina per molti versi ha quella che ho vissuto io”.

Una storia di donne in cerca di riscatto, dunque, di giustizia, per meglio dire, dei diritti. Negati da una società ingiusta secondo Luchetti. L’argomento trattato, ripetita iuvant, piace. Tira. Come si dice. Saranno parecchi i lettori che diverranno spettatori. Ancor più gli spettatori della prima e della seconda stagioni che diverranno spettatori altresì della terza stagione de L’amica geniale. D’altra parte la serializzazione al pari della trasposizione dei best seller per il grande e il piccolo schermo  è un caposaldo delle strategie di riduzione del rischio d’insuccesso. Il successo è quindi garantito. Chi ci ha investito i soldi non lo crede: n’è fermamente convinto. Altrimenti i soldi non ce li avrebbe investiti. Il marketing televisivo, come quello cinematografico, ha regole precise. Come l’arte della guerra: una battaglia è vinta prima come ancora che sia combattuta. Elena Ferrante però scrivendo i libri che hanno ispirato le tre stagioni in questione non ha combattuto né una battaglia né una guerra. Ha raccontato una storia. La sua. In merito all’autrice letteraria Margherita Mazzucco, che torna nei panni di Elena Greco detta Lenù esibendo su sprone del nuovo autore cinematografico i segni del tempo, in altre parole le rughe di espressione, sul volto comunque giovane, al pari della collega Gaia Girace alias Lila, ha le idee chiare: “Spessissimo ci chiedono se l’abbiamo incontrata. Se la conosciamo. Con Francesco Piccolo (lo sceneggiatore della serie) ci scherziamo su: noi non la vogliamo conoscere. E non la vogliamo incontrare: per noi la sua voce come autrice letteraria che ha ispirato Francesco, Daniele, me e Gaia ci soddisfa appieno. Ci basta quella voce. La sua autorevolezza letteraria”.

Francesco Piccolo la pensa più o meno allo stesso modo. Anche se argomenta in maniera diversa la risposta in merito al suo rapporto con la Ferrante come autrice letteraria: “Occorreva capire che rapporto ci sarebbe stato tra il libro e la serie. Abbiamo capito subito che era un rapporto di vicinanza. Che tutte le cose che modificavamo rispetto al libro erano in funzione della grammatica televisiva. Lei (Elena Ferrante) ha usato una grammatica di tipo letterario. Noi abbiamo usato la grammatica che serve per il piccolo schermo. Per le serie televisive. Non abbiamo voluto sapere altro. Ma solo adattare la sua grammatica alla nostra. A quella che ci serviva per la terza stagione“.

La terza stagione de L’amica geniale punta molto anche sulla geografia emozionale. Sulla capacità del territorio eletto a location di riflettere l’altalena degli stati d’animo, gli osanna, i crucifige, le prese di posizione pro e contro, il conservatorismo, il progresso, l’uguaglianza, l’ineguaglianza, gli accordi e i disaccordi dei due personaggi femminili. Il produttore Domenico Procacci sa bene che la location è utile nelle serie televisive come paesaggio riflessivo ed evocativo. La geografia emozionale è anch’essa una grammatica. Un linguaggio. L’opinione di Procacci è pertanto chiara e tonda: “L’ambientazione è fondamentale: le location sono cambiate. Non sono più quelle della prima e della terza stagione. Il libro porta la storia a muoversi di più delle prime due stagioni. La linea è stata sempre quella di essere estremamente vicini e fedeli al libro. E questo vale pure per la messa in scena naturalmente. All’inizio nel rione napoletano ci si muove pochissimo.  Nella terza ci si muove un po’ di più. Nella terza stagione seguiamo i movimenti di Elena. E i posti che caratterizzano quei movimenti“.

La geografia emozionale resta una risorsa importante anche per chi fa poesia. E non pensa al profitto. Lo stesso si può dire delle opere che raccontano le strade, i rioni, i territori, gli spazi riflessivi. L’università della strada prescinde dalle discipline di fazione. Dalle strategie di marketing. Dai pensieri dominanti. Dai punti di vista diametralmente opposti sulla fedeltà ai vincoli di suolo e di sangue, sull’appartenenza, la convenienza, la giustizia e la competenza. Formuliamo l’augurio che, al di là se verrà da destra o da sinistra, citando Guareschi, l’ispirazione guidi ancora Luchetti. E che, al di là di chi fugge e di chi resta, pure L’amica geniale – Storia di chi fugge e di chi resta – dal 6 Febbraio 2022 su Rai Uno – snudi lo stesso carattere d’autenticità di Mio fratello è figlio unico.

 

Massimiliano Serriello