IL CINEMA DI JOHN CARPENTER: “1997: FUGA DA NEW YORK”


In un’America apparentemente in disfacimento e coinvolta in una guerra globale, la criminalità è aumentata del 400%. I criminali da incarcerare sono talmente tanti e talmente fuori controllo, da richiedere una soluzione estrema: trasformare l’intera isola di Manhattan in un gigantesco carcere circondato da mura alte 15 metri (e la fine ingloriosa della città più popolare degli USA la dice lunga sulla situazione socio-politica di questo inquietante futuro). Fuggire è impossibile, e i detenuti all’interno sono liberi di fare ciò che vogliono, se sopravvivono alla spaventosa violenza ivi esercitata, alle guerre tra bande, o ai pazzi cannibali che vivono nelle fogne.


In questa situazione già critica si inserisce il gesto folle (e palesemente inutile) di una terrorista che urlando frasi deliranti dirotta l’aereo presidenziale mandandolo a schiantarsi proprio dentro alla città-carcere. Il presidente (Donald Pleasence) è stato preventivasmente messo al sicuro in una capsula blindata che gli ha consentito di sopravvivere allo schianto, ma la più forte gang di detenuti del carcere lo ha rapito e come riscatto chiede una cosa molto semplice, ovvero la libertà per tutti.
Il capo della polizia Bob Hauk (Lee Van Cleef) tenta allora una estrema azione di commando. Jena Plissken (Snake nell’edizione originale, interpretato da Kurt Russell), ex combattente nei reparti speciali decaduto a rapinatore di banche, è stato appena catturato e sta per essere internato nel super carcere. Hauk gli propone l’amnistia per i suoi crimini in cambio di un suo intervento per liberare il presidente. L’azione è di importanza vitale: il presidente tiene nella sua valigetta un prezioso nastro contenente segreti nucleari, che il presidente doveva rivelare al vertice per la pace al quale si stava recando per porre termine alla guerra.
Per evitare fughe o tradimenti inopportuni, Hauk fa iniettare nelle arterie di Jena due microcariche di esplosivo: se non rientrerà entro 24 ore con il presidente, non potrà ottenere la loro disattivazione.


Quindi Jena plana con un aliante sul tetto del World Trade Center (che in ogni caso nel 1997 c’era ancora…), e armato di mitra si avventura per una New York devastata dal degrado… troverà alcuni alleati desiderosi della libertà in cambio del loro aiuto: Cabbie il tassista (Ernest Borgnine) e “Mente” Hellman (Harry Dean Stanton), un suo ex complice insieme alla compagna Maggie (Adrienne Barbeau, all’epoca moglie del regista John Carpenter). Ma per avere successo dovrà anche vedersela con il capo della potente gang che ha rapito il presidente, il “Duca” (il celebre musicista funky Isaac Hayes).
Jena porterà a termine la sua missione, non senza preparare una sorpresa finale…
In questo film John Carpenter ci mostra un futuro senza speranza: il bene e i buoni principi sembrano essere spariti da qualunque parte ci si volti, e alla fine si dimostra realistico l’atteggiamento di Jena, che combatte solo per se stesso e per garantirsi la sopravvivenza in un mondo così ostile.
Il film è diventato un vero e proprio cult insieme al personaggio principale, un antieroe forse da fumetto ma dotato di eccezionale carisma pur nella sua complessiva mancanza di valori positivi che vadano oltre il proprio tornaconto personale.
Inutile soffermarsi sui vari attori del cast, tutti nomi conosciuti a vario titolo.


Chi si fece enormemente notare fu proprio Kurt Russell nel ruolo principale. Fino a quel momento era sì e no conosciuto per ruoli di bravo ragazzone americano magari un po’ scapestrato: per esempio aveva interpretato la trilogia disneyana di “Il computer con le scarpe da tennis” e aveva presentato il programma televisivo, sempre disneyano, “La fabbrica di Topolino”. Con barba e capelli lunghi e benda sull’occhio si presentò quasi irriconoscibile al pubblico, e la sua ottima interpretazione di quel ruolo per lui così insolito (una vera fuga dal typecasting) lo lanciò nell’olimpo delle celebrità Hollywoodiane. Da segnalare un cameo di Season Hubley, all’epoca moglie di Russell.
Un’ultima segnalazione per la colonna sonora, molto efficace, composta dallo stesso Carpenter insieme ad Alan Howarth: Carpenter viene infatti da una famiglia di musicisti, ed è l’unico ad avere preso una strada diversa…

Giuseppe Massari