In un’epoca in cui sequels, prequels e spin off la fanno da padroni al cinema, e trovare idee originali è sempre più arduo, ecco un altro prequel perlomeno un po’ più originale degli altri (e marchiato Disney).
Si tratta infatti di nientemeno che del prequel del “Mago di Oz”, celebre romanzo di Frank L. Baum che ebbe una celeberrima ed insuperata versione cinematografica interpretata da Judy Garland.
Ricordiamo velocemente la storia originale: la piccola Dorothy viene rapita da un tornado insieme al suo cagnetto Toto e si ritrova nel regno di Oz, dove risiedono due streghe malvage e due streghe buone, e su tutti quanti comanda il potente mago di Oz. Dopo aver sconfitto le due streghe malvage, Dorothy si rivolge al potente mago di Oz per poter tornare a casa… scoprendo che il mago in questione è solo un ciarlatano illusionista, che era giunto lì con una mongolfiera trascinata anch’essa da una tempesta.
Ebbene, questo film (diretto da Sam Raimi) ci mostra proprio come l’illusionista, il “grande e potente Oz” (un James Franco simpatico e cialtrone al punto giusto) giunse nella terra in questione.
Qui il protagonista viene esplicitamente mostrato come un affascinante imbroglione sciupafemmine e anche un po’ pusillanime, costretto a fuggire dal circo in cui lavora dopo l’ennesimo imbroglio, rubando proprio la famosa mongolfiera. Rapito dal solito tornado, si ritrova nella “terra di Oz” (che curiosamente qui non viene espressamente chiamata così in quanto “Oz” è invece lo pseudonimo dell’illusionista: licenza poetica…) dove incontra due affascinanti sorelle streghe (Mila Kunis e Rachel Weisz) che, credendolo un mago vero (l’equivoco che sta alla base della storia classica) lo incaricano di uccidere la malvagia strega Glinda (Michelle Williams), colpevole dell’assassinio dell’amato re di quella terra incantata. Sia pur recalcitrante, il finto mago si avvia a compiere la sua misisone, ma quando si trova davanti a Glinda scopre che la storia che gli è stata raccontata non è proprio vera… e da qui cominciano le avventure del “mago di Oz” che, pur con i suoi trucchi da baraccone, riuscirà a sconfiggere il male portando il regno al punto a cui, molti anni dopo, lo troverà la piccola Dorothy nella storia classica.
La scenografia è molto colorata come si conviene ad una fiaba (l’inizio della storia, con la fuga del mago, è però in bianco e nero con formato 4:3), vi sono alcuni richiami alla storia classica (un leone che fugge spaventato da un trucco del mago, un esercito fatto di… spaventapasseri meccanici e un popolo di lattonieri che probabilmente un giorno costruiranno il famoso boscaiolo) e anche qualche licenza: oltre alla storia del nome, nella vicenda originale c’erano quattro streghe mentre qui una manca palesemente. Viene invece ribadito con forza un concetto presente (ma solo nel finale) della storia classica, ovvero l’importanza della fiducia in se stessi e nelle proprie possibilità: solo così il mago riesce a compiere la sua impresa, così come nel romanzo di Baum riusciranno il leone codardo, il boscaiolo di latta e lo spaventapasseri.
L’operazione ricorda vagamente quella fatta da Tim Burton con “Alice nel paese delle meraviglie” (altro prodotto Disney), e forse non è un caso se anche qui la colonna sonora è del suo musicista di fiducia, Danny Elfman.
Alla fine il risultato è gradevole, non è certo un capolavoro di profondità ma si vede con piacere (e dura anche il giusto, in un’epoca di film kolossal malati di gigantismo e durata infinita): il marchio Disney dà sempre una buona sicurezza.
Da non perdere assolutamente i titoli di testa, realizzati con uno stile che ricorda i film di George Meliés, il più famoso mago della storia del cinema.
Giuseppe Massari
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