Il grande male: a che ora è la fine del mondo?

È durante i giorni del lockdown dovuto nel 2020 alla diffusione del Coronavirus che il barese classe 1976 Mario Tani ha ideato Il grande male, suo primo lungometraggio cinematografico da regista, di cui firma anche la sceneggiatura.

Del resto, pur non facendo da scenografie metropoli distrutte e soleggiati territori aridi, è un clima quasi post-apocalittico chiaramente influenzato all’obbligatorio isolamento più volte dettato dalle leggi atte a contrastare il Covid-19 a caratterizzare la vicenda dell’attore in crisi protagonista, interpretato da un ottimo Roberto Corradino.

Attore in crisi che, in seguito ad un incubo notturno, non sembra più essere in grado di uscire dal cortile dell’enorme condominio in cui vive, ritrovandosi di conseguenza ad interagire soltanto con i suoi vicini di casa, spazianti da un medico ad una curiosa anziana.

Man mano che assiste anche a quelli che sembrerebbero essere atti criminosi compiuti da misteriosi individui e che, se da un lato si apprende che mancano sette giorni alla fine del mondo, dall’altro la verità potrebbe nascondersi dietro un sibilo proveniente dal sottosuolo del palazzo.

E, immersa nei colori desaturati forniti dalla efficace fotografia “deprimente” di Dario Di Mella, è quindi una a suo modo affascinante atmosfera di desolazione ad accompagnare la circa ora e mezza di visione il cui buon cast include, tra gli altri, Michele Sinisi, Elena Cotugno, Lucia Zotti e Vincenzo De Michele.

Una circa ora e mezza di visione che, con il sopra menzionato Corradino impegnato a ricostruire progressivamente il proprio recente passato, si concretizza in un dramma esistenziale a tinte thriller in cui si avverte, in un certo senso, una influenza vagamente bergmaniana; mentre, complici in particolar modo le ombre presenti nelle sequenze girate in interni, è un look quasi espressionista ad emergere da determinate immagini.

Un look che avvolge lo spettatore contribuendo adeguatamente a coinvolgerlo nel lento incedere de Il grande male, approdante ad una rivelazione finale forse non eccessivamente inedita, ma che non penalizza in ogni caso il non disprezzabile risultato generale.

 

 

Francesco Lomuscio