Il primo giorno della mia vita: fantasmi a Roma

Regista dell’acclamato Perfetti sconosciuti, Paolo Genovese riconferma con Il primo giorno della mia vita la sua tendenza nel proporre al grande pubblico opere che, come già hanno testimoniato attraverso The Place e Supereroi, intendono allontanarsi dal divertimento leggero, puntando sempre più al dramma.

Un cast di nomi forti annoverante Toni Servillo, Margherita Buy, Valerio Mastandrea e Sara Serraiocco primeggia in quest’opera che guarda a Il cielo sopra Berlino di Wim Wenders e cerca di far proprio un discorso esistenziale gestito con una certa filosofia del caso.

Tutto ha inizio in una notte tempestosa, quando uno sconosciuto (Servillo) raccoglie con la propria auto quattro persone vittime di un suicidio: l’oratore motivazionale Napoleone (Mastandrea), la poliziotta Arianna (Buy), l’ex ginnasta Emilia (Serraiocco) e il giovane youtuber Daniele (Gabriele Cristini). Quattro figure che si ritrovano ritrovano in un albergo di Roma sospese nell’aldilà e alla ricerca di una risposta concreta al folle gesto compiuto.

Forse l’idea di Genovese era quella di confrontarsi con un cinema più sentito come quello in cui rientra il sopra menzionato titolo di Wenders o con altri mostri sacri qui chiaramente imitati (Ingmar Bergman per citarne uno); ma nelle sue due faticose, ore di visione Il primo giorno della mia vita si riduce a filosofeggiare sul senso dell’esistenza e della morte senza lasciar capire dove voglia andare a parare.

Purtroppo, con attori di un certo calibro quali sono Servillo, la Buy e Mastandrea presi a confrontarsi con quella che vorrebbe probabilmente essere un’opera trascendentale, Il primo giorno della mia vita manifesta non poco il sapore di un pasticcio ambizioso messo in piedi per portare lo spettatore al cospetto di un trattato esistenziale in fotogrammi; senza preoccuparsi minimamente, però, del fattore noia che domina il tutto.

E non migliora la situazione l’irrilevante coinvolgimento di Vittoria Puccini nei panni di una “collega” di Servillo, di un Giorgio Tirabassi poliziotto e di un Lino Guanciale il cui ruolo non è chiaro all’interno del plot.

Insomma, un’operazione tutt’altro che riuscita nel cercare di proporre un film italiano dal tocco diverso ma che, invece, si rivela un vero e proprio obbrobrio italiota che speriamo non venga riproposto in remake internazionali… sebbene  appaia già in qualità di un remake non dichiarato del citato Il cielo sopra Berlino.

 

 

Mirko Lomuscio