Presentato in concorso – e come film d’apertura – alla settantacinquesima Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, Il primo uomo è l’ultimo lungometraggio del giovane e acclamato cineasta statunitense Damien Chazelle.
La storia messa in scena è quella dell’astronauta Neil Armstrong, uomo segnato da un grave lutto familiare (la figlioletta è morta prematuramente), ma che, nonostante tutto, è riuscito a coronare un sogno e ad essere il primo ad atterrare sulla Luna.
Tema interessante, dunque, questo scelto da Chazelle, il quale, reduce dal successo planetario del suo La La Land (che già aveva aperto il concorso veneziano nel 2016), ha certamente sentito il forte peso della responsabilità di non deludere le aspettative dei suoi estimatori.
Il giovane autore, dunque, ha deciso di dare alla vita dell’astronauta un taglio del tutto personale, evitando ogni pericolosa retorica, tipica della maggior parte dei biopic. Ed ecco che, di punto in bianco, viene abbandonata (quasi) del tutto quell’estetica ricercata e patinatissima di La La Land, per lasciare spazio unicamente al protagonista e alle numerose e intense emozioni da lui vissute.
Al via, quindi, primi e primissimi piani, dettagli di oggetti che ricordano un passato (non troppo) lontano e giochi di sguardi che ben sanno delineare i personaggi. A tal proposito, particolarmente degna di nota è l’interpretazione di Ryan Gosling, sicuramente meritevole di premi importanti.
Tali momenti intimisti, tuttavia, ben si amalgamano con scene adrenaliniche riguardanti lanci di astronavi, atterraggi mozzafiato e, non per ultima, la stessa sequenza in cui vediamo il protagonista sbarcare sulla Luna. Momenti fortemente d’effetto, che, grazie anche al supporto di un valido – e mai invasivo – commento musicale, riescono a conferire all’intera operazione un carattere del tutto personale.
Non mancano numerose citazioni, in questo ultimo lavoro di Chazelle. Ma d’altra parte, si sa, nel momento in cui si mettono in scena situazioni nello spazio, anche solo un oggetto che fluttua nel vuoto non può non far pensare al glorioso 2001 – Odissea nello Spazio,del maestro Stanley Kubrick. Diamo a Cesare quel che è di Cesare!
Marina Pavido
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