Un caledoscopio di suoni, emozioni ed ispirazioni: questo è Resilienza 2020, il racconto in musica (pubblicato il 20 Aprile 2020) firmato da Marco del Bene, aka Korben.
Il bravo produttore, musicista e compositore di colonne sonore (per Istituto Luce, Ocean Film e Hystory Channel) offre al pubblico la sua personale visione del mondo in un viaggio introspettivo che ben si adatta alla situazione che, causa CoronaVirus, stiamo vivendo e che ci impone di resistere senza farci cambiare troppo.
Un cd, Resilienza 2020, più che mai attuale, che si snoda in mezzo ad una serie di brani strumentali tra mindfullness e rock, featuring la voce vellutata di Sherol Dos Santos, la quale aggiunge pathos alle composizioni. Diciotto brani che alternano altrettanti stati d’animo per un ascolto rilassante, ma che ci pone anche di fronte ad interessanti spunti di riflessione. Abbiamo intervistato Marco del Bene per farci spiegare com è nato questo suo affascinante progetto discografico, che si riallaccia così bene a tante tematiche particolarmente assidue nell’esistenza umana ai giorni nostri.
Il titolo dell’album, Resilienza 2020, si lega molto bene all’attuale situazione e al mondo in cui ci troviamo a vivere a causa della crisi da Coronavirus. Ma, visto che le composizioni risalgono a qualche mese fa, come ti sei ispirato?
Negli ultimi due anni ho dovuto assistere la mia famiglia, mio padre e mia madre, che ho perso a Dicembre. In pochi giorni la mia vita è cambiata totalmente e parte di quello che davo per scontato è venuto meno. Ho dovuto reagire, ho sofferto, mi sono incazzato, mi sono dovuto ritrovare e ho costruito un nuovo equilibrio. L’album era pianificato per Aprile, leggendo un libro di Steiner ho incontrato questo bellissimo concetto: resilienza, la capacità di reagire ad un urto. E ho costruito la tracklist, una possibile colonna sonora del percorso. Quando hanno annunciato la quarantena, ho portato lo studio a casa e chiuso il lavoro con ulteriori tracce. Tutto è stato molto organico e sono andato dritto come una spada.
Tra i vari pezzi della tracklist, quale pensi sia quello più emblematico e, allo stesso tempo, maggiormente attuale?
Credo che siano attuali sia la scrittura che il suono del progetto. Il tutto rappresenta un’evoluzione personale dal rock alla classica per approdare all’elettronica. In termini personali l’album rappresenta me oggi. Il mood è decisamente cinematico ed evocativo. Posso dirti che, ad esempio, il motivo di arpa di Il sogno di Aisha fa fare le fusa ad uno dei miei gatti, Aisha appunto. Questa cosa, a tratti, mi turba, la trovo surreale come l’immagine di animali, nuovi padroni delle nostre città, descritti in Cigni sul viale. In alcuni brani ho cercato di replicare delle onde di risonanza terrestre con frequenze molto basse, e alcune cose sono nate su droni in La verdiano a 432Hz. L’album è intriso di spunti e messaggi positivi e può essere ascoltato a più livelli, c’è nel tutto un certo senso “esoterico”, un nascosto, a volte anche al sottoscritto.
L’album ha dei pezzi di grande atmosfera, musica ispirata alla mindfullness. Da ascoltare secondo te in quale occasione, da soli o in compagnia?
L’album, mi dicono, sia molto piacevole da ascoltare mentre si lavora, si sta a casa, si legge. La cosa mi gratifica enormemente perché l’intento era quello di realizzare una colonna sonora, un respiro lungo un racconto. Mi piace immaginare gente in viaggio, in macchina, un ascolto serale, senza tempo, davanti al cielo notturno. L’utilizzo di molti synth analogici ha sicuramente contribuito a creare questa big wave random e a rendere il tutto come una meditazione laica, almeno questo era l’intento.
Di sicuro Resilienza 2020 avrà un ruolo importante nell’ambito del tuo percorso artistico. Senti di essere giunto ad un determinato punto di arrivo?
Si tratta di un album semplice da ascoltare, ma che ha alle spalle molto lavoro. Penso di essere stato onesto con me stesso, cercando di dare all’album un suono e una identità artistica forti e riconoscibili. Ho imparato a vivere nel presente e l’album è un bel selfie, ma non c’è nessun punto di arrivo, semplicemente un passaggio.
Personalmente come stai vivendo questo periodo di quarantena? Ne approfitti per scrivere della nuova musica?
La presentazione di un progetto richiede il suo tempo, ora è il momento di Resilienza 2020. Sto surfando, come tutti, l’inquietudine di questo momento cercando di misurare le energie. L’uscita dell’album mi sta dando, comunque, nuove opportunità. C’è nell’aria molta energia, questo è sicuro. Secondo me l’unico modo per superare il momento è trasformarla in una azione prima che sedimenti in pensieri. Quindi sì, è un periodo di grande attività e creatività, in genere.
Puoi raccontare come si è articolata finora la tua carriera?
Ho iniziato giovanissimo a scrivere per teatro, da adolescente avevo diverse band ed ero fondamentalmente innamorato della mia chitarra elettrica. Ho avuto diverse band, esperienze all’estero, ho firmato un contratto importante ma mai decollato. La frustrazione mi ha bloccato, ma grazie ad alcuni “eroi inconsapevoli”, amici, mi sono riavvicinato alla musica collaborando per artisti italiani e su diversi progetti alternativi. Oggi lavoro come producer, come per Sherol Dos Santos, e compositore per audiovisivo. E questo mi appaga moltissimo.
A chi consiglieresti assolutamente l’ascolto di Resilienza 2020 e come hai curato la parte visuale del progetto (video, streaming…)?
Lo consiglio a chi ama il cinema, le serie, a chi legge e non ha paura di viaggiare. Lo consiglio a chi crea, scrive, dipinge, racconta. A parte il singolo Resilienza, che è uno scatto di Alessandro Vona, la cover del disco è un dipinto di Mazzulli del 1967 che ritrae, in un cielo indaco, quattro uccelli di colori diversi circoscritti in un quadrato rosso. Dal quadro nasce il video del singolo realizzato da Piero Perilli, un bellissimo racconto di questo tempo. Il secondo video sarà veramente una sorpresa. Produrre il materiale in quarantena è veramente una sfida, ma sono vincoli che ti aiutano a superare i tuoi limiti e ho trovato validissimi collaboratori sulla mia strada.
Quali sono i tuoi artisti preferiti?
Ci sono molti compositori di colonne sonore, da Zimmer alla bravissima Hildur Guðnadóttir di Joker. Adoro il suono di Muse e loro concerti come NIN e Radiohead, ma nel mio cuore ci sono anche Duran Duran e Johnny Cash. Mi piace la “musica”; i testi, a volte sono straordinari, a volte sono solo dei suoni, e va bene così. Non tutte le canzoni, d’altra parte, hanno la magia di Imagine, in cui è il suono delle parole, oltre al loro significato, a rendere la melodia magica.
Che album stai ascoltando in questo periodo?
Oggi ho riascoltato Westworld di Ramin Djawadi e seguo random quello che mi suggerisce l’algoritmo di Spotify o il mio pusher musicale, Nunzio.
Susanna Marinelli
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