Il senso di Hitler: in tour tra i nazisti

Il senso di Hitler è il documentario realizzato da Petra Epperlein e Michael Tucker basandosi sull’omonimo libro di saggistica scritto nel 1978 dal giornalista tedesco Raimund Pretzel sotto pseudonimo di Sebastian Haffner.

Partendo dall’analisi del testo, i due registi si chiedono “Perché Adolf Hitler, ancora?”.

Se si pensa alle pubblicazioni, ma, soprattutto, all’ormai sterminato elenco di documentari realizzati sulla figura inq uestione, si potrebbe quasi parlare di un Hitler Channel, parafrasando uno dei canali che maggiormente beneficiano in audience. Il paradosso che si è sviluppato con internet fa porre ai due autori domande scottanti sul fascino del male, se siamo in grado di far comprendere ed educare le nuove generazioni a proposito dell’impatto devastante della Germania Nazista e del suo Adolf. Il documentario è un vero e proprio tour nei luoghi del nazismo e della vita di Hitler e analizza o, almeno, tenta di far comprendere perché ormai perfino le star su TikTok usino il “terribile dal baffetto” per attirare spettatori. I movimenti di destra di tutto il mondo ancora ne subiscono l’influenza iconografica (basterebbe citare il recente funerale svoltosi a Roma con tanto di bandiera nazista). Epperlein e Tucker cercano a modo loro, con equilibrio, di comprendere un fenomeno che vanta ormai una sterminata bibliografia, e, di sicuro, ciò che emerge è che, con tutti i suoi difetti e le sue paranoie, Hitler era tutt’altro che un pazzo maniaco folle. E, forse, questa è già una conclusione inquietante. Inoltre, tentano di intuire per quale motivo esistano tante leggende attorno a questo temibile personaggio storico. Perchè nei film di Hollywood (e non solo) la sua fine non viene mai rappresentata in modo crudo, ma sempre dietro una porta? Perché il lungometraggio Il trionfo della volontà, diretto da Leni Riefensthal nel 1935, viene ancora oggi imitato?

Se la geniale regista non fosse stata nella Germania nazista ma nata in America, di sicuro sarebbe stata maggiormente esaltata. Il senso di Hitler conduce attraverso nove paesi per raccontare e cercare di spiegare, appunto, il “senso”, con interviste al  romanziere Martin Amis,  che dice che “Hitler resiste alla comprensione”, e allo storico e professore israeliano Yehuda Bauer, il quale afferma “Non puoi mettere Hitler sul divano di uno psicologo”. Mentre prendono la parola anche lo psichiatra Peter Theiss-Abendroth e lo storico e professore Saul Friedlander, i cui genitori furono uccisi ad Auschwitz. Quest’ultimo parla della qualità performativa di Hitler e avverte della “propaganda… riconfezionata come realtà”. Il romanziere Francine Prosedice, poi, dice de Il trionfo della volontà che “ti fa arricciare la carne”; il curatore del museo del Berlin Story Bunker, Enno Lenze, invece, non riesce a nascondere lo smarrimento nella sua voce quando dice che molti visitatori americani gli chiedono durante il tour se sia veramente sicuro che l’ex cancelliere sia morto. Ma, oltre ai citati esperti, il documentario cerca l’inclusione con i vari negazionisti dell’Olocausto, inserendo anche inutili confronti con l’ex Presidente degli Stati Uniti Donald J.Trump, paragonato, appunto, ad un novello Hitler. Tra le star dei social media del negazionismo troviamo PewDiePie.

Poi vi è lo storico inglese caduto in disgrazia David Irving, che aveva a quanto pare falsificato dei dati per distorcere la verità sull’Olocausto e che ne Il senso di Hitler, fuori dal campo di Treblinka, dice ridendo: “Gli ebrei … non amano nessun tipo di lavoro manuale. A loro piace solo scrivere ricevute”. Dall’Austria e Germania, luoghi di formazione dl Führer, tra filmati d’archivio riguardanti discorsi e raduni di Hitler messi a paragone con altre manifestazioni di massa quali una vittoria nella Coppa nel Mondo in Francia o una manifestazione di estrema destra in Polonia, ci viene illustrato come, a livello tecnologico, un microfono di nuova concezione, all’epoca, abbia notevolmente aiutato il dittatore nell’efficacia dei suoi comizi. In definitiva, però, anche il confronto con l’audio dei discorsi di Trump risulta debole e lo spettatore resta più affascinato che spaventato dal  culto hitleriano. Come dice il cacciatore di nazisti Serge Klarsfeld, “La storia non ha una direzione precisa”. E, forse, sperare che tutti prendano le stesse lezioni dal passato è un’illusione. Quindi, Il senso di Hitler finisce per sembrare quasi l’ennesimo successo pubblicitario per una figura che rischia di perpetuarsi in modo pervasivo grazie al continuo sviluppo dei social. Magari, sarebbe stata utile nel documentario la frase della senatrice sopravvissuta all’Olocausto Liliana Segre :“Temo di vivere abbastanza per vedere cose che pensavo la storia avesse definitivamente bocciato, invece erano solo sopite”.

 

 

Roberto Leofrigio