Il varco: realtà e finzione nella tragica storia dell’ARMIR

Il varco è un docu-film realizzato da Federico Ferrone e Michele Manzolini, presentato alla settantaseiesima Mostra del Cinema di Venezia nella sezione Sconfini.

I due registi, che lavorano insieme da molto tempo e che hanno dedicato gran parte della propria carriera all’uso creativo dei repertori audiovisivi, miscelano abilmente materiali d’archivio, documentario e cinema di finzione.

Questa loro nuova opera si basa sui diari dei soldati Guido Balzani, Remo Canetta, Enrico Chierici, Adolfo Franzini, Nuto Revelli e Mario Rigoni Stern. Co-sceneggiato con Wu Ming 2, Il varco è una storia storia di finzione costruita, appunto, con filmati di repertorio ufficiali e amatoriali e che vede al centro le vicende di un soldato italiano in partenza per il fronte russo, facente parte del corpo di spedizione dell’ottava armata italiana meglio nota come ARMIR, Armata Italiana in Russia, durante la Seconda Guerra Mondiale.

Un lungometraggio che ci porta subito nel contesto storico del 1941, quando, a Giugno, la Germania Nazista invade l’Unione Sovietica e l’Italia, nel corso del mese successivo, invia i primi soldati al fronte ucraino, luogo dove oggi si combatte ancora una  guerra: quella del Donbass. Attraverso la voce narrante di Emidio Clementi, ci restituisce in modo diretto e senza retorica le sensazioni e il pensiero del soldato protagonista.

Il materiale d’archivio raccolto dai due registi è per gran parte inedito, frutto di un lungo lavoro di ricerca, e si interseca con la narrazione del del soldato, alternandosi poi a recenti immagini a colori degli stessi luoghi.

Il Varco

Il risultato è decisamente coinvolgente, grazie anche alla splendida colonna sonora di Simonluca Laitempergher, e riesce a portarci all’interno di atmosfere e luoghi che difficilmente un film di finzione potrebbe ricostruire. Viceceversa le immagini di repertorio della Notte di Sant’Elia, nel villaggio transilvano di Borsa, luogo di sosta per l’armata in marcia per il fronte, costituiscono un vero pezzo di storia, insieme a molti altri momenti di altissimo valore storico del docu-film.

Insomma, un qualcosa di molto differente dal gelido documentario che spesso mischia, malamente, molte immagini. Ferrone e Manzolini sono molti attenti alla cronologia, ai luoghi, al momento, e ci restituiscono i pensieri di quei soldati che per la maggior parte sono caduti nella fredda steppa o sono rimasti prigionieri a lungo (se non per sempre) nei campi di concentramento russi dopo l’armistizio dell’8 Settembre. E ci rammenta anche di quelli che hanno disertato e che, forse, hanno realizzato una nuova vita in compagnia delle innumerevoli vedove dell’Armata Rossa.

In conclusione, Il varco è una splendida opera che merita la pur breve uscita cinematografica, per ricordarci la tragica storia dei nostri soldati caduti in quei luoghi.

 

 

Roberto Leofrigio