In blu-ray arriva l’irriverenza comica de Il vizietto – La trilogia, con Ugo Tognazzi e Michel Serrault

Non c’è mai stata omosessualità più divertente di quella inscenata nella trilogia francese de Il vizietto, che, ispirata ad un’opera teatrale di Jean Poiret del 1973, fece proseliti dalla fine degli anni Settanta in poi, interpretata dall’affiatata coppia costituita dal nostro Ugo Tognazzi e dal francese Michel Serrault. Loro sono rispettivamente i quasi coniugi gay Renato Baldi e Albin Mougeotte, innamorati da molti anni e conviventi, nonché proprietari del locale La cage aux folles, dove, con successo, si esibiscono esclusivamente artisti travestiti da donne.

In un appuntamento col cinema che, ora disponibile nel cofanetto blu-ray Koch Media Il vizietto – La trilogia, per la prima volta rompeva barriere sociali fino ad allora mai affrontate in modo così sarcastico e divertente, con la sincerità d’animo del “diverso” confrontata al rigido mondo dei moralisti duri e puri.

 

Il vizietto (1978)

Renato (Tognazzi) e Albin (Serrault) sono uniti in amore e in affari, gestendo entrambi un lussuoso locale di Saint Tropez, La cauge aux folles, dove si esibiscono solo artisti omosessuali, tra cui Albin stesso che è la regina del posto col nome di Zaza Napoli. Improvvisamente, però, l’idillio tra i due viene interrotto da una dichiarazione di Laurent (Rémi Laurent), figlio di Renato avuto da una relazione passata con una donna: il giovane ha intenzione di sposare l’amata Andréa (Luisa Maneri), figlia di Simon Charrier (Michel Galabru), rigido deputato di un partito politico incentrato sull’integrità morale. Fare incontrare le due famiglie si rivela quindi la più bizzarra delle idee, generando uno scontro tra due mentalità agli antipodi che sortisce le dovute conseguenze tragicomiche.

Oggi, nel terzo milennio, epoca in cui l’universo gay sta avendo, piano piano, i suoi degni riconoscimenti a livello sociale, è facile intuire come il film diretto da Edoauard Molinaro Molinaro e prodotto da Marcello Danon fosse non poco all’avanguardia per l’epoca in cui venne concepito, grazie alla sua maniera di affrontare tematiche delicate quali l’omosessualità nell’allora mondo moderno con fare divertito e divertente. E l’accoppiata esplosiva Tognazzi/Serrault rappresenta la più vincente delle scelte, inscenando un immortale canovaccio della risata, una sorta di Indovina chi viene a cena? all’inverso, ancora oggi imbattuto e addirittura rifatto nel 1996 dagli americani col titolo Piume di struzzo, ponendo nei ruoli di protagonisti Robin Williams e Nathan Lane sotto la regia di Mike Nichols.

Venne candidato agli Oscar per la miglior regia, la miglior sceneggiatura (di Molinaro, Poiret, Danon e Francis Veber) e i migliori costumi, ottenendo inoltre un Golden Globe come miglior film straniero e un meritato César per il miglior attore a Serrault.

 

Il vizietto 2 (1980)

Dopo tanti anni passati insieme, Renato (Tognazzi) e Albin (Serrault) sembrano attraversare una piccola crisi dal momento in cui il secondo crede di non essere più attraente agli occhi del suo compagno. Per ricredersi decide quindi di sedurre un uomo misterioso che, improvvisamente, viene ucciso riuscendo però a nascondere, prima di morire, un microfilm in tasca ad Albin. Che non può fare a meno di trovarsi coinvolto in una sequela di situazioni pericolose, inseguito da loschi figuri e killer spietati, costretto a fuggire in Italia dai rigidi familiari di Renato, agli occhi dei quali cercano di passare per marito e moglie con i risvolti esilaranti del caso.

Diretto come il film precedente da Molinaro, questo sequel alza il tiro e getta dell’intrigo poliziesco tra le sue divertenti trame, in modo da rendere originale e divertente il nuovo appuntamento comico. In più si aggiunge quel pizzico di italianità pura, già presente ne Il vizietto, atto ad affiancare ai grandi Tognazzi e Serrault una galleria di volti nostrani quali Paola Borboni, Glauco Onorato e Giovanni Vettorazzo; senza escludere un caratterista da puro poliziesco anni Setttanta: il francese Marcel Bozzuffi de Il braccio violento della legge.

Trailer italiano nella sezione extra.

 

Matrimonio con vizietto (Il vizietto 3) (1985)

A seguito della morte di un sua ricca zia duchessa, Albin (Serreult) effettua un lungo viaggio verso la Scozia per scoprire cosa gli spetta in eredità; ma apprende che un’ingente somma di diversi miliardi sarà sua solo se riuscirà a rispettare una particolare clausola: dovrà sposarsi e avere figli entro diciotto mesi, altrimenti tutti i beni andranno direttamente nelle tasche del cugino Mortimer (Saverio Vallone). Un imprevisto che lo sconforta totalmente, portandolo a decidere di rifiutare e di tenere tutto nascosto al suo compagno Renato (Tognazzi); il quale, scoperto ciò che sta accadendo, preferisce ingegnare uno stratagemma pur di agguantare l’eredità in questione, anche perché il loro locale Le cauge aux folles non sta andando bene con gli affari.

Diretto da Georges Lautner, l’ultimo atto di una saga che ha saputo farci ridere tra le righe di un argomento cinematograficamente mai abbastanza affrontato col giusto piglio si rivela la degna chiusura dell’appuntamento con due vincenti beniamini della risata quali Tognazzi e Serrault. Stavolta l’ombra dell’eterosessualità sembra irrompere più del dovuto nella vita di coppia dei due, creando quelle giuste vicissitudini comiche del caso e generando una sequela di gag degne di questa trilogia. Su uno script che, tra l’altro, vede coinvolto il nome di Jacques Audiard, futuro regista de Il profeta e Dheepan – Una nuova vita. Anche qui il comparto attoriale comprende volti italiani, da Vallone ad Antonella Interlenghi, fino a Pier Francesco Aiello.

Come per i due lungometraggi precedenti, le musiche sono composte dal grande Ennio Morricone, che con le sue note leggere scandisce alla perfezione l’atmosfera di questi tre titoli oggi ancora indimenticati.

 

Mirko Lomuscio