In blu-ray in versione restaurata Ultimo tango a Parigi di Bernardo Bertolucci, con Marlon Brando

A quasi cinquant’anni dalla sua realizzazione, Ultimo tango a Parigi rimane uno dei film più discussi della storia, avendo rischiato di essere bandito per sempre e, addirittura, di finire al rogo come ai tempi dell’Inquisizione spagnola.

L’opera di Bernardo Bertolucci ormai è un qualcosa di incancellabile nella cinematografia mondiale, una sorta di punto di non ritorno del cinema scandaloso, che dall’anno della sua uscita, il 1972, suscita più di qualche prurito sessuale nei milioni di spettatori che lo guardano.

Reduce dal successo de Il conformista, il regista prese un Marlon Brando indirizzato verso una rinascita artistica, avvenuta di lì a poco grazie a Il padrino, e una giovane attrice sconosciuta e poco più che maggiorenne, Maria Schneider. Li mise entrambi al cospetto di un’opera misteriosa quanto sensuale, volta a raccontare, nel suo contesto altamente erotico, la decadenza di una borghesia allo sbando, i cui muri della moralità stavano cedendo per via del tempo che passa e che, inevitabilmente, cambia tutto.

Siamo a Rue Jules Verne, nel bel mezzo di una Parigi fagocitata dall’estro creativo di artisti e dalla vita agiata di personaggi medio borghesi. Qui fanno il loro incontro la giovane Jeanne (Schneider) e il misterioso americano Paul (Brando), conosciutisi per caso nell’appartamento che lui sta dando in affitto, dopo essere uscito da una recente tragedia.

Entrambi, l’uno dell’altra, non sanno nulla e nulla si dovrà sapere, le regole sono chiare: i due si vedranno quando vogliono in questa abitazione vuota e senza mobilio, sfogando i propri istinti sessuali e lasciandosi alle spalle le vite private, fatte di storie coniugali o tragedie impensabili.

Jeanne infatti è legata sentimentalmente a Tom (Jean-Pierre Léaud), un artista che lavora come documentarista, mentre Paul è reduce dal suicidio della moglie, una parentesi nera che ha intenzione di cancellare assolutamente. Ma, più la coppia clandestina andrà avanti, più sarà difficile rendersi indifferenti dell’amore che provano l’uno per l’altra, fino ad un inevitabile epilogo.

Tornare a parlare di Ultimo tango a Parigi fa sempre un certo effetto, perché non solo si ha a che fare con un titolo che ha mutato un certo pensiero cinematografico, ma ci si trova di fronte ad un contesto che cambiò nella società dell’epoca, che nel film di Bertolucci si trovava di fronte al riflesso del decadimento alto borghese dei primi anni Settanta.

Conscio di tutto questo, l’autore de L’ultimo imperatore alza il tiro e porta avanti il racconto attrverso emblematici monologhi immensi tra il Paul di un sempre grande Brando (per lui una nomination agli Oscar, come anche per la regia di Bertolucci) e la Jeanne di una bellissima Schneider, il cui culmine emotivo arriva poi con la fatidica scena del burro, che tanto ha scosso gli animi di ogni singolo spettatore.

E, se il cast è completato dalla presenza del truffautiano Léaud, di Massimo Girotti e di Catherine Breillat, futura autrice di film scandalo come Romance e Pornocrazia, non poco fondamentale è anche il comparto tecnico, costituito da fidi collaboratori di Berolucci; dal Vittorio Storaro cui dobbiamo l’ammaliante fotografia al Franco Arcalli – anche sceneggiatore del film insieme al regista – dispensatore del raffinato montaggio, fino allo scenografo Ferdinando Scarfiotti.

CG Entertainment (www.cgentertainmenti.it) edita su supporto blu-ray Ultimo tango a Parigi in una versione restaurata curata dal Centro Sperimentale di Cinematografia – Cineteca Nazionale. Con due estratti quali contenuti extra: Ultimo tango a Parigi: un film al rogo, ventisei minuti di un episodio della serie Prometeo: la cultura alla sbarra, programma datato 1996 di Luigi Di Majo a cura di Maria Pia Ammirati, con Di Majo e Nicoletta Picchio; Un passato avventuroso, ovvero un’intervista di trentasette minuti a Felice Laudadio e Daniela Currò della Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografia, con inserti audio presi dalla conversazione avvenuta nel 1972 tra Gideon Bachmann e Bertolucci.

 

 

Mirko Lomuscio