Dopo aver per lungo tempo sognato, inseguito e analizzato il viaggio verso la luna, il mondo della cinematografia (e della letteratura) fantascientifica ha rivolto per altrettanto lungo tempo anche una certa attenzione nei riguardi della vita su Marte, immaginando e progettando escursioni al di là delle futuristiche probabilità, con i risvolti narrativi e fantasiosi del caso.
Un espediente che ha spesso rappresentato anche un metodo per poter analizzare a livello sociale la condizione umana, mettendo le persone di fronte a determinate probabilità che vanno oltre l’immaginabile; come fatto dall’autore svedese Harry Martinson attraverso il suo poema Aniara, che racconta di un’eventuale epoca futura dove il raggiungimento del pianeta rosso è possibile, dopo che la Terra stessa risulta ormai prosciugata di ogni risorsa.
Uno scritto che nel 1960 divenne un film per la tv per la regia di Arne Arnbom e che nel 2018 è stato riproposto nel lungometraggio scandinavo (ma co-finanziato dagli USA) dalla produzione spettacolare, con l’ausilio di effetti visivi e scenografie degne di nota per il genere fantascientifico: Aniara – Rotta su Marte, diretto dagli esordienti Pella Kagerman e Hugo Lilja.
Siamo in un lontano futuro e il pianeta Terra che conosciamo non esiste più, reso luogo inabitabile dagli esseri umani, i quali decidono quindi di trasferirsi su Marte. Tra i mezzi che possono consentire questo lungo viaggio vi è la navicella Aniara, che ospita un gran numero di passeggeri, mettendoli a proprio agio in un lussuoso soggiorno della durata di tre settimana. A causa di un imprevisto incidente, però, la rotta del veicolo viene deviata verso una zona remota, sconosciuta, dove, una volta entrate, le persone non riusciranno più ed essere ragionevoli e a contenere il panico che le attanaglia. Sopravvivere ed arrivare alla meta stabilita, di conseguenza, sarà un obiettivo più che arduo per tutti i passeggeri, tra i quali vi è la giovane Mimaroben (Emelie Johnsson).
Quando la fantascienza si tinge di sociologia, Anaria – Rotta su Marte intende sviluppare i suoi potenti argomenti traendo una conclusione che guardi alla società d’oggi (o, meglio ancora, del futuro).
Kagerman e Lilja scrutano sempre più negli animi dei loro personaggi e negli effetti che la situazione descritta crea nell’inconscio, al fine di aprire gli orizzonti della fantasia quanto meglio si possa immaginare.
L’essere umano qui mostrato si accontenta di vivere nell’assoluta staticità di un regno artificioso, fatto di realtà virtuali e piccoli spazi dove poter assaporare i propri agi. Non ha alcun obiettivo esistenziale, ma è quando entra in gioco l’aspetto thriller che Aniara – Rotta su Marte si articola in qualcosa in grado di andare ben oltre, mostrando i limiti di sopportazione di una civiltà che vive rinchiusa in se stessa e che mai sarà destinata ad evolversi.
Con questo discorso il film di Kagerman e Lilja ci suggerisce che la vera fantascienza, forse, non vive tra le stelle, bensì nella mente dell’uomo, capace della peggiore delle minacce quando non riesce a lasciare spazio alla ragionevolezza.
Edito in blu-ray da Koch Media, con il trailer nella sezione extra.
Mirko Lomuscio
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