Dopo il Leone d’oro ottenuto nel 1997 da Hana-bi – Fiori di fuoco, Takeshi Kitano divenne un autore decisamente più in vista, nonostante il culto che si era già ritagliato dai tempi della sua opera prima datata 1989: Violent cop.
Quindi, un anno dopo aver realizzato nel 1999 l’intimo e intimista L’estate di Kikujiro, ha azzardato ad una co-produzione tra USA e Giappone ( con il Jeremy Thomas produttore de L’ultimo imperatore), dando vita ad un’altra potente pellicola ruotante attorno al mondo gangsteristico della yakuza e della filosofia di vita e di morte che si porta dietro: Brother.
Un racconto di uomini al di là della legge, alle prese con conseguenze esistenziali che non si possono evitare, considerato il tenore di vita sempre allo sbando. La storia di Aniki Yamamoto, interpretato da Kitano stesso, un esponente della yakuza che vede la propria gang sfaldarsi alla morte del suo boss. Tradito dal fratello alla pari, Aniki si vede costretto a fuggire negli Stati Uniti, dove vive il minore Ken (Claude Maki) e cominciare qui una nuova vita. Anche Ken, però, si sta dedicando alla vita criminale e forma proprio insieme al fratello un’altra gang arrivando a dominare determinate zone ed a mettere i bastoni tra le ruote alla mafia locale, comandata dagli ispanici, dagli italoamericani e dagli stessi orientali.
Autore sopraffino, nonché vero poeta ed esteta della violenza che si insidia nell’universo gangster, con Brother Kitano mette a segno un altro bel colpo, dando vita ad un’opera di grande ampiezza visiva e morale, con quei suoi attimi di assoluta introspezione tra una sequenza violenta e l’altra.
Ricorrendo per la prima volta ad un’ambientazione americana, riesce a rendere universale il proprio cinema, senza però perdere un briciolo della propria natura registica e arrivando ad uniformare nuovamente un racconto criminale sullo sfondo di uno sguardo a tratti anche infantile (come è solito fare). Racchiudendo così questa trama in un percorso di crescita a suo modo inverso (da uomini criminali si torna indietro, come bambini in vena di giochi).
Sfruttando un cast variegato e internazionale (citiamo la presenza dell’attore afro Omar Epps, visto in Scream 2), Brother scatena tutta la sua concentrazione visiva sulla scalata al potere di questo gruppo di protagonisti, tra sparatorie intense e gesti di grande esasperazione violenta (il momento delle bacchette, quello dell’auto-sbudellamento), toccando l’apice creativo di un autore che ha sempre dato il massimo in questi contesti noir.
Come il titolo suggerisce, una storia di “fratelli”, chi di sangue, chi per scelta. Un racconto in fotogrammi che descrive l’uomo in tutte le sue debolezze e insensatezze, riuscendo anche ad imprimere un sottotesto ironico in mezzo al tutto ciò, nonostante l’alto tasso di dramma.
Risate, lacrime, sangue e senso dell’onore si mescolano in Brother, senza perdere mai di vista il filo conduttore che unisce ogni protagonista: la fedeltà d’animo. Edito per la prima volta in blu-ray grazie a CG Entertainment (www.cgentertainment.it), con il trailer e l’estratto Scenes by the sea (quarantotto minuti di durata) nella sezione extra.
Mirko Lomuscio
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