Nonostante i tanti anni passati a costruirsi una carriera come assistente alla regia, avendo preso parte a titoli qali Il mio nome è nessuno, Profondo rosso e Ultimo mondo cannibale, quello di Stefano Rolla è un nome che, purtroppo, ha cominciato ad essere conosciuto dalla gente soprattutto a partire dal 2003, quando rimase vittima dell’attentato esplosivo ai danni di una base italiana nella tragedia avvenuta a Nassirya.
Attentato in cui era presente anche il suo assistente Aureliano Amadei, il quale, sopravvissuto all’attentato ma non senza conseguenze per la propria salute, ha poi raccontato il tutto in 20 sigarette, con il ruolo del buon Rolla affidato a Giorgio Colangeli.
Il buon Rolla che, tra gli anni Settanta e i Novanta, ha anche trovato il tempo di dirigere tre lungometraggi, a cominciare dal dramma familiare Bugie bianche (Professione: figlio), datao 1979, quindi concepito in un periodo in cui la tematica era particolarente gettonata sullo schermo (del resto, Kramer contro Kramer impazzava vincendo ben cinque premi Oscar).
La storia è quella del giovane Renato (Ronnie Valente), diciassettenne che trascorre la propria esistenza barcamenandosi di famiglia in famiglia, spacciandosi per il figlio dimenticato di qualcuno, con il solo scopo di insidiarsi nelle case altrui, almeno per un buon periodo.
Il prossimo bersaglio è una ricca coppia sposata che abita Venezia, costituita da Marcello (Max Von Sydow) e Luisa (Virna Lisi), i quali lo ospitano con la convinzione che Renato sia nato da una vecchia relazione dell’uomo; e questa convivenza farà affiorare vecchi ricordi e scontri emotivi, finché un imprevedibile epilogo chiuderà definitivamente la pagina familiare.
Col tono dei migliori melò dell’epoca, Rolla si appoggia allo stile tanto in voga allora per ricreare un sentito ritratto sentimentale che vede faccia a faccia genitori e (un ipotetico) figlio; Bugie bianche (titolo originario, poi sostituito nel 1981 col secondo Professione: figlio) è cinema fatto di scontri generazionali, mostrando la faccia di un’anima borghese messa alla berlina di fronte alle responsabilità genitoriali.
Ed è toccante notare come quest’opera prima di Rolla riesca a svilupparsi in un racconto che, al di là della struttura da dramma, nasconde una sorta di sottotesto thriller, dovuto alla profonda psicologia deviata del giovane Renato di Valente (attore poi visto ne Il giardino dell’Eden, del 1980, prima di sparire nel nulla). Danno ovviamente il loro fondamentale contributo le due leggende Von Sydow e Lisi, che confermano la loro grandezza recitativa interpretando questa coppia all’apparenza felice, ma con qualche crepa nel profondo della situazione idilliaca.
Completa il tutto la pienezza delle musiche malinconiche composte da Ennio Morricone, elemento affascinante che porta Bugie bianche (Professione: figlio) al di fuori del totale anonimato, rendendolo ancor più degno di riscoperta a quarant’anni dalla realizzazione.
Riscoperta dovuta al dvd edito da CG Entertainment (www.cgentertainment.it) e Surf Film.
Mirko Lomuscio
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