Senza mai abbandonare il proprio sguardo analitico, tipico del suo cinema dedito allo studio dell’essere umano e di cosa lo porti a compiere determinati gesti, Marco Bellocchio decise nel 1986 di cavalcare l’onda dell’intrattenimento scandaloso che tanto andava di moda all’epoca, tra opere erotiche e softcore (erano i tempi del boom brassiano).
Portò quindi sullo schermo Diavolo in corpo, provocatorio e intriso di introspezione politica, nonché ispirato liberamente al romanzo omonimo di Raymond Radiguet.
Lui, il regista de I pugni in tasca, ne trae un prodotto indirizzato a descrivere il complicato profilo femminile di una donna, una protagonista dalla bellissima presenza e lo sguardo magnetico interpretata dalla Maruschka Detmers che nel 1983 fu nel chiacchierato Prenom Carmen del maestro della Nouvelle Vague Jean-Luc Godard, dimostrando di non fermarsi di fronte a nulla quando c’è da spogliarsi.
Infatti, anche qui non si tira indietro, ricoprendo il ruolo della fragile Giulia Dozza, dal padre commissario di polizia, che presto incrocia il proprio destino con quello del liceale Andrea (Federico Pitzalis), figlio dello psicanalista che la tiene in cura, il quale l’ha notata durante un tentativo di suicidio da parte di una donna africana.
Tra i due scatta una focosa relazione, che li porta al cospetto di una travagliata storia, considerando che Giulia è promessa sposa di un terrorista pentito sotto processo e accusato dell’omicidio del padre di lei.
Dedicando la pellicola al suo psichiatra terapeuta Massimo Fagioli, Bellocchio con Diavolo in corpo conduce il proprio cinema ad uno stadio nuovo, portandolo ad una serie di siparietti scandalosi, trasudanti erotismo sfrenato e provocatorio. E due sono i momenti topici di questo eros senza freni: quando Giulia decide di soddisfare il proprio uomo brigatista masturbandolo sotto al tavolo del parlatorio del carcere e quando pratica una fellatio non simulata al giovane Andrea.
In questo contesto il regista porta avanti il suo racconto fatto di scontri emotivi (e anche generazionali, se vogliamo), derivando da una semplice storia d’amore estremo anche la più significativa metafora politica, sfruttandola in una trama per nulla poco intricata e rivolta ai vecchi scheletri nell’armadio del nostro paese (la parentesi dedicata alle Brigate Rosse).
Per portare avanti il discorso, sorregge l’intero racconto sul corpo nudo della bellissima Detmers, femme fatale dalle numerose sfumature e cardine dell’intera visione di Diavolo in corpo, affiancata da Pitzalis alla sua unica incursione nel mondo del cinema (oltre che qui, è nei ringraziamenti di Buongiorno, notte, sempre di Bellocchio).
Edito in dvd da Mustang Entrtainment, con un ricco comparto extra: Roma – 1985 Interviste sul set Bellocchio, Pitzalis, Pescarolo (durata dieci minuti), Roma – 1985 Set Diavolo in corpo – “Stupor depressivo” (cinque minuti), Parigi 1986 – Marco Bellocchio intervista Maruschka Detmers (trentanove minuti), Parigi 2010 – Intervista a Maruschka Detmers (diciannove minuti), Roma 2010 – Intervista a Bellocchio (quindici minuti).
Mirko Lomuscio
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