I primi anni Ottanta vennero segnati da uno stuolo di comici dalle battute folgoranti che rappresentarono una vera e propria scuola della risata nell’Italia del Nord, tra Jerry Calà e I Gatti di Vicolo miracoli, Massimo Boldi, Teo Teocoli e, infine, Diego Abatantuno, col suo terrunciello dall’accento pugliastro.
Nello stesso periodo, quest’ultimo fu lanciato anche nel mondo della Settima arte grazie all’occhio di Steno, al secolo Stefano Vanzina, colui che negli anni Cinquanta portò al successo Alberto Sordi grazie a Un giorno in pretura e Un americano a Roma e che due decenni più tardi regalò al grande Gigi Proietti il suo titolo più celebre a livello cinematografico: Febbre da cavallo. Senza dimenticare che, nel 1972, avviò il filone poliziottesco con La polizia ringrazia.
Quindi, dopo essere stato al servizio di Vanzina jr, ovvero Carlo, in Arrivano i gatti, Abatantuono venne diretto da Steno prima in Fico d’India, datato 1980, poi, un anno più tardi, ne Il tango della gelosia (nel 1982, tra l’altro, per il regista interpretò Sballato, gasato, completamente fuso).
Ne Il tango della gelosia fa coppia con una grande diva del nostro cinema quale è Monica Vitti, insieme alla quale si cimenta in una bizzarra storia di presunti tradimenti e amori non ricambiati, una vicenda ricca di situazioni equivoche e grottesche per conferire la giusta atmosfera leggera alla trama in questione.
La storia raccontata è quella della bella Lucia (Vitti), sposata al principe Giulio Lovanelli (Philippe Leroy), la quale vive negli agi assoluti, ma non si sente per niente desiderata dal suo uomo. Per far sì che lui possa volgerle un po’ di attenzione, la donna si spedisce da sola fiori e bigliettini d’amore, in modo che Giulio si ingelosisca, ma lui non sembra avvertire alcuna preoccupazione.
Nonostante ciò, l’uomo mette al fianco della moglie una guardia del corpo: l’agente scelto Diego (Abatantuono), da considerare non proprio un professionista del settore, soprattutto per le sue elevate debolezze nei confronti dell’altro sesso. Ovviamente, Lucia farà breccia nel cuore di Diego, ma, innamorata del marito, si servirà della sua guardia per poter inscenare meglio il falso tradimento. Con conseguenze tragicomiche, tra fughe d’amore e inseguimenti di passione.
Avvalendosi dell’alchimia comica tra la Vitti e Abatantuono, Steno concretizza con Il tango della gelosia una pellicola su misura per la coppia di mattatori in questione, mettendo a confronto due generazioni di puro cinema ironico, quello che nasce e cresce sulle continue improvvisazioni dei suoi attori comici.
Quest’opera è un ulteriore tassello della nostra piccola commedia anni Ottanta, quella incentrata maggiormente su vizi e virtù degli italiani, che sarebbe stata rappresentata poi dai titoli diretti dal già citato, compianto Carlo Vanzina. Inoltre, come autore della sceneggiatura troviamo Enrico Vanzina, che spalleggia suo padre in scrittura e gestisce la propria conoscenza dei tempi comici su uno script dal taglio a tratti teatrale (del resto, il film è ispirato ad una commedia di Aldo De Benedetti).
Completano il cast Jenny Tamburi, Tito LeDuc (componente de Le sorelle Bandiera) e Roberta Lerici (nota ai più per essere stata Diamante in Vacanze di Natale); mentre la canzone che dà il titolo al film, curiosamente, è reinterpretata dalla Vitti insieme ai Camaleonti.
Edito in dvd, da master in alta definizione, grazie a Mustang Entertainment (www.cgentertainment.it).
Mirko Lomuscio
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