In limited edition blu-ray la seconda stagione di Eli Roth’s History of horror

Dopo aver reso disponibile in home video la prima stagione di Eli Roth’s History of horror, Koch Media ne lancia nella propria collana Midnight Factory anche la seconda, come la precedente in limited edition a doppio blu-ray corredata di booklet all’interno della confezione. Quindi, sei nuove puntate – della durata di circa quarantadue minuti ciascuna – della docu-serie in cui il cineasta americano autore di Hostel e The Green Inferno intende esplorare la storia del cinema horror attraverso la sua genesi e le sue ispirazioni, interpellando studiosi della Settima arte, colleghi e tecnici.

Il coinvolgente proseguimento di un autentico viaggio alla scoperta dell’evoluzione della celluloide che, da sempre, ci terrorizza e che avevamo cominciato tra zombi, slasher movie, possessioni demoniache, creature assassine, vampiri e storie di fantasmi.

 

Episodio 1: La casa sulle porte dell’inferno

Con immagini di cult e classici quali Chi è sepolto in quella casa?, Gli invasati, Psycho e La casa, si comincia dalla tematica delle abitazioni maledette, uno dei cui massimi esempi cinematografici è l’Amityville horror del quale parlano il protagonista James Brolin, l’Andrew Douglas che ne ha diretto il remake e Tony Timpone, editore della popolare rivista Fangoria. Ma, mentre il Re della paura su carta Stephen King osserva che secondo lui Misery non deve morire è un film altamente spaventoso e Mick Garris – regista de I sonnambuli – lo spalleggia asserendo che in quel caso Rob Reiner colse nel segno, ricordando anche che James Caan non aveva mai recitato prima in un horror, Rob Zombie dichiara che per realizzare il suo La casa dei 1000 corpi è come se avesse frullato Non aprite quella porta e The rocky horror picture show per ottenere qualcosa di crudo e rozzo. Lo stesso La casa dei 1000 corpi di cui intervengono gli attori Chris Hardwick e Bill Moseley, al Joe Hill figlio del citato King, all’effettista Greg Nicotero, alla critica cinematografica Jordan Crucchiola e a Scott Derrickson, il quale racconta che Strade perdute di David Lynch gli ha fatto capire come rendere più spaventose le pellicole Super 8 presenti nel suo Sinister. E, tra Quella casa nel bosco e L’ultima casa a sinistra, c’è anche il tempo di ricordare che Il castello maledetto di James Whale è stato uno dei primi lavori in fotogrammi a far sì che una fatiscente casa gotica rispecchiasse la follia della famiglia che la abita.

 

Episodio 2: Mostri

Joe Dante dice che quando sei ragazzino vuoi vedere i mostri e che  più mostruosi sono e meglio è; poi, però, cominci a capire che meno li vedi e più diventa spaventoso il film. È questa sua osservazione ad apparire tra le maggiormente rappresentative di un episodio che, spaziando da Alien (e il suo precursore Dark star) ai giapponesi kaiju, vede intervistati il Don Mancini creatore della bambola assassina Chucky, l’attore Jack Black, lo scrittore Max Brooks, Ryan Turek della Blumhouse production, il direttore della fotografia Dean Cundey, il regista Edgar Wright e Quentin Tarantino, secondo il quale il King Kong del 1933 altro non voleva essere che una metafora della discriminazione del maschio nero nella società americana. Il King Kong di cui viene effettuato anche uno sguardo alle successive versioni e a proposito del quale il montatore Bob Murawski elogia la stop motion a cura di Willis O’Brien. E, se da un lato si cita la fantascienza degli anni Cinquanta, da La guerra dei mondi a Blob – Fluido mortale, dall’altro viene ricordato che La cosa di John Carpenter, pesantemente criticato ai tempi della sua uscita nelle sale, è considerato da molti come il più grande film di mostri di tutti i tempi, realizzato in un periodo in cui gli effetti speciali avevano cominciato a fare grandi progressi. Neville Page, creature designer di A quiet place – Un posto tranquillo, il cabarettista Dana Gould, lo storico e critico David J. Skal, il cineasta norvegese André Øvredal, Andy e Barbara Muschietti, rispettivamente regista e produttrice dei due It, sono gli altri ospiti di questo escursus che, inoltre, spiega come Cloverfield abbia attinto dai tragici ricordi dell’11 Settembre 2001 e Godzilla dalla tematica dell’atomica. Senza contare le grottesche incarnazioni delle paure adolescenziali in Scary stories to tell in the dark.

 

Episodio 3: Body horror

Stavolta si affronta il body horror e, ovviamente, spicca il nome del canadese David Cronenberg, la cui predilezione per il filone potrebbe essere dovuta, a quanto pare, alla morte della madre per cancro. Il Cronenberg di cui scorrono, tra le altre, immagini di Videodrome e La mosca. Ma, tra dichiarazioni di Elijah Wood e della Katharine Isabelle della trilogia Licantropia, è anche Hellraiser di Clive Barker a trovarsi al centro della puntata, definito dal musicista Christopher Young “una storia d’amore malata”. Un classico dello splatter che ha aperto la strada ai mostri sessualmente aggressivi grazie alla figura dei cenobiti, dal look ispirato alla cultura sadomaso e che secondo la protagonista Ashley Laurence sono la perfetta combinazione di carnale e ultraterreno. La Laurence rientrante, appunto, nello stuolo di intervistati insieme ad Ari Aster, autore di Midsommar – Il villaggio dei dannati, il critico cinematografico Leonard Maltin, il Keith Gordon interprete di Christine – La macchina infernale e oggi regista, i Rider Strong e Jordan Ladd di Cabin fever e Brian Yuzna, il quale ha sempre pensato che orrore, sesso e morte siano collegati. Oltre a rivelare influenza proveniente dall’orgia finale da I dieci comandamenti per quella da lui messa in scena in Society – The horror, con i ricchi visti come forme parassitarie che si nutrono dei poveri. E, mentre si parla anche di body horror a base di donne punitrici, da Audition di Takashi Miike all’aliena succube di Under the skin di Jonathan Glazer, c’è il tempo di tirare in ballo The elephant man di David Lynch, fugaci fotogrammi di The human centipede di Tom Six e Freaks, il capolavoro di Tod Browning bandito per decenni in molti paesi. Capolavoro che secondo John Landis rovescia la tradizione generando grande simpatia per i mostri, interpretati da autentici fenomeni da circo.

 

Episodio 4: A proposito di… streghe

Archetipo di creatura malvagia che è tutto ciò che una donna non deve essere, la figura della strega è al centro di questo quinto appuntamento, spaziante da The Blair witch project – Il mistero della strega di Blair, primo found footage divenuto un grande successo e anche primo film a sfruttare internet per vendere biglietti, al Suspiria di Luca Guadagnino. Passando ovviamente per l’originale di Dario Argento, considerato opera lirica dei film sulle megere, al contrario de Le streghe di Salem di Rob Zombie, che del filone può essere visto come nenia black metal. Brian Henson, invece, ci parla di Chi ha paura delle streghe? di Nicolas Roeg; man mano che a prendere la parola sono il direttore della fotografia e regista Ernest Dickerson, la musicologa Morgan Woolsey, gli attori Joshua Leonard, Alexandra Billings, Megan Fox e la Milly Shapiro vista in Hereditary – Le radici del male. Ma non mancano neppure Le streghe di Eastwick, Hocus pocus, Slash, chitarrista dei Guns’n’roses che dice la sua a proposito di The witch di Robert Eggers, e l’Andrew Fleming al quale dobbiamo il cult anni Novanta Giovani streghe. Cult che usa la stregoneria come metafora relativa alla droga esplorando, allo stesso tempo, il mondo delle adolescenti nell’età in cui cominciano ad essere una contro l’altra anziché portare avanti la sorellanza. Anche se per molti, però, a quanto pare la maggiormente iconica di sempre è la malvagia strega dell’Ovest portata sullo schermo da Il mago di Oz, diretto nel 1939 da Victor Fleming.

 

Episodio 5: Attenzione ai bambini

Non potevano certo mancare i bambini diabolici in una serie del genere. E allora, tra L’esorcista di William Friedkin, Il presagio di Richard Donner e lo spagnolo Ma come si può uccidere un bambino?, ecco Nancy Allen, William Katt e Piper Laurie che ci raccontano di Carrie – Lo sguardo di satana di Brian De Palma. Anche se l’originale bambina malvagia del cinema horror è, senza dubbio, la Patty McCormack del classico anni Cinquanta Il giglio nero, tra l’altro qui interpellata insieme all’Andrew Kevin Walker sceneggiatore di Seven, la Karyn Kusama regista di Jennifer’s body, la Katelyn Nakon attrice nel serial televisivo The walking dead e il re dei b-movie Roger Corman. Un episodio che, in mezzo al kinghiano Grano rosso sangue, a Horror baby, a …e ora parliamo di Kevin e al cult di David Cronenberg Brood – La covata malefica, fa anche notare come i ragazzini de Il villaggio dei dannati di Wolf Rilla somiglino moltissimo alla fanatica gioventù hitleriana. Ponendo inoltre in evidenza la denuncia nei confronti delle compagnie farmaceutiche rappresentata da Larry Cohen in Baby killer e la paura della genitorialità al centro dell’assurdo Eraserhead – La mente che cancella di David Lynch.

 

Episodio 6: Storie da incubo

Per la conclusione di questa seconda stagione è lo stesso Roth a precisare che si parlerà di horror che parlano della nostra società e di noi stessi, a cominciare da Scappa – Get out e Noi, entrambi diretti da Jordan Peele. Che cita anche Ragazzi perduti di Joel Schumacher quando viene intervistato, nel calderone comprendente il Michael Dougherty regista de La vendetta di Halloween, la Mary Harron regista dell’American psycho il cui folle protagonista Patrick Bateman alias Christian Bale è un po’ la personificazione dell’avidità, della vanità e del consumismo, e Tom Savini, effetti sta della pellicola ad episodi Creepshow, sorta di lettera d’amore di George A. Romero e Stephen King ai fumetti della EC Comics. Poi c’è spazio per il già menzionato Midsommar – Il villaggio dei dannati di Ari Aster e per il suo illustre predecessore anni Settanta The wicker man di Robin Hardy; oltre che per aprire una parentesi sull’horror brutto ma divertente con il sanguinolento slasher iberico Pieces di Juan Piquer Simón e per osservare come Vestito per uccidere di Brian De Palma parlasse degli effetti negativi portati dalla repressione sessuale. Fino a chiudere attraverso la Settima arte dell’orrore italiana, dall’apri-pista argentiano del thrilling L’uccello dalle piume di cristallo a Cannibal holocaust di Ruggero Deodato, primo vero found footage.

 

Francesco Lomuscio