In prima linea: Una donna in marina porta in scena Laure (Diane Rouxel), che ha ventitré anni e che appunto, come il titolo suggerisce, decide di arruolarsi in Marina.
L’ambiente militare si sa, è prettamente maschile. Ed è proprio questa la sfida che attrae Laure: tuffarsi nell’oscurità, farsi valere in un mondo di onore, disciplina e battute sessiste. Un mondo dove essere donna è già di per sé un difetto e lo è in Marina in particolare, in quanto, da secoli, vecchi adagi vogliono che una femmina a bordo porta sfortuna (si pensi al classico della commedia Operazione Sottoveste).
Disponibile a partire dal 15 Giugno 2020 su Sky Primafila, CHILI, Rakuten, Tim Vision, Apple TV, Infinity TV, Google Play, CG Digital e The Film Club, il secondo film dell’attrice-regista Helene de Fillieres vuole esplorare, quindi, l’ambiente che già in passato ci era stato proposto sul grande schermo da Soldato Jane di Ridley Scott, che ci rivelò che le donne militari sono ormai una realtà di fatto.
L’ambiente militare, però, con l’occhio di un regista donna assume contorni ben precisi; quindi, se all’inizio la storia risulta un po’ scontata, tirando in ballo la giovane che si ribella alla sua famiglia e che sceglie la carriera in marina nonostante sia una brillante laureata che conosce anche il russo, quella che potrebbe apparire in qualità di classica versione al femminile di Ufficiale e gentiluomo (dove però già trovavamo esponenti del gentil sesso che volevano diventare piloti di marina) si sposta rapidamente alla severa Accademia Navale.
Accademia dover troviamo l’austero comandante Riviere (Lambert Wilson), dedito esclusivamente al rigore e alla disciplina. E in breve abbiamo il duro allenamento previsto, con tutti i punti tipici di vicende di questo tipo, dai colleghi amici della giovane, come Albertini (Alex Descas) e altre figure, dall’imbronciato al gay, ovviamente insensibile al fascino della bella Laure.
In prima linea: Una donna in marina, allora, scivola via senza problemi, mentre lo spettatore (almeno quello italiano) si chiede perchè i francesi, che vengono spesso copiati nei remake made in USA (soprattutto per quanto riguarda valide commedie), decidano a loro volta di riprendere vecchie storie dal sapore a stelle e strisce.
Roberto Leofrigio
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