C’è chi fa musica per raccontare sé stesso, e chi lo fa per raccontare il mondo. Poi ci sono artisti come 4Grigio, che riescono a fare entrambe le cose con naturalezza, senza mai cercare il colpo a effetto. Il suo nuovo singolo, “Quando non c’eri tu”, è una ballad intensa e sincera, capace di parlare d’amore senza cadere nella retorica, di riscatto senza usare slogan. Il brano, ambientato nella periferia romana, racconta di come una relazione possa trasformarsi in un’ancora emotiva, dando senso, forza e direzione anche a chi si sente ai margini.
4Grigio, romano d’origine e newyorkese d’adozione, fonde elettronica vintage, songwriting italiano e una scrittura che scava senza ferire. In questa intervista ci ha parlato del nuovo singolo, del suo percorso artistico e di ciò che resta importante anche quando tutto sembra sfuggire di mano.
INTERVISTA A 4GRIGIO
1. “Quando non c’eri tu” è un titolo evocativo. A chi o a cosa pensavi mentre lo scrivevi?
Il testo è stato ispirato dalla storia di una coppia che ho conosciuto recentemente. Il protagonista è un ragazzo che viene da una realtà di vita complicata, che l’aveva portato a fare scelte autodistruttive; un costante rialzarsi per poi ricadere negli stessi problemi. L’incontro con la sua futura compagna l’ha gradualmente aiutato a uscire da quelle dinamiche. A partire da lì, è iniziato un percorso che l’ha portato a vivere con una maggiore consapevolezza di se stesso e delle sue scelte. Ho l’impressione che in troppi non colgano a fondo quanto la situazione socioeconomica di un individuo influenzi la traiettoria della sua vita. Per coloro che sono schiacciati da un ambiente che non li lascia emancipare, trovare una persona che li ami e li supporti è una chance di cambiare la propria vita per il meglio. La morale della canzone è che nessuno si salva da solo. Per questo il testo crea un contrasto tra quando lei non era nella sua vita, rispetto a quando poi ne ha fatto parte. Credo sia un esempio dal quale tutti possiamo imparare, soprattutto quando ci troviamo in momenti bui dai quali sembra non ci siano vie d’uscita. Dobbiamo imparare a chiedere aiuto alle persone importanti della nostra vita.
2. Il brano è ambientato nella periferia romana. Quanto è importante per te mantenere un legame con le tue radici, anche vivendo a New York?
Nella mia vita mi sono ritrovato a frequentare, con una certa assiduità, sia borgate che zone residenziali di Roma. Questo mio costante oscillare tra colletti blu e colletti bianchi, tra povertà e ricchezza, tra durezza e leggerezza, ha creato in me una consapevolezza nuova sulle molteplici realtà contenute all’interno di una città. È una scuola di vita che ti forma in maniera profonda, e ti permette di acquisire una capacità di adattamento che può rivelarsi estremamente utile. Non sono quindi tanto le mie radici culturali ad avermi accompagnato nella mia esperienza a New York, quanto la mia abilità di captare velocemente la situazione nella quale mi trovo di volta in volta, così da comportarmi di conseguenza. Quando vivi in una città straniera popolata da persone che provengono da tutto il mondo, questa è una skill che ti permette di sopravvivere a quasi tutti i tipi di scenari.
3. Musicalmente, il brano mescola tradizione melodica e synth-pop. Come nasce questo equilibrio tra passato e presente?
Aggiungerei un terzo elemento, ossia il fraseggio melodico veloce, che dà un tocco di modernità al brano. Da un punto di vista di scrittura, mi sono formato con il cantautorato italiano degli anni ’90; quelle erano canzoni molto strutturate, di solito costruite su due giri di accordi, uno per la strofa e uno per il ritornello, e a volte un terzo giro per il bridge/special. Nella fase nella quale mi trovo ora, la musica elettronica è molto importante. Mi piacciono in particolare i richiami ai sintetizzatori anni ’80, gli assoli di moog, i sequencer che complementano la parte ritmica, i pad che riempiono le frequenze medie. Questo mix di scrittura cantautorale, melodia tradizionale ma ritmicamente dinamica, e produzioni elettroniche sono al centro non solo di questa canzone, ma di molti dei miei progetti musicali fatti negli ultimi tre anni.
4. L’amore nel brano sembra più una forza salvifica che romantica. È così anche nella tua visione personale?
Per me, l’amore è un soggetto complicato da comprendere. Vorresti vivere le emozioni che trasmette in maniera pura ma, allo stesso tempo, queste vanno gestite in maniera razionale, soprattutto quando i sentimenti sfociano in una relazione. C’è un elemento di pragmatismo che interviene in quel momento, e mantenere una dimensione romantica a lungo termine, all’interno del rapporto di coppia, non è semplice. Non tutti gli amori ti salvano la vita. Possono cambiarla, ma non necessariamente in meglio. È tutto un compromesso tra partner, tra quello che vogliono dalla loro vita e da te, e quanto sono disposti a sacrificare pur di salvaguardare la relazione.
5. Scrivi, suoni e produci da solo. Cosa significa per te creare musica in autonomia totale?
Autoprodursi è un atto di coraggio che ti fa provare delle sensazioni surreali: sei lì nella tua stanza a scrivere una canzone, che poi produci, e infine pubblichi. È quindi un’esperienza estremamente personale, intima, che consegni al mondo, fuori da quelle 4 mura dov’è nata. Sono sempre pieno di dubbi, perché la produzione è qualcosa che sto ancora imparando. Di certo potrei ottenere risultati di gran lunga migliori se facessi produrre le mie canzoni a dei professionisti—e in alcuni casi ho collaborato con questi. Ma poiché ho la fortuna di avere un rapporto diretto con le persone che mi ascoltano, mi sembra che pubblicare brani fatti interamente da me sia un processo più autentico. Magari le mie canzoni non avranno la qualità sonica di produzioni di qualità, ma almeno le ho fatte io. Credo ci sia valore in questo.
“Quando non c’eri tu” è disponibile ora su tutte le piattaforme digitali.
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