Intervista alla grande Anna Mazzamauro, in tour con il suo spettacolo “Nuda e cruda”

Abbiamo assistito allo spettacolo “Nuda e cruda”, in scena al Teatro Dell’Angelo di Roma, scritto e interpretato dalla grande Anna Mazzamauro, per la regia di Livio Galassi. Uno spettacolo piacevole e per alcuni versi sorprendente, suddiviso in segmenti con monologhi di vario genere che spaziano dal comico alla barzelletta, arrivando anche a toccare il sociale e la tragedia (compresa violenza sulle donne e femminicidio), tutti sapientemente interpretati dalla mattatrice Mazzamauro che per due ore imperversa (quasi sempre) allegramente sul palco impersonando le tante sfaccettature delle donne di oggi (e non solo). Ma non è tutto; accompagnata in scena da un ottimo trio musicale, oltre che da brani di Amedeo Minghi, la mitica signorina Silvani di fantozziana memoria si cimenta, con buoni risultati, anche nel canto. “Nuda e cruda” è uno spettacolo che ha riscosso un grande (e meritato) successo di pubblico e che incanterà una platea trasversale, dal ragazzo fino alla signora agée.

E proprio con la poliedrica Anna Mazzamauro abbiamo registrato una lunga ed interessante intervista telefonica che, proprio per lasciarla in versione integrale, vi proporremo in due parti: questa di oggi, dedicata a “Nuda e cruda” e al teatro, e poi in primavera quella legata alla sua storia personale e al cinema (non solo Fantozzi). Ma senza indugiare ulteriormente, addentriamoci nella saggezza e nella simpatia di una grande donna (in primis), oltre che di una fantastica attrice.

(intervista di Ivan Zingariello)

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Ciao Anna e grazie per aver accettato la nostra richiesta. Iniziamo subito parlando dello spettacolo che stai portando in scena, “Nuda e cruda“; come mai hai scelto questo titolo?

Eh, proprio “Nuda e cruda“, hai visto la locandina no? Sono una donna coperta da un abito curioso, pieno di crudité, carciofi, sedani, finocchi, pomodori e la mela che sto per mordere. Ma come si arriva a questo punto, mi dirai? E’ per tentare di dare e di raccontare al pubblico certe verità; sia comicamente che drammaticamente bisogna essere crudeli, nudi e crudeli! E quindi bisogna spogliarsi di tutti quelli che sono i tentativi, maldestri, che alle volte gli altri fanno per allontanare da noi il senso della verità. Ora con questo non voglio dire che sono la detentrice della verità in assoluto, per carità, ho tentato in maniera cruda e nuda.. ed ho sempre avvertito gli spettatori che nello spettacolo sono più cruda piuttosto che nuda, se no non viene più nessuno! (ride)

E tra l’altro “Nuda e cruda” non è solo uno spettacolo comico, come invece qualcuno potrebbe aspettarsi..

Beh, al di là degli scherzi, affronto man mano tutti gli argomenti che tu hai visto e credo che l’emozione grande di questo spettacolo derivi dal fatto che non sia monocorde come una commedia, di cui si può intuire il finale, o come un dramma, che già si conosce, ma sono emozioni continue: laddove si sta irridendo pesantemente, all’improvviso ti arriva una coltellata nello stomaco e quindi questo sorriso ti si raffredda; poi sorridi di nuovo, poi ridi ancora e poi la coltellata.. e poi le canzoni. D’altra parte io credo una cosa fondamentalmente, e cioè che non si può fare e non si deve portare in scena uno spettacolo che non provochi emozioni, altrimenti è inutile, sia nel divertimento e nella leggerezza della commedia , sia nel dramma e nella tragedia, ognuno ha il suo valore.. però deve dare emozione!

Nello spettacolo affronti varie tematiche femminili a cominciare da quello che è diventato un cavallo di battaglia, la bruttezza…

A me non piace il termine bruttezza, perché io sono atipica, non sono brutta, è diverso. Ma ad esempio l’altra settimana io sono stata ospite di una trasmissione televisiva e sono rimasta basita: pensa che parliamo di Rai3, per cui onore al merito, ma quando sopra la mia testa, “incoronata” dalle parole, prima che io comparissi ho letto “elogio della bruttezza”… ho pensato “ma vaffanculo!“. Non li ho mandati affanculo, anche se lo desideravo pesantemente, e l’ho fatto dopo con gli autori perché usare questo termine -a parte il fatto che sono una donna ecc.ecc., ma è inutile parlare di questo perché la sensibilità c’è chi ce l’ha e chi non ce l’ha- ma io gli ho detto che forse, in questo caso, data la scritta forse sarebbe stato più carino parlare di “elogio dell’ignoranza” e dell’incapacità di capire se una persona.. ecco, hanno voluto fare gli spiritosi e questo non lo accetto, perché vorrei vedere le loro mogli per esempio; le loro amanti saranno sicuramente più belle, ma le loro mogli no. E sicuramente loro non diranno mai alla moglie “quanto sei brutta” no? Le diranno “mi piaci“, “sei affascinante“, “sei atipica“, “mi sei piaciuta e ti ho scelta per questo“.. e io ci tengo a dirlo, e ti prego di sottolinearlo, che ci sono rimasta malissimo. Poi ho scritto alla conduttrice, che tra l’altro ha pubblicato un libro intitolato “Donne coraggiose“,  spiegandole il mio disagio e dicendole che anche se idealmente avrei preferito essere messa nel novero delle “donne coraggiose” che hanno fatto della propria atipicità un successo. Non mi ha risposto.. (ride) ..peggio per lei! La figura doppia l’hanno fatta brutta brutta, una brutta figura.. non si può accogliere un ospite così!

Quindi la vera bruttezza in realtà è stata la loro…

Bravo.. ecco… Me piaci, vediamoci più spesso! ahahah (ride).

 

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Tra i vari argomenti, che vanno dalla vecchiaia alla prostituzione, parli anche della violenza sulle donne e della “pornografia televisiva” di certi programmi che non hanno alcuna remora nell’entrare a gamba tesa nella sofferenza delle persone.. immaginando questa madre a cui è stata strappata in modo violento la vita della figlia, che è il dolore più grande per la madre..

 

Immagino di sì, perché io ho una figlia e quando ho scritto questa cosa avevo i brividi.. gli stessi che hai sentito in senso assoluto ieri sera mentre raccontavo, perché a me piace -anche se vorrei che questo piacere non ci fosse- definire quel monologo che ho scritto come il monologo dedicato alla mamma di Melania Rea, che purtroppo è diventata il simbolo di questi orrendi omicidi. Io non amo il termine femminicidio, perché questo neologismo andava bene nell’Ottocento, visto che anche allora si facevano questi omicidi terribili. La differenza è che adesso, essendoci un rapporto di comunicazione più diretta, è chiaro che si sa molto spesso e molto prima tutto quello che succede, per cui si è voluto attribuire questo termine a omicidio orrendo dovuto alla debolezza. Parlo di debolezza fisica, non di debolezza morale o comportamentale, ma fisica di una donna. Certo, è logico che se tu mi meni io posso reagire.. non con una carezza, certo, ma tentando di picchiarti.. ma non avendo la stessa forza muscolare tua è chiaro che soccombo no? Quindi..

Appunto dicevamo che nello spettacolo c’è la toccante scena della madre in macelleria…

In questo monologo io ho immaginato che in una macelleria c’è questa insegna luminosa, “Carni“, che è già tremenda come parola.. perché “carne”, “la carne”, dietro questa parola ti immagini miliardi di cose, dal sesso alla violenza, all’omicidio.. Entrando nella macelleria questa madre vede questo animale tagliato in 40 pezzi ed ha un dialogo con il macellaio; dialogo che faccio io stessa cambiando voce perché mi pare giusto, perché è la propria coscienza, è la propria sensazione di dolore che dà volto e voce ad un’altra persona, e lei basita davanti alle membra di questo animale che le ricordano come possa essere stata conciata la figlia. Questa è una delle tante violenze e poi c’è la violenza vera e propria, lo stupro. La donna stuprata che può fare? Piange.. ma le sue lacrime innervosiscono quelle mani selvatiche ed è questo cantore di orgasmi, l’uomo, che piega.. che ruba.. che spezza tra le sue braccia la passione di una donna.

omaggio madre Melania Rea

E parliamo proprio della passione di una donna e non una qualunque, perché nello spettacolo c’è anche la bellissima telefonata tra la Magnani e Rossellini…

L’ho scritta apposta per questo spettacolo ed ho immaginato diciamo.. citando il senso della voce umana della telefonata di questa donna e siccome nella voce umana le situazioni corrispondevano a quello che io volevo raccontare, ho immaginato questa telefonata che la Magnani riceve o avrebbe ricevuto da Roberto Rossellini che le dice che la deve lasciare perché deve sposare la lungagnona, Ingrid Bergman. Quindi ho immaginato la reazione della Magnani. Ecco, anche quella è una forma di violenza, però senza voler discutere o criticare o giudicare l’abbandono che un uomo possa fare nei confronti di una donna, quella è comunque una forma di violenza; una donna abbandonata è una donna violentata a prescindere dai motivi. Un uomo si può innamorare di un’altra donna, per carità, così come una donna si può innamorare di un altro uomo però è comunque una forma di violenza che tu eserciti su di me dopo aver condiviso l’amore, la vita, il vivere insieme, il pensare insieme, il fare l’amore insieme, tu me lo togli improvvisamente perché vuoi un un’altra sostituirmi con un’altra? Ma io t’ammazzo!!! E invece lo ammazza di parole come hai potuto ben vedere.

 

Parlando della Magnani come avevi già fatto in “Brava!” lo spettacolo di 5 anni fa, affronti nuovamente il tema dell’avanspettacolo e del cabaret, a cui sei molto legata fin dai tuoi esordi..

 

Sì però io non vorrei far credere alla gente che io nasca dal cabaret; io nasco dal teatro teatro.. Albertazzi, Stabile di Torino.. voglio dire, sono un’attrice di teatro, altrimenti tu non avresti goduto dello spettacolo di ieri sera se fossi stata soltanto un attrice di cabaret, sarebbe stato molto più superficiale. Diciamo che dopo aver praticato il mondo del Teatro con la T maiuscola, con questi grandi nomi che già ti ho detto, ho capito che siccome esistono delle regole strampalate per cui una protagonista deve avere il naso corto, le gambe lunghe, le tette al vento e il culo alto, allora ho pensato “non mi fregate“, perché se io continuo su questa strada, il massimo che mi mi fate fare è l’antagonista di una protagonista. A me??? Ma io sono nata protagonista! Perciò ho deviato e ho frequentato quello che veniva chiamato cabaret ma che in realtà in Italia era soltanto una rivista per piccoli spazi, dove mi sono esercitata -essendo protagonista di tutti i monologhi che raccontavo- mi sono esercitata ad un rapporto diretto con il pubblico, cosa che sicuramente avrai notato ieri sera. Il mio rapporto con il pubblico è diciamo “familiare”; mi piace prenderlo per mano e portarlo in palcoscenico, così come io scendo dal palco e vado incontro a loro.. ed è questo forse il successo di questo spettacolo, dovuto oltre a quello che ti ho detto, al fatto che la gente mi sente “una di loro” e pensa che molto spesso ci sia improvvisazione. No, è uno studio che io ho fatto sul comportamento dell’attore quando si apre questo famigerato, famoso e bellissimo sipario. Perché la gente, qualsiasi cosa tu faccia, deve sentirti una di loro, altrimenti non si immette nella storia che vuoi raccontare.

Questa potrebbe e dovrebbe essere una delle prime regole di un certo tipo di teatro..
 
E questo è appunto l’esercizio che mi è stato dato dal mondo del cabaret, con Elio Pandolfi, purtroppo con Lino Banfi ma non mi chiedere perché, e soprattutto con Oreste Lionello. Ecco, grandi insegnamenti dei miei ritmi nascono da Oreste Lionello. Io non voglio imitare nessuno, tanto è vero che tu vedendo il mio spettacolo non è che pensi a Oreste Lionello.. però quando recitavamo insieme, io ho imparato poco a poco ad entrare nei suoi silenzi, lasciando spazio perché lui entrasse nei miei, nelle pause.. era un gioco bellissimo. Lui non era assolutamente un attore di cabaret ma era un grande, Oreste, ed ha fatto una scelta che lo ha qualificato diversamente da quello che era veramente, una scelta di comodo in tutti i sensi, perché gli ha dato popolarità, forse soldi, non lo so.. affari suoi.. però Oreste poteva essere un meraviglioso attore teatrale nel senso che intendo io.
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In scena oltre a recitare, travestirti, sbatterti per ben due ore, canti anche diverse canzoni, da “In cerca di te” a “Parlami d’amore Mariù” fino a “Scarpe nuove“, che si alternano alle musiche di Amedeo Minghi. Come hai scelto i brani da inserire nello spettacolo e come è nata la collaborazione con Amedeo Minghi?

 

La mia romanità mi porta a fare l’occhiolino ai grandi romani. Così come mi è piaciuto citare Anna Magnani che è una grande della romanità -che non significa che sia limitata ad un dialetto-, Minghi rappresenta anche lui non solo un pezzo di Roma, ma quello che può far uscire l’umore della grande romanità dalle proprie canzoni. Non tutte le canzoni sono di Minghi, perché come hai visto c’è un percorso preciso, però il tappeto musicale è suo e si tramuta man mano in quello che è il commento per i vari monologhi. Per esempio il tema dominante, hai visto la canzone iniziale che si trasforma poi in una Milonga nell’accompagnare me che entro nella macelleria, insomma è un collegamento bello, importante, diretto e fondamentale.. e poi si tramuta anche nella canzone, ad esempio quella che cantiamo a due con il musicista Sasa Calabrese, “Amore non andartene“, non trovi che sia bellissima? Io non ho assolutamente la pretesa o la presunzione di essere una cantante, io sono un’attrice che usa le canzoni, quelle che io ritengo giuste per questa trasformazione.. uso le canzoni come se fossero dei monologhi, ed è qui la trasformazione. A me non interessa essere vocalmente preparata; sì, sono quadrata, sono intonata, è logico.. ci mancherebbe altro, però non mi piace e non mi interessa emettere suoni alla Laura Pausini, con tutto il rispetto.. loro sono altri mondi, sono le cantanti autentiche.. le “autentiche vere”. Appunto io non sono una cantante, io sono una che usa le canzoni per raccontare delle storie. L’ultima, “Scarpe nuove“, racconta la mia libertà: ho trasformato il testo originale che parlava di povertà (che fortunatamente non mi riguarda) mutandolo nella parola “libertà”. Io credo che nella vita ci siano sempre dei compromessi da raggiungere e da aggiungere a quelli precedenti; compromessi dei quali si è vittime perché a me piace dire “io sono libera”, ma poi non è vero.. perché ci sono sempre dei contrassegni sbagliati, delle cose alle quali ti devi adattare, appunto dei compromessi…

Una parola anche per il bravissimo trio musicale che ti accompagna sul palco e che ti fa anche da spalla in vari momenti dello spettacolo quando non suonano..

Loro sono una piccola grande orchestra e molte cose sarebbe forse stato giusto che le avessero dette loro anziché io, però tutto sommato ho visto che funziona ugualmente anche se io dico a me stessa, se mi do delle domande e mi do delle risposte.. insomma mi piace impadronirmi completamente del palcoscenico.

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E i giovani vengono a vederti?

Sì ed è questa la meraviglia! Io mi sorprendo nel vedere i ragazzi che poi vengono in camerino ed hanno parole di elogio verso il teatro e quindi credo che la funzione dell’attore, in questo momento abbastanza terribile economicamente in cui viviamo, sia quello di far capire con tenerezza e dolcezza che andare a teatro non è come andare al cinema, -per carità io non è che voglio allontanare la gente dal cinema, ci mancherebbe altro- ma quando ad esempio rivedo i miei film mi viene lo sconforto. Questo perché durante lo spettacolo dal vivo, in certi momenti magari uno sta poco bene oppure c’ha i cazzi propri o quello che ti pare, e una battuta non ti viene come la desideravi.. ma dentro ti viene in parallelo e pensi subito “domani la dico meglio“. Invece il mio sgomento quando vedo i famigerati film di Fantocci, è perché penso che quella battuta non potrò mai più dirla bene, come volevo, perché è fissata nel tempo. La gente magari non fa tutte queste analisi, ma io che amo sentirmi ogni giorno più capace di fare questo mestiere, lavoraro anche sulla singola battuta, sulla pausa, sul silenzio, sulla virgola. Ecco, questa è la vita dell’attore e quindi i giovani lo intuiscono e quando vengono a teatro capiscono che hanno sbagliato a prediligere la televisione -perché adesso è molto comodo stare in pantofole davanti alla televisione sgranocchiando popcorn o addormentandosi ogni tanto in grande libertà e a riposo dopo una giornata di lavoro-, lo capisco perfettamente, ma perché allora questo successo di questo mio spettacolo? Perché vengono anche i giovani? Perché c’è stato un afflusso così bello di gente? Perché forse bisogna anche saperglielo “dare” il teatro al pubblico! Senza fare nomi, le scelte cosiddette “intellettuali” sono meravigliose, per carità, ma per prendere popolarità tra il pubblico e far sì che esso si affezioni allo spettacolo, bisogna usare un linguaggio non popolare, ma che arrivi all’animo, alle viscere, al cuore, cosa che lo spettacolo intellettuale non può fare.

E parliamo proprio di argomenti che toccano l’animo e il cuore, con un tema molto attuale come le Unioni Civili. Cosa ne pensi?
 
Io penso fondamentalmente una cosa e cioè che uno ha il diritto di fare quello che gli pare! Certo, non ammazzare o massacrare o insultare la sensibilità degli altri, ma credo che ognuno abbia e debba avere la libertà di seguire la propria natura.. e mi pare di aver detto tutto! Poi gli altri sono particolari politici che non mi interessa né frequentare né sapere.. Se una ha detto che è rimasta incinta in pubblico o se l’altro chiama a testimone Elton John.. non mi interessa questo, io penso alla libertà, la libertà di essere come la propria natura impone e nessuno ha il diritto di negare il senso vero della vita.

 

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Anna, ringraziandoti per questa meravigliosa intervista, ti chiedo: a 77 anni come guardi al futuro?
 
Io.. sempre in teatro! Infatti ti do una notizia, visto che non lo sa nessuno.. Farò una commedia intitolata “Divina“, -te pare che mi potevo perdere un’occasione del genere?- e ci sarà con me anche Antonella Elia che è diventata bravissima, oltre -beata lei- ad essere già bellissima.

 

Anna grazie ancora e complimenti infiniti!

Grazie ti aspetto, a presto!

A seguire, le prossime date della tournée di “Nuda e cruda“… e continuate a seguirci per la seconda parte dell’intervista ad Anna Mazzamauro!

 

Ivan Zingariello

 

Mazzamauro Date


Nuda e cruda – di e con Anna Mazzamauro

Le prossime date della tournée di “Nuda e cruda“…

25 febbraio BUSTO ARSIZIO (VA) Teatro Manzoni
26 febbraio LUGANO Teatro LAC
27 febbraio MONCALVO (AT) Teatro Civico
3 marzo VIADANA (MN) Teatro Vittoria
4 e 5 marzo BOLOGNA Teatro Dehon
8 marzo VICCHIO (FI) Teatro Giotto
9 marzo MONTEROTONDO MARITTIMO (GR) Teatro del Ciliegio
10 marzo PIETRA LIGURE (SV) Teatro Comunale Moretti
1 aprile CAVE (RM) Teatro di Cave
2 aprile MASSALOMBARDA (RA) Sala del Carmine