Invasione di zombi in alta definizione con Dead season e Code red

Il punto di partenza è la consueta, misteriosa infezione virale che muta in famelici zombi gli abitanti della Terra, spingendo Elvis e Tweeter – interpretati da Scott Peat e Marissa Merrill – ad abbandonare il caos che sta annientando l’America per cercare rifugio su una lontana isola dove iniziare una nuova vita.

Diretto nel 2012 da Adam Deyoe, l’inedito cinematografico Dead season approda su supporto blu-ray italiano targato Koch Media per portarci a conoscenza di una vicenda destinata a proseguire con i due protagonisti che, incontrato un gruppo di sopravvissuti, si trovano anche alle prese col fatto che abbiano a disposizione poco cibo commestibile, lasciando emergere un interessante retrogusto sociale relativo all’essere umano sempre più egoisticamente propenso a proteggere solo le persone a cui è legato, per poter pure tranquillamente divorare, invece, chi non fa parte della sua esistenza.

Retrogusto che, chiaramente, non può fare a meno di richiamare alla memoria il cinema del compianto maestro George A. Romero, tanto più che viene anche citata la Pittsburgh che nella mente dei fan dell’horror rimanda inevitabilmente a La notte dei morti viventi.

Sebbene, a cominciare dall’incontro con uno degli infetti a bordo di un’imbarcazione, è in maniera evidente Zombi 2 del nostro Lucio Fulci ad essere emulato, non a caso simile anche nella colonna sonora e nei momenti in cui i morti viventi sono in azione (soprattutto durante la sequenza finale)

Mentre, scandito da un ritmo discreto, come era prevedibile l’insieme tenta di cavalcare la tendenza rilanciata dalla serie televisiva The walking dead e, ancor prima dello spargimento di liquido rosso e frattaglie (comunque non assenti), tende a privilegiare la costruzione dei rapporti tra i diversi personaggi.

E non si tratta dell’unica produzione zombesca mai vista nei cinema italiani resa disponibile in alta definizione da Koch, in quanto la label sforna anche il Code red firmato nel 2013 da Valeri Milev, che prende il via da una premessa alquanto singolare: durante la Seconda Guerra Mondiale Stalin creò in gran segreto un potentissimo gas nervino che, perduto poco dopo la battaglia di Stalingrado, ricompare sessant’anni più tardi in Bulgaria, trasformando la popolazione locale in un agglomerato di mutanti votati alla semina di morte e distruzione.

Una situazione che vede impegnati a fuggire dalla regione infetta la dottoressa della NATO Ana Bennett e il capitano delle forze speciali americane John McGahey, ovvero la bella Manal El-Feitury e il Paul Logan dalla lunga carriera nell’ambito dei b-movie (Komodo vs cobra e Mega piranha nel curriculum).

Quest’ultimo, oltretutto impegnato a salvare una bambina dall’epidemia, sembra quasi rievocare nella figura i tempi ormai andati del machismo reaganiano, come pure la frase di lancio sulla locandina: “Stalin li ha creati, loro li devono annientare”.

Del resto, man mano che la oltre ora e mezza di visione sembra rifarsi a 28 giorni dopo di Danny Boyle e, soprattutto, al sequel 28 settimane dopo di Juan Carlos Fresnadillo, a regnare sovrana è l’azione, proprio come nei lungometraggi che regalarono notorietà ai vari Sylvester Stallone e Arnold Schwarzenegger.

Tra copiosi schizzi di emoglobina, lodevole tecnica generale (citiamo soltanto la curata fotografia di Anton Bakarski ed Emil Topuzov) e cadaveri a passeggio che, a differenza di quelli lenti e di tradizione classica sfruttati in Dead season, sono veloci e scattanti come i contaminati regalatici dal menzionato Boyle.

Entrambi i dischi sono corredati di trailer nella sezione extra.

Francesco Lomuscio