Il debutto cinematografico di Angelo Duro con Io sono la fine del mondo, diretto da Gennaro Nunziante, è stato accolto con grandi aspettative, ma la resa finale sembra aver deluso molti spettatori e critici. Il comico, noto per il suo stile irriverente e politicamente scorretto, tenta di trasporre sul grande schermo la comicità tagliente che lo ha reso celebre, ma il risultato appare debole e poco incisivo.

Una comicità ripetitiva e prevedibile

Chi ha assistito alla proiezione non ha potuto fare a meno di notare come le risate siano state relativamente poche, nonostante la sala piena. La comicità di Angelo Duro sembra funzionare meglio sui palchi teatrali, dove l’interazione con il pubblico e la spontaneità danno maggiore forza al suo stile.

Il film è un susseguirsi di insulti e situazioni surreali, che inizialmente possono strappare un sorriso, ma dopo pochi minuti risultano scontati e privi di profondità. La cattiveria e la scorrettezza del protagonista, che avrebbero dovuto rappresentare il punto di forza, si trasformano invece in un esercizio sterile e ripetitivo, privo della capacità di colpire davvero lo spettatore.

Un esperimento che fatica a trovare la sua dimensione

Il film per certi versi potrebbe essere un esperimento interessante, ma poco riuscito. Il problema principale risiede nel fatto che il linguaggio comico di Angelo Duro, così efficace nei monologhi dal vivo, perde forza all’interno di una narrazione cinematografica più strutturata. La mancanza di una sceneggiatura solida si riflette in una serie di gag che faticano a sostenere l’intero lungometraggio.

Un paragone azzardato con i grandi della comicità italiana

Un tentativo evidente nel film è quello di richiamare i toni sferzanti della comicità di Alberto Sordi, celebre per la sua frase “Io sono io e voi non siete un c…”. Tuttavia, il paragone tra i due è decisamente azzardato. Se Sordi riusciva a mescolare ironia, profondità e critica sociale in modo magistrale, Angelo Duro si ferma alla superficie, lasciando poco spazio a una riflessione più ampia o a un reale coinvolgimento emotivo.

Un’operazione di marketing riuscita?

D’altro canto, se il film fosse valutato come un’operazione di marketing, i risultati potrebbero essere considerati eccellenti (viste le sale ultimamente sempre più vuote). La pellicola però sembra quasi terapeutica, come una sorta di sfogo collettivo, in cui ci si può identificare con la rabbia e il disprezzo del protagonista nei confronti del mondo. Tuttavia, questo effetto, per quanto inizialmente efficace, non basta a sostenere l’interesse dello spettatore per tutta la durata del film.

Conclusione

ATTENZIONE: SPOILER
(Non leggete se non avete già visto il film!)

Nel film di Nunziante, Angelo Duro vive (contrariamente alla vita reale) in un mondo popolato da personaggi idioti che accettano passivamente le sue provocazioni, generando situazioni surreali. La Dottoressa, ad esempio, non solo non si indigna quando Angelo insulta suo figlio obeso, ma lo definisce “un ragazzo sensibile” e lo invita a fare sesso (nella vita reale come minimo lo avrebbe denunciato). Il padrone del ristorante, di fronte a una prenotazione per dodici persone in cui si presentano solo in due, li lascia tranquilli fino alla fine della cena senza protestare. Nella vita reale, probabilmente avrebbe cambiato il tavolo dopo quindici minuti. E che dire del bambino che guida l’auto come un esperto senza alcuna spiegazione, incrociando tra l’altro due volanti della polizia con i poliziotti intenti a scherzare con le mignotte???

Tutte queste assurdità, che forse dovevano rinforzare il messaggio satirico del film, finiscono (a mio modesto parere) per sfociare nel ridicolo. È evidente che si cerca di strappare risate a un pubblico ormai stanco del politicamente corretto imposto dalla cancel culture della sinistra globale. Tuttavia, il risultato appare dissonante e, più che essere una critica incisiva, sembra scivolare nel banale.

In definitiva, Io sono la fine del mondo non riesce a decollare come debutto cinematografico. Nonostante alcune intuizioni e un pubblico affezionato, il film soffre di una ripetitività che lo rende prevedibile e meno incisivo rispetto alle performance teatrali di Angelo Duro. Se l’intento era quello di sperimentare un nuovo linguaggio espressivo, forse il cinema non è il mezzo più adatto per il comico siciliano.

Voto: 5/10

Ovviamente, questo è solo il mio parere personale. Premetto che Angelo Duro a teatro mi ha fatto ridere molto di più, mentre nel film, purtroppo, l’effetto comico è stato decisamente meno incisivo.

Il pubblico, comunque, ha risposto in modo vario, e non è escluso che i fan più accaniti possano apprezzare questo tentativo. Per ora, però, la comicità di Angelo Duro sembra destinata a brillare maggiormente sui palchi che sul grande schermo.


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