Istantanee feroci del nuovo milllennio: The Pink Album, di Immanuel Casto

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The Pink Album di Immanuel Casto è un quadro fedele e spietato della nostra società attuale, dell’anoressia sentimentale che ci pervade (esaltata in Horror Vacui, “cuori di cemento, senza sangue nelle vene, eroi del cinismo, chissà chi ci salverà dentro questo arido vero, aspettiamo uno straniero, soli tra la gente noi non sentiamo niente”), dell’ossessione per l’immagine (SocialQueen, “Quanto sono figa, bocca a culo di gallina, mando baci baci baci”), delle gioie e dei dolori dell’amore (Male al cubo, “In fondo niente è perduto, niente è perduto, perduto per sempre, quando hai amato perdutamente… Ma il tempo, c***o, quello non te lo ridà nessuno….”), dell’omofobia (Uomini veri, “tu sei forte, giochi a calcio, tu sei un uomo vero, io guardo te, poi guardo me, mi chiedo sempre cosa un uomo vero è”), del potere dei soldi (Rosico, “Dura lex sed rolex”), delle sfumature del sesso e dell’amore (The Alphabet of Love, “A for Anal, B for Bondage, C for Cow-girl, D for Dildo, That’s the Alphabeth of love, Let me teach it with my mouth”), dell’autoironia e di quel senso di leggerezza che salveranno il mondo (esaltate in DeepThroat Revolution, “No alla guerra, sì al deepthroat, Non ci sto più, voglio cambiare, Non voglio più star così male”), del disagio esistenziale (in Rosso, Oro e Nero, “È proprio il nero che sento dentro, il dolce canto dell’inverno, una visione del futuro, un’intuizione di dolore puro”), dell’ipocrisia in cui quotidianamente siamo immersi (in DiscoDildo, “Ma perché ogni volta devo dire che mi hanno drogata? Ammettiamolo, Sono solo una cattolica repressa che ha bisogno di essere scopata”!), della scoperta della propria omosessualità e della graduale consapevolezza che porta ad ammetterlo a sè stessi (In Da grande sarai fr***o,  “L’ho capito al volo mi è bastato un momento, Da grande sarai fr**io, è scritto nelle stelle,Il dolore arriva ma tu tanto sei già diva”).

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Il genere di appartenenza del disco è l’elettropop con sfumature anni 80 che da sempre caratterizzano la produzione musicale di Immanuel, con sonorità raffinate e accattivanti, che catturano l’ascoltatore sin da subito: è un disco sicuramente più maturo, e per certi versi anche coraggioso, poichè Immanuel si mette a nudo e questa volta trasgredisce parlando anche d’amore, in Male al cubo (“forse ho amato anche troppo, se c’è un limite lo ignoro e dico mi basto da solo”): il Casto Divo è dunque artisticamente cresciuto, e in questo disco scatta istantanee feroci del nuovo millennio.

ILARIA GRASSO