JESTO: dietro le quinte di un rapper

Un titolo forse troppo romantico per questa intervista davvero interessante con JESTO, figlio di Stefano Rosso, ma prima di tutto è il grande rapper italiano che conosciamo, prolifico come pochi aggiungerebbe la critica di settore. E se la tradizione urban di un certo modo di disegnare liriche dentro gli ostinati rigori delle metriche ammette poche derive, per i puristi almeno, diciamo che con questo nuovo disco Jesto ha totalmente disertato la comunità dei fedelissimi regalandosi un ritorno alle origini di famiglia. Un disco da cantuatore guidato dalla collaborazione del chitarrista e cantautore Andrea Tarquini. Si intitola “IndieJesto” e raccoglie canzoni dal taglio pop, acustiche, scritte dal rapper quasi d’istinto, dove si sottolinea una bellezza importante, preziosa laddove ogni misura non ha la fredda intelligenza della matematica ma trasuda verità personale e spirituale del momento che passa. Un disco che suona esattamente come doveva suonare. Un disco in cui si riconosce l’uomo che c’è dietro. E noi lo lasciamo girare…

Noi parliamo spesso di bellezza sfacciata… ma non solo. Spesso con gli artisti ricerchiamo un concetto più intimo di bellezza. Per te cosa significa la bellezza?
Potremmo parlare di Bellezza in diversi termini. In senso estetico/filosofico, in senso quotidiano o mille altri. Io sono alla ricerca di bellezza nella vita, considero la mia vita come un’opera e la vivo in Quest’ottica. Poi devo dire che, andando avanti negli anni, sto capendo sempre di più che la bellezza per me è nelle cose più semplici e non va ricercata chissà dove. Ritengo inoltre che l’arte serva proprio a combattere la bruttezza del mondo. Dicevo in una canzone “combatto sto mondo usando la poesia”.

E come la ricerchi… dove la trovi…?
Componendo, creando. Nella trasformazione un idea, di un ispirazione, che è solo dentro di te, in linguaggio. In quel preciso istante avviene qualcosa di magico, di fuori dal tempo e dallo spazio. In questo c’è molta bellezza. Esattamente. Componendo, creando. Collegandomi alla risposta di prima, proprio in quell’istante fuori dal tempo e dallo spazio, quando l’ispirazione, che considero venire da un altro universo, si fa terrena. La bellezza di essere il tramite tra il mondo dell’ispirazione e quello terreno. Io mi sento come un tramite, un conduttore. Oltretutto io disegno, e devo dire che quando disegni ti confronti quotidianamente con il concetto di bellezza, dal flow delle linee all’armonia che ricerchi, è un’evoluzione continua.

Spesso nel rap, nell’hip hop la bellezza sfacciata che seduce, con quel modo trasgressivo di fare è spesso un ingrediente che torna. Tra tutti penso al video di “Pancake” con CaneSecco. Spesso i testi virano molto sull’essere diretti e non solo nel sesso o nella bellezza, ma proprio nella vita quotidiana… il tuo punto di vista in merito?
Sono diretto e senza filtri nella mia musica perché sono così nella vita. Non sono in grado di mentire, non posso essere altro che me stesso. Tutte le fasi della mia musica hanno rispecchiato le fasi della mia vita. È sempre stato così e sarà per sempre così. Io dico sempre che la mia musica non potrebbe che essere così e ho una regola con me stesso: quello che mi esce in fase creativa va rispettato e lasciato così com’è, perché arriva direttamente dall’inconscio e non va snaturato.

E ora vivi pubblicamente una trasformazione estetica e non solo… cos’è cambiato nella vita di Jesto per arrivare ad un disco così differente dai tuoi percorsi abituali?
È successo in maniera naturale, seguendo il flusso e l’ispirazione. Sentivo l’esigenza di fare un disco voce e chitarra già da un po’ di tempo. E’ arrivato adesso, forse anche perché dopo “Buongiorno Italia”, ho preso un feeling maggiore con la chitarra, il suo suono e le sue vibrazioni. La mia musica si evolve con me, e non può che essere così!

E in un disco smaccatamente d’autore come “IndieJesto”, la bellezza che nuovo peso ha?
C’è bellezza ovunque. Dal fatto che ho le musiche sono state suonate da Andrea Tarquini che suonava con mio padre, e quindi ho come ridato vita a un flusso iniziato da mio padre. C’è bellezza nel come ho fatto questo disco, di getto, quasi in freestyle, immerso in in ambientazione bucolica è lontana dalla città. Le canzoni hanno preso vita davanti a un camino, con solo una chitarra e la mia voce.

Un disco sociale, se mi concedi il lusso di questa descrizione. Anche in questo singolo di lancio “Felice” spari a zero contro il sistema omologato che viviamo. La felicità di non essere felici. Siamo in un’era di resilienza e di totale sconfitta?
Assolutamente si. E va sempre peggio. Il progresso tecnologico e non, va di pari passo con un’ involuzione spirituale. Io non sono una persona religiosa ma sono molto spirituale. Ritengo che la cura della propria anima dovrebbe essere la priorità maggiore, soprattutto in tempi come questi.

E dunque, un artista come te che parla alle persone, che vuole raggiungerle, dove trova il senso visto che ormai siamo immersi in una indefinita indifferenza?
Il senso delle opere è in esse. Ma diciamo che ho un modo di vedere il mio lavoro su questa terra molto più sulla lunga distanza. Penso che la mia discografia vivrà dopo di me, e farà cultura, anche per le future generazioni, così come la musica degli anni 70 è stata fondamentale per la mia formazione. Ti faccio un esempio, anche tra 50 anni se si sentirà “Svegliami Quando”, sapendo che è uscita nel 2018, si potrà facilmente capire che momento storico si stava attraversando, e che c’era qualcuno che diceva qualcosa nelle canzoni. E penso che la mia musica sia fuori dal tempo e sarà sempre attuale, perché cambiano le epoche ma l’uomo è sempre lo stesso.