Joker: Joaquin Phoenix villain DC Comics

Joker era il film più atteso della settantaseiesima Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia e non ha deluso le aspettative, con un Joaquin Phoenix che avrebbe meritato la Coppa Volpi, assegnata ingiustamente a Luca Marinelli.

Piuttosto anomala la vittoria del Leone d’oro per il regista Todd Phillips, che con il suo film sembra aprire una nuova strada al cinecomic, già timidamente tentata da Zack Snyder tramite Watchmen: costruire un prodotto tutt’altro che destinato ad pubblico teen, come è consuetudine della Marvel e anche dello stesso Dc Universe. Il risultato è assolutamente strabiliante e non abbiamo dubbi sul fatto che Joker genererà negli appassionati del cosplay una vera e propria mania, tanto che la maschera indossata nel film diventerà probabilmente come quella di V for Vendetta, un oggetto da usare durante le proteste.

Un lungometraggio che si discosta profondamente da tutti gli stili del cinecomic, quindi è inutile tirare in ballo Jack Nicholson o Heath Ledger, in quanto il Joker di Phoenix  è qualcosa di unico, sicuramente uno dei vertici della recitazione per il bravissimo attore e la dimostrazione che Todd Phillips non sia solo un regista di commedie di successo (sua è la trilogia Una notte da leoni).

La storia è ritagliata appositamente per l’attore, e lo stesso Phillips, in conferenza stampa, ha raccontato come la sceneggiatura subisse continue evoluzioni in base allo sviluppo della vicenda e ai suggerimenti di Phoenix. La scelta è stata quella di raccontare la genesi del personaggio con un taglio molto originale, che non esiste nei fumetti, anche se, probabilmente, a breve ne verrà pubblicata una versione identica al film.

Forse risiede proprio in questa scelta il colpo di genio del duo, che, anziché concepire un’opera su un personaggio dei fumetti, su uno dei più famosi antagonisti di Batman, decidono di raccontare una persona disturbata, affetta da una malattia che, a volte, gli provoca una risata irrefrenabile. Se non fossero mai esistiti il fumetto e il personaggio, il film non avrebbe avuto alcun problema a vivere di vita propria, perchè forse solo il nome Joker ci ricorda la sua natura disegnata.

Un elaborato ricco di violenza brutale, con un’atmosfera che ricorda molto Taxi driver e tante citazioni sparse qua e là. Vi sono riferimenti a Thomas Wayne e a suo figlio Bruce che ci portano all’origine di Batman; troviamo Robert De Niro, nel ruolo di un noto conduttore di late show, in una piccola ma efficace parte. Anche Zazie Beets nel ruolo della vicina di Arthur Fleck, il nome vero del Joker, fa il suo dovere.

Joker è un lento scivolare nella follia di un onesto lavoratore che sbarca il lunario mascherandosi da clown per fare eventi o pubblicità insieme ad altri colleghi, affetto da una grave malattia che cura la sua anziana madre (una straordinaria Frances Conroy), mentre cerca a modo suo il conforto degli altri e coltiva un amore impossibile.

Ma l’aspetto forse più difficile da descrivere in una fredda recensione fatta di sole parole é tutta l’atmosfera, la risata che risuona nell’oscurità, in un film che rischia davvero di confermare la Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia come crocevia degli Oscar e che, al tempo stesso, nella sua storia estremamente attuale ci porta dentro la solitudine di una persona che esplode in una violenza destinata a contagiare anche gli altri, fino ad una sommossa popolare.

Il Joker, a modo suo, rischia di andare oltre lo schermo cinematografico e questo, forse, è l’aspetto più inquietante e affascinante del lungometraggio.

 

 

Roberto Leofrigio