Josep racconta la vita di di Josep Bartolì, illustratore catalano che, dopo la guerra civile in Spagna, fuggì in Francia nel 1939 per evitare la dittatura di Franco.
Insieme ad altri repubblicani spagnoli rifugiati, fu vittima del trattamento poco generoso dei francesi, che li spedirono in campi di concentramento. Testimone di quel periodo tremendo è il francese Serge, guardia del campo che, molti anni dopo, racconta la storia del suo rapporto con Bartolì al giovane nipote Valentin, che ne resta affascinato.
E il termine affascinato si sposa davvero bene con questo film di animazione realizzato in modo sublime da Aurélien Froment (che si firma Aurel), vignettista d’oltralpe per molte testate. Con Josep si presta alla regia cinematografica per la prima volta, riuscendo in pieno a trasmettere la vita e l’arte di Bartolì.
Josep arriva curiosamente nei cinema italiani – per tre soli giorni dal 30 Agosto al 1 Settembre 2021 – in un momento particolare, in quanto, inevitabilmente, la storia al suo centro richiama le faccende relative ai rifugiati afgani di cui parlano i telegiornali. Un rifugiato, quello del lungometraggio, fornito di un potere espressivo grazie al disegno che riesce a toccare anche distanza di tanto tempo l’animo umano.
Josep ripercorre la vita di Bartoli, nato a Barcellona nel 1910 e morto nel 1995 a New York. Dopo essere sfuggito alla guerra e alle atrocità, l’uomo si ritrova in Messico insieme a Frida Kahlo e continua a raccontare attraverso la sua arte la propria tormenta vicenda.
Solo un film d’animazione poteva donare e trasmettere questa storia fatta di sofferenza e speranza, grazie al dialogo e ad immagini in movimento di bellezza straordinaria.
Perfetto nella realizzazione grazie ad uno staff di altissimo livello e accompagnato da una splendida colonna sonora a firma di Sílvia Pérez Cruz, Josep è decisamente da non perdere, e non sono davvero sufficienti le parole di una fredda recensione per rendere l’idea. Ulteriore prova della sua riuscita, poi, è l’applauso spontaneo scoppiato al termine dell’anteprima riservata alla stampa.
Roberto Leofrigio
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