Kufid: un film sulla pandemia (e non solo)

Diretto da Elia Moutamid, Kufid è un film nato da un progetto totalmente differente, in quanto a fine 2019 il regista era in procinto di tornare nella sua terra d’origine, il Marocco, con l’obiettivo di girare un documentario riguardante la rigenerazione del tessuto urbano, con tutti i relativi cambiamenti su una società.

Quel che è accaduto in seguito, però, è noto a tutti, in quanto l’emergenza dovuta alla diffusione del Coronavirus ha rappresentato un vero e proprio ostacolo in ogni settore lavorativo. Alla fine, quindi, ha preso forma Kufid.

E dalla sua casa di Brescia Elia ha cominciato a vivere il lockdown iniziale del nostro paese, con il dilatarsi del tempo che gli ha permesso di indagare sulle scelte attuali e, soprattutto, su quelle del futuro. Oltre al suo impatto.

In Kufid, di conseguenza, il regista s’improvvisa factotum, dirigendo, scrivendo e interpretando il tutto, oltre a fare da direttore della fotografia e ad occuparsi del sonoro.

Quello che viene fuori è perfino un film bilingue, arabo e italiano, che ci racconta il cambiamento culturale etnico della Lombardia con il sottofondo delle sirene delle ambulanze.

Moutamid si pone una serie di domande alla ricerca di  tanti linguaggi e formati, seguito dai tanti slogan che ci hanno ossessionati, da “Andrà tutto bene” a “Torneremo più forti”. Ma ciò che è poi in seguito emersa, in realtà, è stata soltanto una serie di domande che non trovano ancora risposte.

Kufid cerca di indagare su quel  senso di fratellanza nato dalla crisi, su un’integrazione difficile e su un serie di possibilità che la pandemia offre. Sebbene, chiaramente, colui che è dietro la macchina da presa sappia bene che, al termine di questo triste periodo storico, tutto tornerà come prima. O forse no.

In conclusione, un  documentario da vedere per comprendere tante cose e, al tempo stesso, intuire che non vi sono ancora risposte riguardanti il futuro.

 

 

Roberto Leofrigio