La casa delle bambole – Ghostland: l’inquietante e violenta discesa negli inferi della mente

Pauline (Mylène Farmer) è una premurosa madre cinquantenne alle prese con due diversissime figlie adolescenti in scontro perenne. La mora Beth (Emilia Jones), espansiva e allegra sognatrice amante della letteratura di H. P. Lovecraft, fantastica di diventare una scrittrice di successo. La bionda Vera (Taylor Hickson) preferisce restare chiusa nel suo universo introverso e scostante. Due ragazze dissimili, ma accomunate da un terribile destino condiviso. Quando una zia muore, madre e figlie si traferiscono nella casa ricevuta in eredità, una decrepita villa piena di bambole che rendono l’atmosfera cupa e angosciante. Tutto di quell’ambiente fa presagire la tragedia.

E bisogna aspettare solo la prima notte perché in La casa delle bambole – Ghostland quel “qualcosa di oscuro” che deve accadere, accada. Due folli entrano in casa e aggrediscono le donne. Pauline riesce a far fuori gli assalitori e a salvare se stessa e le figlie. Così, sedici anni dopo, Beth (ora Crystal Reed) è la scrittrice di successo che sognava di essere, con una marito e un figlio. Vera (ora Anastasia Phillips), meno fortunata, lotta ancora con i demoni che quella notte le ha lasciato in testa. Un giorno Beth riceve la telefonata della sorella disperata. Deve tornare nella vecchia casa delle bambole per aiutarla. Lì scoprirà che, forse, anche lei dall’incubo adolescenziale non si è ancora risvegliata.

Con una storia claustrofobica, inquietante, quasi intollerabile, il maestro dell’horror francese Pascal Laugier colpisce nel segno. L’inizio, le stanze soffocate dalle bambole, gli spaventi improvvisi allo scricchiolio della casa immergono nella sensazione affrettata di dover assistere, come titolo vorrebbe, a una storia di fantasmi. Ma La casa delle bambole – Ghostland non è nulla di tutto questo. È un racconto molto più sottile e tagliente del classico horror sovrannaturale. È un percorso che porta in un mondo insidioso e pieno di trappole, quello dei meccanismi della mente per sfuggire alla paura di una violenza che è tutta umana. Non c’è nulla di ultraterreno nell’orrore che Laugier mostra. Il male è intrinseco nell’essere umano, nei due rivoltanti maniaci che rapiscono, torturano e seviziano le ragazze.

Scena dopo scena, si capisce che qualcosa nella vita da adulte di Beth e Vera non torna. A poco a poco si svela il meccanismo, fine e spiazzante (e in parte debitore di Lynch), messo in atto da Laugier. Dove è la realtà? Dove è l’invenzione? Allora reale e surreale si sovrappongono, le certezze crollano, sogno e incubo si fondono e una Beth dal volto livido e gonfio esce dalla sua fantasia e, spinta dalle disperate urla della sorella, torna in quel mondo di orrore senza fine da cui non è mai riuscita a salvarsi. Questo sovrapporsi dei piani del racconto è la chiave di La casa delle bambole – Ghostland.

Un film che inganna, spiazza, gioca con i punti di vista. E che nemmeno nel finale dà la certezza che quello che stiamo vedendo sia l’epilogo vero della storia.

 

 

Valeria Gaetano