Era la domenica di Pasqua e mi trovavo a casa di amici quando uno dei presenti esordì gaudente annunciandomi che il film “Into the woods” del regista Rob Marshall era nelle sale da pochi giorni, quindi dovevamo andare subito a vederlo.
L’entusiasmo non poteva non pervadere la stanza perché le premesse e le aspettative erano non alte, di più e a ragion veduta. Il cast è stellare: Meryl Streep, Johnny Depp, Emily Blunt, James Corden, Anna Kendrick (l’amica invidiosa di Bella Swan in Twilight per capirci ndr) e persino la divertentissima Tracey Ullman.
Un nostro amico, però, ci avvisa con aria sospettosa che il film in questione è tratto dal musical di Stephen Sondheim; scoprire che il film fosse tratto da un musical, tuttavia, non mi spaventò minimamente, anzi!
Io amo i musical quindi questa notizia non poteva fare altro che galvanizzarmi ulteriormente.
Rob Marshall, oltretutto, aveva già diretto ben due musical del calibro di “Chicago” e “Nine”, quindi si pensava di andare a “colpo sicuro”.
E invece.
L’idea narrativa è anche carina: intrecciare tra loro quattro favole classiche come “Cappuccetto Rosso”, “Rapunzel”, “Cenerentola” e “Jack il fagiolo magico”. Un fornaio e sua moglie (James Corden ed Emily Blunt) non possono avere figli per colpa di una maledizione gettata da un’orrenda strega (Meryl Streep), che ha perso la sua bellezza a causa di un furto commesso dal padre del fornaio; da qui l’accordo: se il fornaio troverà alcuni oggetti magici necessari per compiere un incantesimo, la strega toglierà la maledizione dal grembo della moglie del fornaio. Inizia quindi l’avventura nel bosco per trovare gli oggetti magici, la premessa è veramente fantastica.
E invece.
E invece va tutto storto. Le canzoni non sono belle, non c’è una musica che sia coinvolgente a parte un leitmotiv persistente che ripete “Into the woods” fino alla nausea e vi resterà in testa per i secoli a venire dopo averlo visto anche solo una volta nella vita, magari sonnecchiando anche nel mentre. Non parlo a vanvera: la mia amica si è addormentata miseramente a metà film, ma al suo risveglio ricordava ugualmente il motivetto di ogni strofa, che terminava sempre con un rigoroso “into the woods”, come se il titolo del film non fosse abbastanza chiaro. Peccato, la musica è un po’ il fattore dominante nei musical e ci sono tantissimi musical che non vantano una gran trama, ma devono il loro successo alla colonna sonora, basti pensare Grease. Poteva esser così anche per “Into the wood”, visto il talento del cast.
E invece.
Invece il cast è soffocato in questo continuo canticchiare quasi inespressivo, salvo virtuosismi vocali lasciati, musicalmente parlando, al caso. Anche il livello recitativo viene in qualche modo limitato da questo continuo canticchiare fastidioso. Chi si aspettava poi grandi performance da Johnny Depp nei panni del lupo si aspetti a rimanere deluso: canta una canzone, non troppo coinvolgente, e la sua presenza nel film non supera i 10 minuti. Tanto rumore per nulla, in pratica. Eccelsa, forse unica, Meryl Streep, vera strega in grado di far uscire il suo talento anche in questo film che non ha né capo né coda.
Ingiustificabili i principi, tutt’altro che virili e piuttosto vanesi. Sembra che la Disney cerchi di scusarsi col pubblico femminile per averlo fatto crescere con l’idea di poter trovare un uomo bello, virile e allo stesso gentile… qualcuno può avvisare che è troppo tardi e che l’idea di far crescere ora una generazione cinica e disillusa è forse peggiore di quella di farla crescere ingenua e piena di aspettative?
Detto questo, il film poteva risolversi dopo un’ora e tutto sommato sarebbe stato ancora sensato: la strega riprendeva le sue belle sembianze, le principesse si univano in matrimonio ai loro principi, Jack non era più povero, Cappuccetto Rosso era sana e salva e il fornaio e sua moglie avevano avuto finalmente un figlio.
Poteva essere tutto perfetto, felice e sensato.
E INVECE.
Invece il caos prende il sopravvento nella foresta, rimescolando le carte e i valori di tutti i personaggi, in un susseguirsi di azioni poco logiche né ben motivate, tanto per arrivare a un conclusione dalla morale un po’ traballante.
Non so se il film sia stato fedele al 100% al musical da cui è tratto, non so se, uscendo da teatro, la gente abbia avuto la stessa sensazione di aver buttato via i soldi come abbiamo avuto noi a Pasqua.
Ricordo solo che ad un certo punto, durante la proiezione, avevo due amici ai lati ed erano entrambi col cellulare in mano a controllare Facebook, tanto il film li coinvolgeva. Il giorno dopo due di loro hanno chiesto di andare a vedere “Fast and Furious 7” per recuperare la loro virilità perduta e per vedere forse, finalmente, un bel film.
Sara Vivian
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