LE FOTOINTERVISTE DI GIORGIO BETTIN: CHIARA CERZA

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Sono Chiara, ho 24 anni, e amo da sempre il mondo dell’arte: fin da piccola sono stata abituata a portarne un po’ nella mia vita. Per 17 anni ho studiato danza classica e contemporanea, sperimentando anche altri generi, per poi scegliere di approfondire esclusivamente la tecnica Graham. Nel mio quotidiano impartisco lezioni private di inglese a bambini e ragazzi, e studio lingue e letterature moderne nella speranza di diventare un giorno traduttrice nell’ambito letterario e cinematografico. Quando mi svesto degli abiti di “studentessa qualsiasi”, porto avanti la passione per il cinema, studiandolo a fondo e scrivendo articoli di critica, e cercando sempre nuove ispirazioni nell’ambito letterario, musicale e fotografico. In questo senso cerco di essere attiva tutti i giorni.

Cosa ti ha portato alla professione di fotomodella ?

Principalmente la curiosità, che è il mio primo impulso verso qualcosa di nuovo. Ora la curiosità si è sviluppata in un senso di responsabilità verso me stessa: se all’inizio avevo colto la situazione come un gioco, ora è una costante messa alla prova.

Come è stata la tua prima volta davanti all’obiettivo fotografico ?

So che mi contraddirò, ma è stata dolorosa. Ero partita col pensiero di divertirmi, e in effetti sul set l’ho fatto. Ma quando ho rivisto le foto, ho capito che non ero lì esclusivamente per essere il soggetto dell’immagine, ma per esprimere un momento particolarmente critico della mia vita.

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Cosa ti spinge a posare ?

Collegandomi alla domanda precedente, la fotografia è diventata da subito la mia forma d’espressione, in completa sinergia con chi lavoro. C’è chi scrive, chi canta, chi suona, chi recita. Io ho deciso di mettermi davanti all’obiettivo e raccontare qualcosa della mia vita, della mia personalità, del mio passato, o di quello di qualcun altro. Posare per me equivale a parlare, laddove le parole a volte sembrano non avere senso o non essere mai abbastanza.

Il mondo della fotografia è come lo immaginavi prima di farne parte?

Sì, è esattamente come lo immaginavo, e cerco nelle difficoltà e nell’impegno che richiede di districarmi tra chi lo usa per secondi fini, e chi veramente prova amore verso di esso e ne trae qualcosa di veramente costruttivo.

In Italia, purtroppo, esistono molti pregiudizi nei confronti del tuo lavoro, come li affronti ?

I pregiudizi, e soprattutto i giudizi, sono tanti e spesso banali. Di norma una ragazza che posa, specie se poco vestita o nuda, viene considerata poco seria e poco intelligente, e questo dipende perlopiù dalla superficialità con la quale si guardano le foto. Non tutti sanno quanto sia complicato, e quanto possa richiedere del proprio vissuto essere protagonista di una foto artistica, anche nel caso del nudo. Anzi, proprio in quest’ultimo si mette in gioco tutto del proprio mondo interiore, che sia più sensuale o più intimo e malinconico. In generale, so che può sembrare ridondante ammetterlo, ma non mi interessano i pregiudizi riguardanti la sfera della moralità, che il più delle volte emergono da una forma di ignoranza e ipocrisia. Sono invece molto aperta a critiche tecniche che siano costruttive, il mio interesse si rivolge principalmente ad esse.

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Cosa fai per mantenerti in forma?

Anche qui, sembrerà banale ma tento di seguire uno stile di vita che sia il più sano possibile, facendo esercizio tutti i giorni e mangiando in maniera equilibrata, con l’obiettivo primario di curare il mio benessere generale, non di avere una determinata forma fisica. Ho lottato tanto per accettarmi come sono, e ora che ho fatto pace col mio corpo lo curo come se fosse un tempio, rendendolo specchio di ciò che ho dentro.

Cosa hanno apprezzato maggiormente di te i fotografi con cui hai lavorato ?

L’inventiva, il coinvolgimento totale nel progetto, l’interesse verso gli aspetti tecnici della fotografia, la voglia di imparare e sperimentare.

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Cosa ti emoziona?

La bellezza in senso ampio, non puramente estetico. Per me, come per John Keats, verità e bellezza coincidono, e questo mi riempie sempre di grande commozione.

Cosa ti piace di piú in una donna ? E in un uomo ?

Non amo distinguere donne e uomini, mi piace piuttosto il fatto che entrambi abbiano caratteristiche che “stereopiticamente” appartengono all’altro, e che riescano a farle fluire naturalmente. La cosa più bella delle persone è vederle in armonia con se stesse, ma anche impegnate in una lotta interiore. La complessità è affascinante, ed è ciò che ricerco sempre in chi mi sta intorno.

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Su quali elementi ti basi per valutare una proposta lavorativa ?

Valuto la serietà e la competenza di chi si fa avanti, le sue idee. E, soprattutto, osservo con attenzione come lavora. La chiave di tutto sta lì.

Cosa ti aspetti dal futuro ?

Niente di netto o predefinito, ma ho degli obiettivi ambiziosi che abbracciano le mie passioni e sfrutterò tutto il mio potenziale per perseguirli.

Giorgio Bettin