LE INTERVISTE DI MONDOSPETTACOLO: LORISDALI’

Una bella intervista al cantautore LorisDalì, di cui è stato pubblicato recentemente il nuovo album “Scimpanzé”. Il progetto artistico, Torino, l’Italia, fare musica al giorno d’oggi, il lavoro, la morte, la sincerità ed il futuro sono solo alcuni degli argomenti affrontati in compagnia di una delle voci più interessanti del panorama underground nazionale.

Parlaci di Scimpanzé, il tuo nuovo album in studio: da cosa sei partito per la sua genesi?

Tre anni fa ci siamo riuniti per una cena e per parlare del nostro futuro. Ho lanciato l’idea di lavorare ad un nuovo disco che avesse le potenzialità per trasformare ciò che è sempre stato un hobby in un vero e proprio lavoro. Quindi siamo usciti un po’ da ciò che avevamo sempre fatto, cioè del classico rock italiano, per avventurarci in  una dimensione più ricercata, sia nei testi che nella musica. Volevo raccontare delle storie ed arrangiarle uscendo dalla modalità batteria, basso, chitarra e voce. Un altro aspetto importante è stato il fatto di colorare con ironia e sarcasmo i testi, perché volevo che le canzoni facessero riflettere su temi importanti, ma sempre con un sorriso. Dal mix di tutto ciò è nato “Scimpanzé”.

Perché la scelta del brano “Manager” per presentare al pubblico il tuo nuovo album?

Perché credo sia il pezzo più rappresentativo per due motivi. Dal punto di vista musicale, perché in poco più di tre minuti troviamo un assolo alla Pulp Fiction, un coro di bambini, un tenore lirico e la telefonata dell’Equitalia che ricevo al termine del brano. Inoltre è uno dei testi che mi rappresenta di più.

Voglio conquistare tutte le osterie d’Italia!!” Pura voglia di emozioni vere o della serie: e chi se ne frega dei music club….??

Guarda, l’ho detto appunto perché nell’ottica di avere un pubblico trasversale, non vedo perché disdegnare davvero le osterie, cosi come i circoli e tutte quelle realtà che in Italia rappresentano ancora un ambiente di vera e sana umanità così come era decenni fa. Con questo ben vengano i music club, i locali, i festival e qualunque occasione buona per far ascoltare la mia musica. Si potrebbe pensare che, per esempio, esibirsi in un locale dove ci sono solo 30 persone magari di una certa età non si addica a chi fa questo genere di musica. Invece a dire la verità credo sia molto più difficile catturare l’attenzione e l’apprezzamento di poca gente piuttosto che di folle oceaniche. Ho fatto dei concerti davvero davanti a 5 persone, ma se poi quelle 5 persone si sono divertite, mi vengono a parlare ed a farmi i complimenti a fine concerto io ho raggiunto il mio obiettivo. Ci sono band che disdegnano alcuni locali o alcune situazioni. Ognuno è libero di fare la sua scelta. Io sono quello che ogni volta che si va a cena al ristorante tra amici, arrivo al caffè che sto già suonando da un ora e vado avanti per ore. Mi piace suonare e cantare e lo faccio.

Nelle osterie come nelle canzoni, c’e’ tanta vita vera, fatti concreti; potremmo definirti “un sognatore che riflette”?

 “Un sognatore che riflette” è una definizione che mi piace, grazie. Sono indubbiamente un sognatore perché altrimenti nella mia situazione ed alla mia età forse sarei andato in un agenzia di lavoro interinale piuttosto che alla ricerca di una produzione per il mio disco. Riflessivo anche, perché non mi posso permettere di sbagliare, quindi pianifico il progetto e lo seguo con molta attenzione e concretezza. A dire la verità credo di essere fortunato ad essere a questo punto a 40 anni. Innanzitutto a 20 anni non sarei stato in grado di scrivere queste canzoni perché, come dicevi tu, sono davvero vita vera messa in musica. Poi a 20 anni si è tutt’altro che maturi ed avrei rischiato di bruciarmi molto in fretta.

Sia benedetto chi il vino inventò”. Sei un po’ nostalgico e  a volte meno: “Guardiamo la nazionale e l’Italia muore”. Doppia anima insomma.

Innegabilmente nei testi c’è nostalgia, temi amari e tristi verità. Però, oltre all’ironia, c’è anche critica e ribrezzo verso alcuni aspetti della nostra realtà quotidiana che sono difficili da nascondere. Siamo un popolo strano. Abbiamo delle qualità intrinseche che ci invidiano ovunque, ma al contempo siamo fermi ed immobili mentre il nostro Paese lentamente muore. E così sono anche io, nostalgico ed incazzato.

Un disco e un concerto fondamentale per la nascita e lo sviluppo di “Scimpanzé”? Non ti chiedo un film perché immagino la risposta….

Per quanto riguarda il disco direi “Poveri Cristi” di Brunori. Per il concerto citerei tutta l’attività live di Gaber. Dal punto di vista cinematografico in una recensione il nostro disco viene accomunato alla commedia italiana degli anni 60 e trovo che sia un paragone azzeccato.

Oggi stiamo intervistando un quasi quarantenne solare e padre di famiglia. Come convivi ogni giorno con questa duplice dimensione artista/papà?

I miei figli sono cresciuti a Beatles e Pink Floyd. Suonano e cantano ed entrambi hanno partecipato alla registrazione del disco. Mia figlia Morgana ha cantano nel coro di “Manager”, mio figlio Jacopo ha suonato il flauto in “C’era Una Volta” ed entrambi hanno cantato nell’ultimo brano del disco “Scimpanzé”. Loro sono i miei primi fans. Credono nel mio progetto. Ogni tanto trovo per casa o nelle tasche dei bigliettini di mia figlia con scritto:”W Scimpanzé”, “Credo in te” e cose del genere. Quindi ho i miei motivatori personali per andare avanti con tutte le mie forze in questo nuovo progetto.

Che idea ti sei fatto della scena indipendente nazionale sviluppatasi negli ultimi anni? C’è qualche artista che apprezzi in particolare?

Credo che la musica italiana sia rappresentata per eccellenza proprio dagli artisti indipendenti o di nicchia, come si suol dire. Purtroppo per molti la musica italiana sono i Modà, Laura Pausini, Vasco Rossi o Ligabue. Certo, Vasco e Ligabue hanno un passato straordinario ma da decenni non dicono molto di nuovo. Invece se penso ad artisti come Brunori, Mannarino, Verdena, Tre Allegri Ragazzi Morti, Afterhours, Fabi, Silvestri, Gazzè e tanti altri direi che sono proprio queste realtà che dovrebbero essere l’eccellenza della nostra musica. Oppure è forse nell’essere indipendenti che si trova la giusta realtà per esprimersi in una maniera diversa e meno adattata alle logiche del mercato.

Quando ti sei esibito a Bologna pochi mesi fa, sappiamo che sei andato a gustarti una bella passeggiata a Piazza Grande e la sera hai suonato il brano di Lucio Dalla. Perché si ha la sensazione che di certi artisti cosi autentici vi sia sempre meno traccia?? Sei ottimista o no per quanto riguarda il futuro della musica italiana?

Si, quando sono venuto a Bologna sono arrivato in anticipo con il treno e mi sono incamminato verso il luogo in cui dovevo tenere il concerto. Sei chilometri di passeggiata in una bella città con una splendida giornata. Come non fare un salto anche in Piazza Grande? Poi ho pensato di suonare appunto quella canzone come omaggio all’artista Dalla. Per altro la canzone parla di un clochard esattamente come il mio “Principe di Piazza Castello”. Altra città, altra piazza, stessa storia. Questa è una cosa che voglio mantenere. Suonerò un brano di un artista che mi piace in ogni concerto in giro per l’Italia, per rendere omaggio ai tanti grandi che da ogni regione hanno creato tutta questa splendida musica.

Quindi qual è quel particolare input che ti fa prendere chitarra, carta e penna (o ipad,  monitor e mouse, dipende..) spronandoti a comporre un nuovo brano?

Quasi sempre arriva prima la melodia. Ne registro a centinaia. Poi, quando vengo catturato da una di queste in particolare, vivo giornate alla ricerca della storia di cui parlare. Del racconto che più si può abbinare a quella musica. Inizialmente me le canto in un inglese inventato oppure cantilenando numeri. Poi arriva la prima frase e da li parto per raccontare una storia. Posso citarti per esempio la genesi de “Il Principe di Piazza Castello”. Questa melodia mi girava in testa da settimane. Un giorno sono uscito per una lunga passeggiata quando ad un certo punto ha iniziato a piovere, il classico forte temporale estivo. Mi sono riparato sotto ad un portone e mi è venuta in mente la prima frase che si abbinava perfettamente alla musica: “Mi rifugio sotto ad un portone mentre il temporale si scatena contro la città”. Quindi ho pensato a chi potesse dire una frase del genere e mi sono ricordato di un clochard che avevo conosciuto anni prima ed ecco che ho capito che questa melodia era perfetta per un personaggio del genere. Così è nata questa canzone.

Lo hai appena citato: “Il Principe di Piazza Castello”. Sei un autore che spesso s’incazza?!

Guarda, devo dire che sono molto mansueto. Difficilmente mi arrabbio. Però, come tutti i buoni, quelle poche volte che succede sono davvero da temere.

Torino. Piemonte. Parlaci un pò della situazione (artisti, locali, ritrovi) dei tuoi posti e delle tue origini.

Parlando di Torino credo che dopo le olimpiadi invernali sia diventata una città bellissima. Nel centro si respira un’aria direi europea. Anche dal punto di vista musicale ci sono belle realtà, sia come band che come locali. La mia zona, il Canavese, a nord del capoluogo, sta subendo una grave difficoltà economica, conseguenza della crisi dell’industria automobilistica di Torino. Però dal punto di vista musicale ci sono davvero tante band validissime, citerei tra gli altri gli amici dell’Inferno di Orfeo oppure Maltese. Inoltre negli ultimi anni siamo riusciti a superare quell’ego naturale di ogni musicista ed abbiamo iniziato a collaborare in diversi progetti. Abbiamo stretto una bella relazione tra musicisti che porta continuamente alla creazione di band, live una tantum, canzoni, collaborazioni.

Vuoi elencarci cinque brani di cui non puoi fare a meno? Tra questi, qual è il tuo preferito e perché?

Non riesco davvero a trovare un brano preferito in assoluto, quindi ne cito cinque e per ognuno do una motivazione. Jeff Buckley, tutto l’album “Grace”, perché… chi lo ha già ascoltato lo sa. Chi non lo ha ancora fatto dovrebbe ascoltarlo per saperlo. “Happiness Is A Warm Gun” dei Beatles, perché in tre minuti ci sono almeno 4 diverse interpretazioni diverse dello stesso tema. “Il Giovane Mario” di Brunori, perché il testo e la melodia non hanno nulla da invidiare ai grandi cantautori del passato. “Jigsaw Falling Into Place” dei Radiohead, perché il ritmo incalzante del pezzo è davvero irresistibile. “Non è L’amore Che Va Via” di Capossela, perché la melodia struggente abbinata al testo malinconico crea un’atmosfera di una poesia unica. Soddisfatti?

Dove possiamo rimanere aggiornati sulle novità di Loris Dalì sul web?

Potete digitare lorisdali su Twitter, My Space, YouTube. ReverbNation. Però la pagina più aggiornata direi che è quella di Facebook. Lì trovate sicuramente tutte le news, i concerti, i video, le immagini e ogni cosa che abbia a che fare con LorisDalì e con “Scimpanzè”.

https://soundcloud.com/i-dal/sets/scimpanz

Frank Lavorino