Le nostre battaglie: il lavoro e la famiglia nell’opera seconda di Guillaume Senez

Se già nel 2015 si aveva avuto modo di apprezzare un lungometraggio come Keeping, ecco approdare sul grande schermo – dopo essere passato al Festival di Cannes 2018, sezione Quinzaine des Réalisateurs – Le nostre battaglie, opera seconda del cineasta francese Guillaume Senez.

Un Senez che, ricordando per molti versi i Dardenne dei tempi d’oro, mette in scena una piccola, delicata storia quotidiana, trattando in modo del tutto soggettivo e mai banale o scontato le non sempre facili e spesso abusate tematiche della famiglia e del lavoro.

La storia è quella di Olivier (Romain Duris), sposato e con due figli, il quale lavora nelle ore notturne in una fabbrica di scarpe e che, inaspettatamente, viene abbandonato dalla moglie (Lucie Debay). Non sarà facile riorganizzare la propria vita, in modo da conciliare anche i numerosi impegni lavorativi con l’educazione dei figli, permettendo ad essi, inoltre, di superare il trauma dell’abbandono.

Una storia come tante, questa di Olivier. Più che altro, una storia che più e più volte è stata portata sullo schermo, sia in Francia che altrove (senza dimenticare l’Italia), e che, proprio per i temi trattati, è ad elevatissimo rischio di retorica. Senez, dal canto suo, riesce a evitare tutto ciò, mantenendo costantemente un profilo (apparentemente) basso e puntando principalmente sull’emotività dei personaggi e sui loro personalissimi punti di vista.

E dà quindi vita a figure a tutto tondo, ben scritte e ben caratterizzate, su cui spicca proprio il personaggio di Olivier, grazie anche a un ottimo Romain Duris. Stesso discorso vale per il mondo dei bambini, di cui ci colpisce non solo l’evidente trauma vissuto, ma anche il bel rapporto tra i due fratellini.

Se a tutto ciò, poi, aggiungiamo una periferia grigia, tetra, angusta e dai colori freddi che pervadono anche gli interni delle abitazioni, ecco perfettamente rappresentata la condizione del lavoratore odierno, sfruttato e senza il riconoscimento di alcun diritto, al quale restano solo gli affetti senza cui non può più dirsi vivo.

Un lavoro piccolo e prezioso, dunque, Le nostre battaglie. Un lungometraggio che non aspira a “fare la differenza” a tutti i costi, ma che, nel suo piccolo, riesce a colpire nel segno grazie anche a non pochi, toccanti momenti, come la sequenza in cui vediamo Olivier intento a dipingere insieme ai figli un tenero messaggio sul muro destinato alla moglie, ormai lontana.

 

 

Marina Pavido